Sarri vs Guardiola, sedetevi e guardate come si gioca al calcio (quello bello)
La gestione del possesso e la ricerca della verticalità. L'entropia finalizzata e la semplicità coordinata. Il disordine organizzato e la ripetizione creativa. Guardiola e Sarri, filosofi opposti, per stile e per eleganza di modi, di un calcio post-moderno che si incontrano e si toccano nel più affascinante dei confronti disegnati dal sorteggio di Champions. Due interpreti dei dogmi dell'attacco e della difesa con visioni complementari.
E pensare che otto anni fa quando Pep Guardiola passò dal Barça B alla prima squadra le cose erano completamente diverse e Sarri nemmeno immaginava cosa sarebbe accaduto. Anno 2008/2009 l'attuale tecnico del Napoli è sulla panchina del Perugia. Guardiola alzerà la Champions e porterà in dote nella bacheca dei trofei blaugra anche la Liga e la Coppa di Spagna. Sarri verrà esonerato a febbraio dagli umbri. Otto anni fa, sembra ieri. Il tempo e le cose cambiano in fretta.
Guardiola: un calcio senza ali
Da quando è arrivato a Manchester, Guardiola ha chiesto alla società investimenti per quasi 400 milioni di sterline, 220 spesi solo quest'anno e più della metà per due difensori. Non è un caso. Il suo City, che nelle prime uscite stagionali ha mantenuto il 68% di possesso palla, il dato più alto nei primi cinque campionati europei, continua lo spirito dell'Ajax del calcio totale, “la squadra più difensiva che io abbia mai visto” come disse Matt Busby dopo aver incassato una sconfitta memorabile dal calcio del futuro in Coppa dei Campioni. La più difensiva, sì, perché il controllo del pallone diventa arma di protezione: finché lo gestiamo noi, gli avversari non possono segnare.
Occupare lo spazio
Icona dell'orgoglio di un territorio che vive l'appartenenza come desiderio, volontà e rappresentazione, Guardiola eredita dal meglio della generazione olandese degli Anni Settanta la centralità dell'occupazione dello spazio. Perché, nella logica del juego de posicion, del calcio posizionale, ognuno contribuisca a creare uno scenario in cui valga la pena, per il singolo, di trovare un posto. E solo dal movimento organicistico collettivo nasce la visione futurista della bellezza come progresso.
Sarri: con le ali si vola
È un calcio che fa a meno delle ali, e tratteggia così la più radicale delle differenze con la visione di Sarri. Il Napoli, la squadra che ha tirato di più in Serie A l'anno scorso (553 conclusioni) non potrebbe esistere senza Insigne e Callejon. Lorenzo il Magnifico ha chiuso la stagione con 18 gol, cioè più di quanti ne avesse segnati nei precedenti tre campionati messi insieme, e 9 assist; Callejón ha segnato 14 volte e ha servito 12 passaggi decisivi.
L'evoluzione di Mertens, i tagli di Hamsik
L'evoluzione di Mertens nel miglior attaccante di movimento d'Italia e forse d'Europa, e la coordinazione offensiva necessaria a liberare gli inserimenti di Hamsik da dietro, costruiscono i principi di un calcio di applicazioni scientifico e artigianale rigore, in cui la verticalità si manifesta come condizione necessaria per lo sviluppo dell'ampiezza.
Il gol ideale di Guardiola, un calcio collettivista
Il gol ideale, il gol perfetto della squadra perfetta che Guardiola sogna di costruire, diventa il manifesto del suo calcio spenceriano, che è insieme conoscenza organizzata e bello stile che dipende dalla coesione degli elementi, dalla naturale predisposizione, dalla pratica. “Il suo gol ideale” raccontava al New York Times Juan Manuel Lillo, che l'ha allenato per cinque mesi nell'ultima esperienza da calciatore, in Messico, passaggio chiave per la germinazione dei principi della sua visione di allenatore, “coinvolge tutti i giocatori in campo. E tutti, dal portiere all'attaccante, toccano la palla una volta sola”.
Calcio e identità
Guardiola riunisce gli effetti di una storia che ha da sempre trovato nel calcio la forma più alta di espressione dell'identità. È un figlio, e insieme un vessillo, della lotta per l'indipendenza, di quelle battaglie raccontate dal di dentro nell'orwelliano Omaggio alla Catalogna. Lotte condotte dalle milizie che si organizzavano secondo sistemi democratici, non gerarchici. “Era sottinteso che gli ordini dovessero essere eseguiti, ma anche che dovessero essere impartiti da compagno a compagno e non da superiore a inferiore”. Un tipo di comunicazione costante che tutti i suoi giocatori riconoscono al Pep.
