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Balotelli, gli altri e l’importanza di un calcio giovane, forte e multietnico

Il ritorno di “Super Mario”, oltre a rendere migliore il nostro campionato, pone l’accento sull’importanza di investire in giocatori giovani e, soprattutto, sulla multietnicità del calcio italiano: spesso maltrattata dal razzismo di alcuni pseudo tifosi.
A cura di Alberto Pucci
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Niang, Balotelli ed El Shaarawy

La foto alla cresta – Non si è ancora spento l'effetto Balotelli. A distanza di poco più di 24 ore dal suo ritorno, l'eco dei cori a lui dedicati sta rimbombando ancora sotto i portici di Via Pisani a Milano, insieme all'odore acre dei fumogeni accesi davanti al ristorante Giannino. Ieri, per lui, è stata la giornata degli scatti: quelli in campo (partitella con gol, contro il Darfo Boario) e quelli dei fotografi che, nella quiete di Milanello, lo hanno immortalato, per la prima volta, insieme al resto della "gruppo". Preso di profilo, con la faccia dura e di fianco ad El Shaarawy e Niang, Balotelli sembrava il "frontman" di una band hip hop newyorkese: uno di quei "rapper" che, quotidianamente, scrive, canta e urla in faccia, alla gente, tutta la rabbia e la frustrazione per una vita piena di problemi e, spesso, rovinata dai comportamenti beceri di chi passa le giornate a giocare a fare il razzista. Balo, per sua fortuna, problemi non ne ha. O meglio: quelli avuti in passato, Mario è riuscito a "risolverli" grazie all'affetto di una dolce famiglia bresciana. Diverso è il discorso "razzismo" che, dopo i fatti di Busto Arsizio e le bravate di certe curve, è tornato ad essere un fastidioso compagno con il quale condividere certe domeniche pomeriggio. Oltre al difensore che entra picchiando sulle caviglie e all'arbitro supponente che non ti fischia un rigore, Balotelli dovrà mettere in conto di vedersela ancora con quei nemici che nel 2009 gli auguravano, saltellando, di passare a miglior vita: gli stessi che, pochi giorni fa, inneggiavano al risveglio del Vesuvio o infangavano con fischi ed insulti il nome di Piermario Morosini.

A muso duro – Il ritorno di "Bad Mario", che verrà presentato questa sera allo stadio San Siro di fronte ad una folla di 150 giornalisti, non è solo un vantaggio sportivo per Allegri ed un valore aggiunto per la nostra Serie A. E', soprattutto, la testimonianza che il nostro calcio, sempre più multietnico e giovane, vuole rispondere con i fatti a certi episodi intollerabili ed anacronistici. Fischiate e offendete Boateng, Muntari and co.? Ci fermiamo e non giochiamo più! Inneggiate ad un calcio senza giocatori di colore? Noi compriamo Balotelli e lo mettiamo di fianco a Niang! Sembrano risposte decise quelle che il nostro movimento calcistico ha partorito nelle ultime settimane. La stessa linea "editoriale" che, da sempre, segue Cesare Prandelli: uno che è sceso realmente in campo per difendere i diritti degli omosessuali (ricordate le polemiche sui gay nel calcio?) e di chi è stato bersaglio di cori razzisti ("Boateng ha fatto bene a lasciare il campo" dichiarò il ct azzurro). Un uomo che, coerentemente con le proprie idee e con il coraggio che lo contraddistingue, ha fatto vestire la maglia azzurra a Balotelli ed Ogbonna e scelto di convocare, e far scendere in campo, gli oriundi Osvaldo e Schelotto. Un guanto di sfida per il razzista di turno ed un premio per chi, come Mario, ha sempre dichiarato: "Sono italiano, mi sento italiano, giocherò sempre con la Nazionale italiana". Una dimostrazione di attaccamento alla maglia e alla bandiera tricolore che, probabilmente, pochi hanno. Di certo non lo hanno gli idioti che nello scorso maggio fischiarono l'inno italiano cantato da Arisa, prima della finale di Coppa Italia tra Juventus e Napoli, così come ne è sprovvisto chi, dalle pagine del giornale per il quale scrive, si vantava di aver tifato contro gli azzurri solo perchè, secondo lui, l'eventuale vittoria sarebbe servita a far dimenticare i peccati del calcioscommesse. Ipocrisia allo stato puro!

El Shaa, Balo e Monto: una nazionale sempre più rossonera!
El Shaa, Balo e Monto: una nazionale sempre più rossonera!

Trio multietnico – Forse in molti dimenticano che il calcio, in fondo, è solo un gioco e non dovrebbe essere confuso con gli errori ed i problemi di un paese martoriato da una classe politica incapace. Correre dietro ad un pallone è divertimento, gioia: per chi lo fa di mestiere e, specialmente, per chi lo segue con passione dimenticando, per novanta minuti, i problemi quotidiani della vita. Basta guardare il "backstage" degli scatti fotografici fatti ieri a Milanello, al nuovo trio rossonero, per capire di cosa stiamo parlando. Tre ragazzi giovanissimi, pronti a divertirsi insieme a partire da domenica sera. Una miscellanea di culture e razze (El Shaarawy è di padre egiziano) che si fonde sotto la maglia di uno dei club italiani più conosciuti al mondo. Un tridente "cosmopolita", vertice offensivo di una squadra che, nel suo dna di centrocampo, ha un ghanese naturalizzato tedesco (Boateng) e, poco dietro di lui, due francesi (Mexes e Constant) ed un giocatore colombiano (Zapata). Più multietnici di così! Dalle parole, allora, si passi ai fatti. Che lo spettacolo cominci e che Mario Balotelli dia inizia alla sua nuova avventura in Italia: il paese che lo ha cresciuto e che dovrebbe amarlo e rispettarlo "senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali", esattamente come recita l'articolo tre della nostra tanto bistrattata costituzione italiana. Perchè anche il calcio ha le sue leggi contro l'ignoranza ed il razzismo, ed è giusto battersi perchè vengano rispettate!

 

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