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Buffon: “I giovani calciatori dovrebbero arare in campi della A”

Il portiere della Juve e dell’Italia ribadisce i concetti espressi dopo il fallimento al Mondiale in Brasile: “La maglia della Nazionale va meritata. Non bastano 3, 4 partite buone per essere un campione”.
A cura di Maurizio De Santis
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"Se un giovane calciatore ha il talento per diventare un campione, non lo mandi in Nazionale dopo 3, 4 partite ma gli fai arare l’erba in serie A". Parafrasando le parole di Gigi Buffon al Corsera: un tempo ai ragazzi che andavano bene a scuola e si spezzavano le reni per aiutare la famiglia si diceva ‘hai fatto la metà del tuo dovere'. A questi giovanotti in braghe di tela, che hanno tutto, già si stringe la mano. Baci, abbracci e pacche sulle spalle si sprecano. Se poi sei anche ‘figo' abbastanza da piacere alla gente che piace (anche se in campo sei una una ‘mezza pippa') allora capita pure che ti ritrovi addosso la maglia azzurra. Pagati, e anche profumatamente, per giocare. Pensare coi piedi è una cosa che riesce loro bene, soprattutto quando si tratta di tirare pedate a una palla. Farlo nel migliore dei modi è un obbligo morale, che si vinca o meno. E dovrebbero meritarlo, come ammesso da Demetrio Albertini (ex Milan e capo delegazione dell'Italia al Mondiale in Brasile) al ritorno da quella figuraccia (per gli Azzurri) chiamata Coppa del Mondo. Ora et labora… ‘prega e lavora', suo fratello prete docet. In virtù del talento non si può perdonare tutto. E nemmeno si può pretendere tutto.

La cultura del sacrificio… valla a insegnare a chi, a 20 anni, ha già un contratto milionario e un procuratore che lo paragona a un'opera d'arte dal valore inestimabile. "Ho giocato in nazionale due anni dopo l’esordio – ha aggiunto Buffon al Corriere – e ho capito che era un onore e un impegno non semplici da sostenere. Adesso un ragazzo dopo tre buone partite è in nazionale e dà per scontato tutto". Concetto chiaro che il numero uno della Juventus e della Nazionale aveva espresso già subito dopo la partita contro l'Uruguay: "In campo bisogna fare, e non basta il potrebbe fare o magari il farà… Poi si vede chi c'è. E chi non c'è non c'è". Concetto che non era piaciuto a molti, convinti fosse solo scaricabarile oltre che un attacco diretto a Balotelli. "Di quanto detto allora, sono convinto ancora adesso. In vent’anni di carriera non ho mai attaccato un compagno. Mai l'avrei fatto in un momento come quello. E Balotelli, a 24 anni, non è un giovane".

‘Giovani di anni, vecchi di ore'. Così scriveva Jack Beauregarde (Henry Fonda) nella lettera d'addio a Nessuno (Terence Hill), il ‘giovane' che lo aveva consegnato alla storia offrendogli un'uscita di scena trionfale. E nelle retrovie di questa Nazionale c'è solo un ‘mucchio selvaggio', non c'è un ‘Nessuno' che abbia spalle larghe abbastanza da capire ‘che gli anni non fanno dei sapienti, fanno solo dei vecchi'. Non adesso, non ancora. Soprattutto quando a tirare la carretta sono in pochi, i soliti. "Le chiacchiere passano e i fatti restano in campo: a rompersi le ossa per la causa, sono sempre gli stessi. Pirlo, De Rossi, Buffon, Barzagli… quelli che chiamano vecchi e sono ancora punti fermi  perché è dietro che sta venendo meno qualcosa. Le persone vanno giudicate per quello che stanno facendo, non per quello che potrebbe fare. Così costruisci uomini, altrimenti vai incontro a figure di m…". Proprio quella che ha fatto l'Italia.

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