Borussia Dortmund: viaggio al centro della crisi
Sedici punti in 19 partite, undici sconfitte, ultimo posto in Bundesliga. Dopo il grande sogno, il grande buio. Al meno fino a qualche mese fa – prima che rialzasse timidamente la testa in Bundesliga -, al Borussia Dortmund non restava che attaccarsi all'ottavo di finale di Champions League contro la Juventus. Svanito anche quello, s'è ufficialmente chiusa un'epoca. In campionato, però, si fa sempre più forte l'analogia con il 2003 del Bayer Leverkusen che, dopo aver perso campionato, coppa e Champions League (contro il Real), si è salvato solo alla penultima giornata l'anno successivo. Gli scudetti, la finale di Champions persa all'ultimo dal Bayern, non bastano a Klopp che a questo punto rischia l'esonero. Ma come e perché il Borussia Dortmund, che rischia la prima retrocessione in Zwei Budesliga in quarant'anni, ha toccato il fondo?
Crisi tecnica – Il Borussia, battuto in casa anche dall'Augsburg all'ultima giornata, ha segnato solo 18 gol in 19 partite, il peggior rendimento offensivo dell'era Klopp, non si può spiegare solo con la cessione di Robert Lewandowski, passato incredibilmente a parametro zero a rinforzare il Bayern Monaco. Il direttore generale Watzke l'ha sostituito con l'ex Hertha Berlino Ramos, troppo poco freddo in area, e Ciro Immobile, che non ha ancora espresso tutto il suo potenziale in Bundesliga anche perché si esalta negli spazi larghi, non contro le difese molto coperte. Ma anche Reus e Mkhitaryan, Kagawa e Aubameyang, stanno vivendo una stagione di quasi sole ombre e senza alcuna luce. E non bastano nemmeno gli infortuni, che pure hanno fermato Reus per due mesi, e hanno permesso a Gündogan e Sahin, contro l'Augsburg, di giocare insieme per la prima volta da aprile 2013. In difesa, il Borussia ha subito 27 gol, che diventano letali se l'attacco non segna. Gol frutto troppo spesso di distrazioni, come la rete di Karim Bellarabi, la più rapida nella storia della Bundesliga, che ha aperto dopo 9 secondi lo 0-2 del Bayer Leverkusen. Sembra una squadra svuotata, con una difesa inspiegabilmente alta, che dà l'impressione di aver perso fiducia nei suoi mezzi e nell'allenatore.
Troppo forti per scendere? – Una squadra che rischia di fare la stessa fine di compagini gloriose, passate dalle stelle alle stalle in poco tempo. Dal Manchester City retrocesso un anno dopo il suo primo titolo in First Division nel 1938 allo United che ha vissuto l'umiliazione della Second Division alla fine del ciclo di Best, Law e Charlton. Dal Milan del 1982 al Kaiserslautern, sceso in seconda divisione per la prima volta nella sua storia nel 1996, fino ai casi recenti dell'Atletico Madrid, condannato dai guai economici e giuridici della famiglia Gil nel 2000, al Corinthians che nel 2007 paga il deterioramento dei rapporti con Kia Joorabchian, l'artefice del trasferimento in Brasile di Tevez e Mascherano. Un destino che ha travolto anche il Saragozza di Milito, e nel 2011 ha accomunato il Monaco, tornato in Ligue 2 per la prima volta dopo 34 anni, e il River Plate, mai retrocesso prima in 110 anni di storia.
BVB e Lattek – E potrebbe quasi essere interpretato come un segno del destino che il momento più nero del BVB coincida con la morte di Udo Lattek, l'unico allenatore insieme a Giovanni Trapattoni ad aver vinto tutte le tre competizioni Uefa (la prima Coppa dei Campioni del Bayern Monaco nel 1974, la Coppa Uefa con il Borussia Monchengladbach nel 1979, la Coppa Coppe con il Barcellona nel 1982). Una leggenda che, nonostante i primi segni della malattia, ha scelto di tornare per un ultimo giro di giostra, nel 2000, e in cinque partite è riuscito a salvare il Borussia Dortmund dalla retrocessione.
