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Baggio in Nazionale: zeru tituli e il (non) gol più bello della storia

In Azzurro il campione di Caldogno è l’emblema di una generazione fortissima, vincitrice di tutto con le squadre di club ma senza trofei dopo i flop a Italia ’90 (di cui ricorre il trentennale), il rigore sbagliato a Pasadena nella finale mondiale del ’94 contro il Brasile e quel tiro sfortunato a Francia ’98.
A cura di Jvan Sica
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Roberto Baggio, un sogno Azzurro a furor di popolo. La prima partita è nel novembre del 1988. È fin da subito decisivo con un assist per Vialli per la vittoria per 1-0 contro l’Olanda. Segna il primo gol su punizione contro l’Uruguay e fa una partita che resta scolpita nella storia contro la Bulgaria, quando segna una doppietta ma soprattutto ubriaca una difesa forte che può schierare ottimi elementi come Ivanov e Dotchev.

Per il ct Azeglio Vicini è fondamentale dare certezze a una Nazionale che, ospitando il Mondiale, non ha potuto forgiarsi durante le qualificazioni. Ha una squadra in testa e arriva ad Italia ’90 con quelle idee. Trent'anni fa, sembra ieri. Baggio e Schillaci sono i nomi nuovi ma devono sedersi in panchina lasciando spazio al duo Vialli-Carnevale. Le notti magiche cambiano tutto: i titolari sono appesantiti da una stagione con Samp e Napoli estenuante, Schillaci entra con l’Austria e segna, diventando il nuovo Totò nazionale.

La stella si accende a Italia '90

Baggio gioca solo alla terza partita del girone e arriva l’illuminazione: salta quattro avversari cecoslovacchi, finta sul portiere e fa un gol da spellarsi le mani. Vicini non può più farne a meno. Gioca contro Uruguay e Irlanda ma contro l’Argentina inizia in panchina, entra al 75’ ed è l’uomo che più vicino ci porta alla finale mondiale con una punizione pazzesca all’incrocio dei pali. Segna il suo rigore ma non basta. Contro l’Inghilterra nella finalina fa sedere Walker sulla linea laterale per l’1-0. Siamo solo bronzo.

Dopo quel Mondiale diventa il 10 e il riferimento della nuova Nazionale, che però fa poco cammino. Usciamo nelle qualificazioni per Svezia ’92 e Matarrese decide di ripartire da zero. Baggio resta il faro ma deve integrarsi con le idee di un allenatore che ha cancellato il numero dieci classico dal suo vocabolario, Arrigo Sacchi. In campionato con la Juve trapattoniana ha le redini del gioco in mano, spaziando da mezzala a mezzapunta senza compiti difensivi e con una libertà d’azione praticamente totale. Con Sacchi in Nazionale deve fare tutt’altro.

Sacchi ne ‘ingabbia' il genio negli schemi

Prima di tutto giocare da seconda punta vicino ad un centravanti, non abbassarsi troppo per non ingolfare il gioco di centrocampo che deve scorrere veloce e senza salti di ritmo, pressare le difese avversarie per non dare ai centrocampisti giocate facili. Baggio si adatta a tutto questo e gioca ottime partite nel torneo pre-Usa ’94. C’è solo un momento in cui, perdendo 2-0 ad Eindhoven, guidati da un Vialli battagliero come non mai, Baggio decide di disobbedire a Sacchi e prendersi la squadra nella sua totalità, senza sottostare a movimenti e schemi studiati. Rimontiamo contro un’Olanda molto forte, vinciamo 2-3 ma Sacchi se lo lega al dito, facendo in pratica fuori Vialli dalla sua Nazionale.

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Usa 1994, il lo sostituisce e lui esclama: "Questo è matto"

Gioca da Pallone d’oro conquistato nel 1993 e ci porta in America con gol meravigliosi contro la Svizzera a Cagliari, in Portogallo nella trasferta più temuta, in Estonia dove fa doppietta. Arriviamo in USA con il miglior calciatore del mondo che indossa la 10 azzurra. Ma lì succede di tutto. È completamente distrutto dalla preparazione sacchiana nell’esordio contro l’Irlanda, Sacchi lo toglie contro la Norvegia quando rimaniamo in dieci per l’espulsione di Pagliuca. Roberto gli dà del pazzo in mondovisione e sembra finito tutto. I due si schiariscono ma più che altri si sopportano per il bene comune.

Le lacrime di Pasadena

Contro il Messico e i primi 88 minuti contro la Nigeria agli ottavi è inesistente. Poi Mussi scende sulla fascia destra mette al centro e per noi e Roberto inizia un altro Mondiale. Doppietta contro la Nigeria, gol di tecnica sopraffina contro la Spagna e altra doppietta contro la Bulgaria. Ma contro i bulgari esce al 71’ per un fastidio muscolare. Piange come un bambino fra le braccia di Gigi Riva. Sa che non potrà essere al 100% nella partita più importante della sua carriera. Sacchi potrebbe tenerlo fuori ma non se la sente di escludere l’uomo che lo ha portato fino a lì. Baggio cerca anche di incidere ma sotto il sole massacrante di Pasadena consegna ai brasiliani, sbagliando l’ultimo rigore, la Coppa che doveva essere sua.

Nei tre anni successivi gioca solo quattro partite in Nazionale, ma segna un gol fondamentale alla Polonia per andare allo spareggio contro la Russia. La stagione 1997-98 nel Bologna parte malissimo litigando con Ulivieri, ma tutto poi si mette a posto e segna ben 22 gol in campionato. Maldini forse avrebbe fatto tranquillamente a meno di lui ma un Baggio così deve portarlo in Francia. Roberto gioca la prima partita contro il Cile al posto di Del Piero ancora infortunato. Ci salva mirando il braccio di un difensore cileno e trasformando il rigore del 2-2. Del Piero è un fantasma ma Maldini ribadisce che nelle partite che contano giocherà titolare.

Il più bel (non) gol al Mondiale di Francia '98

Tutti vogliono Baggio ma contro la Francia ai quarti entra solo al 67’. Ancora una volta è l’uomo che ci ha portato a pochi centimetri dal passaggio del turno grazie ad una volée di destro che arriva a tanto così dalla porta di Barthez. Usciamo di nuovo e sotto sotto anche lui sa che quella è la sua ultima occasione. Gioca ancora un po’ di partite con Zoff senza risultare determinante. Trapattoni non lo convoca per Giappone-Corea 2002 ma gli dà la soddisfazione di un’ultima partita contro la Spagna nel 2004.

Roberto Baggio in Nazionale è l’emblema di una generazione fortissima, vincitrice di tutto con i club (basta pensare a tutti i grandi del Milan di Sacchi e Capello mai campioni mondiali con la Nazionale), ma che non è riuscita a prendersi un titolo con la Nazionale. Sono stati anni perdenti è vero, ma nessuno ci può togliere la meraviglia a cui abbiamo assistito e i sogni che abbiamo sognato in tutto quel periodo.

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