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Caro Messi, ci vuole del fegato anche a essere un uomo normale

Cinque Palloni d’Oro non bastano per fare un campione con la C maiuscola, colui che alla malasorte sorride di rimando ma non sta lì, a frignare in ginocchio. Perché se davvero sei il migliore, allora aiuti chi hai intorno a essere migliore (anche nella sconfitta).
A cura di Maurizio De Santis
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Lionel Messi sconfitto nella finale di Copa America
Lionel Messi sconfitto nella finale di Copa America

"Non sarò mai un uomo normale". Maradona aveva ragione. Lui non era come tutti. Avrebbe pianto per aver perso una finale ma solo per rabbia, uscendo a testa alta dal campo. Avrebbe urlato al mondo intero ‘hijos de puta' e, dopo una sconfitta, l'avresti trovato a petto in fuori dinanzi al plotone di esecuzione. Avrebbe abbracciato i compagni di squadra. Avrebbe parlato al cuore dei tifosi. Avrebbe fatto tutto, tranne che abbandonare la nave alla deriva. Però, si sa, lui non era un uomo normale. Messi invece lo è ma ci vuole del fegato pure per essere un ‘uomo normale'. Non è questione di classe sportiva, sei leader oppure no. E gli altri lo sanno prima di te.

Mai, el diez, avrebbe mollato in quel modo anche dinanzi alla batosta più cocente. E se anche il ‘vento gli avesse soffiato contro' allora lui l'avrebbe battuto alla sua maniera, inventando il gol del secolo benedetto con un segno di pace, la ‘mano de dios'.

Solo lui poteva accettare di giocare un'amichevole nel fango in un paese alle porte di Napoli. Solo lui poteva trascinare Caffarelli allo scudetto e Burruchaga sul tetto del mondo. Perché se davvero sei il migliore, allora aiuti chi hai intorno a essere migliore (anche nella sconfitta). Perché se davvero sei il migliore a 16 anni sei già ‘o rey' oppure la tua squadra – quella di Cruijff – mette ‘tulipani' negli schemi e diventa leggenda senza aver mai trionfato veramente.

Perché se davvero sei il migliore, allora prendi palla e con essa il mondo intero. E li trascini dietro di te. In fondo, è così che si fa la storia: senza se e senza ma, senza piagnucolare, senza credere che in undici metri ci stia tutta una vita, fino a sprofondarci dentro come in un burrone. Fino a dire "basta, non gioco più". E così cinque Palloni d'Oro non bastano per fare un campione con la C maiuscola, colui che alla malasorte sorride di rimando ma non sta lì, a frignare in ginocchio. Si può vincere anche perdendo, la grandezza è una visione che va oltre i risultati del campo. Altrimenti anche se proietti una grande ombra il tuo destino è di essere una Pulce.

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