Due volte a rischio fallimento – Proprio con l'inizio del nuovo millennio, la squadra della più grande città della Ruhr è anche la prima in Germania a quotarsi in Borsa, a 11 euro ad azione: oggi il valore è sceso a 4,5 euro e lo scorso agosto è stato necessario un aumento di capitale per quasi 110 milioni. Dopo il terzo scudetto nella storia, vinto nel 2002, e la finale di Coppa Uefa persa contro il Feyenoord, la dirigenza prende una serie di decisioni sbagliate. I debiti sono talmente forti che per pagare gli stipendi servono prestiti per oltre 2 milioni dal Bayern Monaco. Dal 2004, con la presidenza di Reinhard Rauball, dal 2007 al vertice anche della federcalcio tedesca, cambia la gestione societaria. Le parole chiave diventano: valorizzazione delle proprie strutture, ricerca di giocatori a basso costo, plusvalenze e investimenti a medio-lungo termine. Il primo è il cambio di nome dello storico Westfalenstadion, lo stadio della semifinale mondiale del 2006, del trionfo targato Grosso e Del Piero, che fino al 2016 prenderà il nome di Signal Iduna Park. Ma non basta. Nel 2006 la società è di nuovo sull'orlo del fallimento, con 140 milioni di debiti, e si salva solo grazie a un corposo prestito della Morgan Stanley, e a fine stagione, dopo aver cambiato tre allenatori, si salva in extremis. È la fine dell'inizio.
I ricavi del Borussia Dortmund negli ultimi 5 anni (fonte: Deloitte, Football Money League 2015)
Modello Borussia – In un lustro, il Borussia diventa una macchina perfetta. Nel 2011 è la squadra con l'età media più bassa di sempre a vincere il titolo e fattura 215 milioni di euro, con 36,5 milioni di utili, grazie soprattutto al merchandising e a un'affluenza media che sfiora il tutto esaurito in tutte le partite casalinghe. Nel 2012 si ripete, e l'anno successivo certifica il valore del modello tedesco con la finale di Champions League persa dal Bayern Monaco solo a due minuti dalla fine. È il trionfo di un modello economico sostenibile, che ha mirato a coltivare il senso di appartenenza della tifoseria, che ha legato squadra e tifo, e ha tenuto il Borussia all'undicesimo posto nella Football Money League 2015, il rapporto annuale dell'agenzia Deloitte sulle squadre più ricche d'Europa. Eppure, con l'eliminazione ai quarti, dalla UEFA sono arrivati solo 34.7 milioni rispetto ai 54.2 dell'anno prima. Un calo comunque controbilanciato dall'aumento del 50% dei diritti tv e dai contratti di sponsorizzazione, compresi i nuovi accordi con Huawei e REWE, che hanno fruttato 14.9 milioni in più di ricavi commerciali, la principale fonte di reddito della società (103,6 milioni complessivi). Sono proprio le sponsorizzazioni a spingere il fatturato 2014, al netto dei ricavi da calciomercato (e la plusvalenza sulla cessione di Gotze al Bayern è stata contabilizzata nel bilancio 2013), da 253,4 a 256,2 milioni di euro, con un aumento di 2,8 milioni. In calo invece, il fatturato complessivo (€260.735.000), l'utile prima delle imposte (€14,6 milioni rispetto ai 60 del 2013) e l'utile netto, sceso a €11.970.000 dai 51,2 milioni di dodici mesi prima.
Profilo dei ricavi del Borussia Dortmund nel 2014 (fonte: Deloitte, Football Money League 2015)
Supermercato BVB – Insieme al Bayern, e all'effetto Guardiola, il modello Borussia ha segnato tutta la Bundesliga, che ha il miglior patrimonio netto complessivo e la media più alta di spettatori negli stadi tra i principali campionati europei. È una concorrenza che fa bene alla Bundesliga: nel 2014 il “Klassiker” di campionato è stato trasmesso in 208 delle 209 nazioni affiliate alla FIFA e dal 2015 i diritti tv all'estero frutteranno 150 milioni, il doppio del valore attuale. Ma stanno emergendo le controindicazioni. L'addio a parametro zero di Lewandowski testimonia che il modello ha comunque basi per certi versi fragili. “Ci hanno preso per un supermercato" ha detto Watzke. "Ci vogliono distruggere, vogliono definitivamente togliere di mezzo un pericoloso concorrente- Lo fanno ingaggiando sistematicamente i nostri migliori giocatori, di modo che non possiamo più essere una minaccia per loro. Se offrono il doppio di noi, non abbiamo una possibilità”. È questo il rischio. La sostenibilità finanziaria non può diventare un fine in sé, deve essere garantita e alimentata dai risultati sportivi. E invece il castello della Ruhr è sull'orlo dell'implosione.
L'andamento del titolo del Borussia Dortmund in Borsa