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Chi è Cristian Brocchi, il nuovo tecnico del Milan voluto da Berlusconi

Il dopo Mihajlovic inizia da Brocchi che potrebbe essere più di un semplice traghettatore. Scelto personalmente dal presidente Berlusconi, incarna il motto ‘il Milan ai milanisti’, schiera la squadra come piace al patron, utilizza tantissimi giovani italiani e soprattutto è un anti interista convinto: “Il mio anno in nerazzurro? Da vergogna: mi infortunai, mi lasciarono solo, mi dissero che non avrei più giocato a calcio…”
A cura di Alessio Pediglieri
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Cristian Brocchi al Milan, in prima squadra (mercoledì alle 14 la presentazione a Milanello). L'ultima cena (tra Berlusconi, Galliani e l'ex centrocampista cresciuto nelle giovanili rossonere) è stata decisiva per decidere le sorti del tecnico serbo: Sinisa Mihajlovic non sarà più l'allenatore della prima squadra, complice la sconfitta nel derby d'Italia con la Juventus e quindi dopo nemmeno una stagione, verrà dimissionato senza potersi giocare almeno un trofeo, la Coppa Italia del 21 maggio. Una decisione che era nell'aria da settimane e che adesso attende l'ufficializzazione del classico comunicato di congedo. Brocchi potrebbe non essere un semplice ‘traghettatore', per lui il progetto è di quelli ambiziosi: portare in porto l'anno nel migliore dei modi, provare a conquistare il trofeo nazionale ma soprattutto riportare in prima squadra il gioco e le scelte tattiche espresse nella Primavera.

Proprio il settore giovanile è il fiore all'occhiello dell'ex centrocampista di Lazio, Milan e Nazionale, che ha appeso gli scarpini nel 2013 e subito si è cimentato con i ragazzi del vivaio milanista sotto la supervisione di Giovanni Galli che ha varato un progetto ambizioso: far giocare tutti i settori nella stessa maniera, coltivando schemi e scelte tattiche condivisi, sul modello del Barcellona dove dai Pulcini alla prima squadra tutte le squadre applicano la stessa modalità in campo.

Progetto ‘Barça': assetto tattico uguale per tutte le squadre

I risultati ci sono, il Milan Primavera esprime il calcio che piace e diverte il presidente Berlusconi – che ha voluto Brocchi personalmente per il dopo Mihajlovic – anche se qualcosa da migliorare ci sarà. Intanto, i ragazzi rossoneri segnano più di tutti, Brocchi è partito con un iniziale 4-3-3 per poi varare con il modulo trequartista e due punte, tanto caro al patron e nel girone di ritorno si sta giocando il primo posto nel Girone B con l'Inter. Da rivedere c'è la difesa – che prende troppi gol – ma la determinazione di non cambiare mai assetto e mentalità per radicarla in quei ragazzini che un domani potrebbero fare le fortune della prima squadra, ha ammaliato il numero 1 rossonero.

Più potere ai giovani italiani

Un secondo aspetto importante è che nella Primavera di Brocchi giocano moltissimi ragazzi italiani: una controtendenza evidente di fronte all'oramai sempre più crescente invasione straniera anche nei settori giovanili. E quest'aspetto non è sfuggito a Berlusconi che desidera rivedere un Milan con una ossatura originaria dove innestare eventuali stelle estere. Del buonissimo materiale c'è, come ad esempio De Santis, Locatelli, Felicioli, Plizzari e Calabria. Ma soprattutto Donnarumma: il portiere non ancora maggiorenne è vero che è stato inserito stabilmente in prima squadra da Mihajlovic ma è pur vero che è stato Brocchi a puntare per primo su di lui affidandogli la porta della Primavera con due anni d'anticipo rispetto alla carta d'identità.

Un anti interista in panchina

Brocchi infine, rappresenta e incarna il motto "il Milan ai milanisti". E' cresciuto proprio nelle giovanili rossonere per poi andare in giro per l'Italia. Ritornato in casa madre a 25 anni, sotto la gestione Terim segnò al debutto in prima squadra in un rocambolesco 2-2 di rimonta contro il Brescia nel 2001. Ma soprattutto, quando ripensa alla sua unica stagione con la maglia dei cugini interisti, anno 2000, Brocchi non ha dubbi: "Il più brutto periodo della mia vita, la peggiore stagione in assoluto. Mi feci male, fui costretto a due operazioni, mi lasciarono solo in un momento delicato. E mi dissero che non avrei potuto più giocare a calcio".

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