Calcio, un tribunale belga blocca il fair play finanziario Uefa
Il tribunale di Prima Istanza di Bruxelles potrebbe costringere la Uefa a cancellare, o quanto meno a rivedere, il fair play finanziario. La corte ha giudicato il caso presentato dall'agente Daniel Striani e dai tifosi del Manchester City e del Paris Saint-Germain, le due squadre più note e più ricche ad aver subito sanzioni per violazioni del financial fair play (FFP), che si erano inizialmente rivolti alla Corte di Giustizia Europea. Striani, insieme ai tifosi, ha contestato i piani della Uefa di far scendere la soglia di deficit consentito alle società da 45 a 30 milioni di euro. Con questo giudizio, la soglia resterà fissata a 45 milioni fino alla sentenza della corte di giustizia europea.
"Decisione giusta" – Michel Platini, presidente dell'associazione, ha già dichiarato che la Uefa sta progettando di "semplificare" le regole. Le innovazioni, ha spiegato, saranno approvate e ratificate nella prossima riunione del comitato esecutivo prevista per la prossima settimana a Praga. Il tribunale belga ha richiesto il parere della Corte di Giustizia Europea, che dovrà valutare se la regola del pareggio di bilancio, il pilastro del fair play finanziario, costituisca una violazione delle norme europee sulla libertà di competizione, la libera circolazione dei capitali, dei lavori e dei servizi e la libertà di investire. Per Jean-Louis Dupont, che guida il collegio degli avvocati dei ricorrenti, "questa decisione è la giusta risposta al problema del fair play finanziario".
La causa – Il 6 maggio 2013 Daniel Striani, agente FIFA italiano che lavora in Belgio, ha depositato un ricorso al Tribunale di Prima Istanza di Bruxelles e alla Commissione Europea per contestare le specifiche del fair play finanziario Uefa. Assistito dall’avvocato Jean-Louis Dupont, l’avvocato difensore di Bosman nella causa che ha rivoluzionato il mercato dei calciatori, Striani ha sostenuto che l’obbligo del pareggio di bilancio, previsto all’articolo 57, sia in contraddizione con le normative comunitarie. Nel ricorso, sostiene infatti che l’FFP costituisca una limitazione del principio di libera concorrenza, in quanto restringe gli investimenti, cristallizza l’attuale struttura di mercato, riduce il numero dei trasferimenti, le cifre pagate per i singoli calciatori, l’ampiezza delle rose e l’entità degli ingaggi. Questa regola, prosegue il ricorso, violerebbe una serie di principi fondamentali delle norme comunitarie, come il libero movimento dei capitali, dei lavoratori e dei servizi (in questo caso i procuratori). E il fine, ovvero la stabilità finanziaria di lungo periodo delle società e l’integrità delle competizioni Uefa, non giustifica i mezzi.
La risposta di Bruxelles – Nel maggio 2014, come si legge nel comunicato stampa reso pubblico dagli avvocati di Striani, la Direzione generale della Concorrenza della Commissione Europea ha respinto il ricorso con una doppia motivazione. Innanzitutto, ha espresso dubbi sulla legittimità del ricorso in quanto Striani è solo un procuratore e le regole del fair play finanziario sono rivolte alle società, per cui ogni impatto del FFP sugli agenti e sui calciatori è solo una conseguenza indiretta. Inoltre, ha ritenuto che la materia fosse di competenza del tribunale belga. La Commissione Europea, scriveva il Guardian, ha respinto il ricorso anche perché la tesi secondo cui il FFP avrebbe ridotto qualità e quantità dei trasferimenti non sarebbe stata sufficientemente motivata, perché nessun club si era lamentato nei quattro anni in cui la norma era stata in vigore e, infine, perché la stessa Commissione era stata ampiamente consultata durante la stesura della normativa. Tuttavia, con questa decisione la Commissione non ha affermato che le regole del fair play finanziario sono in effetti compatibili con le norme comunitarie, ha solo rimandato il giudizio al legislatore nazionale. Contemporaneamente, un gruppo di tifosi francesi, belgi e inglesi ha presentato un analogo ricorso, sulla base del loro “legittimo interesse”, in qualità di “consumatori” e fruitori del calcio, convinti che i proprietari delle squadre possano far ricadere su di loro le conseguenze negative delle restrizioni agli investimenti.
Conflitto di interessi? – Nonostante il differimento del giudizio, molto diverso da un rigetto per questioni di merito, Striani ha presentato un secondo ricorso al Mediatore Europeo sulla base di un supposto conflitto di interessi di Joaquin Almunia, socio e tifoso dell’Athletic Bilbao. Da vice-presidente della Commissione Europea, Almunia aveva assimilato il FFP alla normativa che vieta gli aiuti di stato, che hanno chiaramente obiettivi diametralmente opposti.
L'Uefa, l'Europa, gli accordi – Nel frattempo, a un anno di distanza dalla presentazione del ricorso, il 9 maggio 2014 la Uefa raggiunge “accordi sanzionatori” con le nove società che hanno violato il FFP: PSG, Manchester City, Galatasaray, Anzhi, Zenit, Rubin, Bursanspor, Sofia e Trabzonspor aderiscono tutte alla procedura di transazione prevista dagli articoli 15 e 16 del regolamento dell’Organo di Controllo, cui lo scorso febbraio si sono affidate anche Hapoel Tel-Aviv, Hull City, Panathinaikos e Ruch Chorzòw. Il 14 ottobre dell’anno scorso, poi, la Commissione Europea e la Uefa hanno firmato l’Accordo di Cooperazione, valido fino al 31 dicembre 2017, per lavorare insieme sull’integrità dello sport, il rispetto della dignità e dei diritti umani, la non-discriminazione, la solidarietà. L’accordo impegna le due organizzazioni a “incentivare il dialogo e la cooperazione per costruire una forte eredità con benefici sportivi, culturali, educativi ed economici”. L’instabilità finanziaria, si legge, è uno dei principali rischi connessi allo sport e il fair play finanziario, così come “le misure che incoraggiano una maggiore disciplina e razionalità nella gestione delle finanze di una società, contribuisce allo sviluppo sostenibile e alla crescita sana dello sport in Europa”.
Il giudizio belga – Il 26 e 27 febbraio di quest’anno si sono tenuti i due giorni di udienza al Tribunale di Prima Istanza, che ha deciso di rinviare il giudizio alla Commissione Europea e intanto di sospendere la “fase 2” dell’applicazione del fair play finanziario, che prevede l’ulteriore abbassamento del livello di deficit consentito. È una decisione che potrebbe aprire conseguenze rivoluzionarie, potrebbe costringere la Uefa a dover rivedere, o addirittura ad abbandonare la riforma chiave del Neue Kurs di Platini. Negli ultimi anni, i giudici comunitari hanno interpretato le norme in materia di sostenibilità finanziaria in ambito sportivo in senso sempre meno restrittivo, a partire dall’approvazione della contrattazione collettiva dei diritti televisivi della Bundesliga prima e della Champions League poi. Una formula che inizialmente era stata considerata contraria agli stessi principi di libera concorrenza cui Striani si appella oggi per far abolire l’obbligo di pareggio di bilancio. Quella valutazione sui diritti tv, in cui hanno pesato di più i benefici complessivi per il sistema che la massimizzazione dei guadagni dei singoli, potrebbe costituire oggi il precedente di riferimento anche in questa vicenda.