C’erano una volta Moratti, Berlusconi e Agnelli che avevano milioni da spendere…
Non è più un calcio per i Paperon de' Paperoni, ricchi magnati arroganti e pieni di soldi pronti ad investire e a comprare senza progetti e idee a lungo termine. La crisi c'è e si fa sentire anche nel dorato mondo del pallone e i proprietari che possono godere di ingenti fortune che arrivano dalle attività extracalcistiche se ne stanno rendendo conto da qualche anno a questa parte. Non è un caso, infatti, se da alcune stagioni – e quest'ultima in piena evoluzione ne è il massimo esempio – il calciomercato in entrata non fa più registrare acquisti pagati a peso d'oro ma si parla maggiormente di meercato in uscita da far girare la testa: oltre 40 milioni per la cessione di Alexis Sanchez al Barcellona da parte dell'Udinese, circa 45 milioni per Pastore al PSG dal Palermo. E poi ancora offerte "indecenti" per Eto'o (si è parlato di un rifiuto del giocatore di un ingaggio in Russia da 20 milioni l'anno) e per Sneijder (lo United è passato al silenzio ma l'interesse c'è sempre). Un ‘trend‘ che ha riportato con i piedi sulla terra chi da sempre ha messo mano al portafogli per soddisfare il proprio ego o quello dei tifosi. Agnelli, Berlusconi, Moratti. Le tre "famiglie" del nostro calcio sembrano aver imparato pian piano la lezione.
LA DIFFICILE RISALITA DALLE SABBIE MOBILI DI CALCIOPOLI – La Juventus vive dal lontano 2006 una situazione molto particolare, di certo più particolare rispetto a Inter e Milan. La retrocessione in serie B, il lento e costante tentativo di risorgere ad alti livelli con cambi di presidenza e di guide tecniche, l'esodo dei fuoriclasse prima, la mancanza di competitività e di Coppe oggi, stanno facendo capire al giovane rampollo della famiglia Agnelli che il cammino è ancora lungo e ricco d'ostacoli. Nelle ultime due stagioni, la Juventus ha ricevuto da parte dei giocatori tantissimi rifiuti, fatto mai avvenuto prima per il club più titolato d'Italia che tra lo scorso e l'attuale calciomercato ha ingaggiato più di 30 giocatori a volte fallendo completamente l'obiettivo. Se a ciò si aggiunge anche lo sforzo della proprietà nel riassetto dirigenziale (l'arrivo di Marotta non è giunto gratuitamente e ha richiesto un investimento anche in termini di progetti a lungo termine) e l'impegno – non solo economico – della costruzione del primo stadio italiano di proprietà, si capisce come i bilanci bianconeri siano sempre a ridosso del segno meno. I versamenti in conto capitale della famiglia Agnelli, proprietaria del club di Torino, negli ultimi cinque anni non sono stati bassi: 144 milioni di euro elargiti dalla cassaforte di famiglia (prima la Ifil, oggi la Exor) per un ‘giocattolino‘ la cui gestione sta cambiando con un occhio di riguardo ai bilanci. Non solo per il fair play imminente ma anche perchè i tempi – economici e politici – non sono gli stessi dell'epopea degli anni '70 e '80.
BILANCI IN ROSSO, NESSUNO SI SALVA – Insomma, se l'operazione di aumento del capitale è un intervento una tantum per risanare eventuali errori passati o problematiche esterne che hanno inciso sui bilanci (come le mancate entrate per Calciopoli), o per aprire un progetto su basi solide, far arrivare soldi freschi è sempre una buona notizia. Se invece l'ingresso di liquidi è semplicemente una manovra senza senso ma atta solamente a rafforzare la corsa ad ingaggi e acquisti in base a ciò che fanno le concorrenti di turno, i risultati devastanti non tarderanno ad arrivare. Basti guardare, da questo punto di vista, i bilanci delle ‘tre big‘ del nostro calcio, inter, Milan e Juventus. La Juve si è fermata a -11 milioni per l'esercizio chiuso al 30 giugno 2010, ma si sa già che andrà a registrare un deficit di 60-70 milioni di euro per il bilancio della stagione 2010-2011. Stesso discorso per il club di Moratti che nella stagione 2008-2009 aveva un deficit di 154 milioni e nell'anno successivo ha chiuso il bilancio con un rosso di ‘appena‘ 69 milioni. Non è da meno il Milan della famiglia Berlusconi che a dicembre 2010 registrava un meno 70 milioni.
LA RETTA VIA DEL MILAN – Proprio sul Milan, in questi giorni si sono sparse poi voci per possibili nuovi acquirenti o – più semplicemente – per una ridefinizione societaria all'interno del club all'indomani del Lodo Mondadori e la penale che la Fininvest dovrà pagare a Di Benedetti. Già prima della sentenza negativa contro Berlusconi, i conti non quadravano: l'utile della Fininvest nel 2010 è calato dell'8% (a 160 milioni di euro) proprio a causa del rosso di 70 milioni fatto registrare dal Milan. E nei primi tre mesi del 2011 la casa madre ha dovuto staccare ulteriori assegni per un totale di 38 milioni di euro. "Le società di calcio non possono sottrarsi alle regole di buona gestione evitando di fare follie". Sono parole di Marina Berlusconi che parlava proprio all'assemblea degli azionisti del gruppo Fininvest che controlla il club di via Turati. Era il 2009, non un secolo fa e da allora qualcosa – anche se di poco – sta cambiando.
MORATTI SI CONVERTE AL FAIR PLAY FINANZIARIO – Anche in casa Inter sembra esserci qualcosa di diverso e lo dimostra un mercato centellinato non proprio nella tradizione di Massimo Moratti da sempre ricordato per investimenti e spese faraoniche nelle campagne acquisti precedenti. E' vero, se guardiamo sempre all'ultimo quinquennio, quello nerazzurro in fatto di versamenti da parte dell'azionista di riferimento non ha confronti: si parla di 360 milioni in 5 anni più di quelli di Milan e Juventus messi insieme. Eppure, anche in Corso Vittorio Emanuele si sta lavorando per avere una gestione più ‘attenta' in vista dei capestri delle nuove regole internazionali volute dall'Uefa per pretendono l'iscrizione solo di società sane dal punto di vista dei bilanci. I paletti del ‘fair play finanziario' incidono già sugli esercizi della nuova stagione, l'attuale iniziata il 1° luglio scorso. Fatto da tenere ben presente: il breakeven, cioè il pareggio tra costi e ricavi, verrà avvicinato a tappe: prima si chiederà ai club partecipanti alle coppe europee di avere al massimo 45 milioni di perdite (sommando i bilanci chiusi del 2012 e del 2013).
TOCCARE IL FONDO PER POI RISALIRE – Ma per vedere un reale cambiamento della gestione del calcio, a livello economico, gli esperti dicono che bisognerà attendere la cosiddetta "cassa vuota", il momento in cui veramente non ci saranno più finanziamenti esterni e bisognerà lavorare seriamente per rimettere in piedi il sistema. Finirà solo in quel momento il "mismanagement", la cattiva gestione che vìola tutte le leggi economiche e finanziarie. Insieme all'ingresso di eventuali imprenditori stranieri, nuovi e moderni nella gestione delle proprie imprese e ad una ristrutturazione radicale del ‘palazzo' dello sport che permetta una reale leadership della struttura del calcio, tutto questo potgrebbe far partire realemente una ‘stagione nuova‘ affidabile e seria a livello imprenditoriale. Altrimenti, continuerà la discesa libera.