Calciopoli, Moggi, la Cassazione: “Era un principe indiscusso”

Luciano Moggi è stato il "Principe assoluto" nell'era di Calciopoli. Questa e la definizione utilizzata dalla Cassazione nelle motivazioni attese da tutto il mondo del calcio sulle condanne subite dall'oramai ex dirigente bianconero che scossero il mondo dello sport. Indiscusso e senza ulteriori possibilità di interpretazione: nella sentenza 36350, in quasi 150 pagine depositate oggi, le spiegazioni sono più che chiare tanto che anche il sistema passato alla storia come ‘Moggiopoli' oltre che Calciopoli e un'organizzazione ideata illecitamente da Moggi stesso, per condizionare le gare dei campionati.
Non soltanto, si legge nella sentenza, gestiva il sistema calcio direttamente attraverso le strutture e infrastrutture federali ma anche attraverso un capillare lavorio tra connivenze mediatiche: televisioni, giornali, accoliti dell'informazione tutti sotto il controllo di Moggi: "Più che di potere si deve parlare di uno strapotere esteso anche agli ambienti giornalistici ed ai media televisivi che lo osannavano come una vera e propria autorità assoluta». Una mazzata che non lascia scampo a Moggi accusato di una "irruenta forza di penetrazione anche in ambito federale".
Moggiopoli esiste – Un "sistema che prende il suo nome" e dal quale ha ottenuto "vantaggi personali in termini di accrescimento del potere (già di per sè davvero ragguardevole senza alcuna apparente giustificazione)". L'associazione per delinquere diretta da Moggi "era ampiamente strutturata e capillarmente diffusa nel territorio con la piena consapevolezza per i singoli partecipi, anche in posizione di vertice (come Moggi, il Pairetto o il Mazzini), di agire in vista del condizionamento degli arbitri attraverso la formazione delle griglie considerate quale primo segmento di una condotta fraudolenta".
La servitù giornalistica – La doccia fredda nei confronti di Moggi riguarda anche i media: un'altra dimostrazione di potere assoluto consolidato: "potevano dipendere le sorti di questo o quel giocatore, di questo o quel direttore di gara con tutte le conseguenze che ne potevano derivare per le società calcistiche di volta in volta interessate".
I gangli federali sottomessi – E in ginocchio da Big Luciano c'era anche tutta la federazione calcistica: grazie alla sua "poliedrica capacità di insinuarsi, ‘sine titulo', nei gangli vitali dell'organizzazione calcistica ufficiale (Figc e organi in essa inseriti, quali l'Aia). In una incontroversa abilità di penetrazione e di condizionamento dei soggetti che si interfacciavano".
Il caso Paparesta – Anche il caso ‘Paparesta' dell'arbitro oggi presidente della Bari chiuso negli spogliatoi la Cassazione va giù con la mano pesantissima visto che esercitava un "potere di interlocuzione aggressiva e minacciosa, frutto soltanto di un esercizio smodato del potere"