Il suo calcio è una guerra danzata
Per avvicinarsi al suo imperativo categorico, ha cambiato i suoi principi e le sue squadre. Ha abbandonato l'anno scorso l'applicazione radicale dei terzini invertiti, chiamati a occupare le posizioni di centrocampo in fase di possesso. L'ha ripresa all'inizio di quest'anno dopo l'arrivo di Walker e Mendy, che corrispondono meglio al profilo richiesto per interpretare il ruolo tanto da spingerlo a riproporre la difesa a tre dell'ultimo periodo al Barcellona.
Il calcio a onde del Sarri figlio del mare
Sarri, al contrario, è un figlio del mare, che grandi mari ha attraversato. E il suo è un calcio di onde, che sempre uguali e sempre diverse si rifrangono sulle difese avversarie e come raggi di luce si disperdono in un prisma di colori e possibilità. “Di fronte al mare”scriveva jean-Claude Izzo, “la felicità è un'idea semplice”. È un calcio che ad alto ritmo è sintesi di scintillante bellezza, di pensiero veloce, volontà di precisione. Un calcio come limite e come libertà, un amico dalle mille facce, che non ti fa mai bagnare due volte nelle stesse acque.
La forza e la fiducia nel metodo
Un effetto a cui si arriva con la forza e la fiducia nel metodo, con la ricerca dei dettagli e una convizione radicale nella strada percorsa, nella visione d'insieme più che nella rigidità dei numeri. La ripetizione diventa valore, favorisce l'interiorizzazione di movimenti semplici, e moltiplica la possibilità di eseguirli a memoria, senza doverci pensare. Così si riducono i tempi di gioco e si potenzia l'effetto.
L'entropia organizzata di Guardiola
L'entropia organizzata di Guardiola richiede tre punti fissi. Un'organizzazione totalizzante, che coinvolge Guardiola in ogni dettaglio, in campo e fuori. La presenza di un giocatore architrave: Busquets al Barça, Lahm reinventato mediano per la superiore intelligenza tattica al Bayern, Touré o Fernandinho al City. Giocatori, spiegava in Pep Confidential Marti Perarnau, “con una pausa”, che sappiano cioè tenere il pallone quel mezzo secondo in più per portare l'avversario in una posizione sbagliata e liberare un'inattesa linea di passaggio.
È un calcio che sa essere suadente per chi lo applica e insieme soffocante per chi lo subisce, che richiede organizzazione difensiva perché la squadra si muova come un tutt'uno coeso, che fonde pensiero laterale e sviluppo verticale fino agli ultimi venti metri. Lì è talento, quando l'obiettivo primario, la porta, si palesa a distanza di calcio, a misura di offesa, ai giocatori non resta che affidarsi all'improvvisazione.
Napoli, dove l'energia diventa bellezza
Sarri conserva l'energia che crea ma non distrugge. A Napoli ha derogato al 4-3-1-2 dell'oro di Empoli, ha messo gli attori al centro di una rappresentazione via via sempre più perfetta, fusione di bello e di utile. “Stiamo prestando un servizio alla nazione” diceva Santiago Bernabeu all'epoca della sua presidenza del Real Madrid, in epoca franchista. “Quello che vogliamo è far contenta la gente”. L'ultima boutade facebookiana, la petizione per trasmettere le partite del Napoli su Sky Arte, nello scherzo contiene una grande verità e dietro la prima risata difende quello stesso principio di bellezza che la squadra di Sarri veicola.
L'unità nella molteplicità: il segreto è nel ribaltare il gioco
Principi, come quelli di Guardiola, che passano per una comunicazione costante. Quella del catalano è l'immagine coerente di un uomo, di un tecnico che si concede innocenti evasioni dal pensiero del calcio, scrive chi lo conosce bene, per non più di 32 minuti di fila. Poi magari fa finta di ascoltarti, ma fissa il soffitto e sta già pensando ai movimenti del terzino avversario.
Non è un calcio romantico, e guai a parlargli di tiki-taka. Ogni passaggio è finalizzato, ogni sessione di allenamento, col torello nella versione più avanzata al centro di tutto, mira alla costruzione di un'idea, di una visione, di una squadra che occupa i semi-spazi, i corridoi centrali, che scompagina gli equilibri con gli assetti asimmetrici e la concentrazione della densità su un lato del campo per esaltare i ribaltamenti sul versante opposto.
È forse questo il principale punto in comune nelle due rappresentazioni della modernità. In questo, l'intarsio ripetuto da sinistra per liberare Callejon sul lato debole, il Sarri-pensiero, la visione del nipote di partigiano (nonno Goffredo ottenne un riconoscimento dalla Casa Bianca per aver nascosto e salvato i piloti di un aereo Usa abbatuto in Val d'Arno), si avvicina al Guardiola “mès que un coach”. Così diversi, così opposti, eppure così vicini. Messi alla prova nel doppio confronto di Champions, tappa di un lungo viaggio con più direzioni che destinazioni.