22 maggio 2010 – 22 maggio 2013: tre anni fa l’Inter fa il Triplete con Mou. Oggi la rifondazione con Mazzarri

Roma, 5 maggio 2010: Roma-Inter 0-1, finale di Coppa Italia. Siena, 16 maggio 2010: Siena-Inter 0-1, scudetto. Madrid, 22 maggio 2010: Bayern Monaco-Inter 0-2, finale di Champions League. Diciassette giorni indimenticabili per tutto il popolo nerazzurro, tre trionfi che lanciarono l'Inter nel firmamento mondiale, ottenendo il ‘Triplete', parola fino ad allora sconosciuta per il calcio italiano. I tre "tituli" furono conquistati dall'Inter nell'era di Mourinho e oggi, 22 maggio 2013 ne ricorre il terzo anniversario.
Tre anni, un secolo – Davanti all'Inter attuale sembra che siano passati 30 anni non tre. Il calcio, come la vita, fagocita tutto e tutti nell'arco di un minuto e gli anni diventano decenni. Solo così è spiegabile quanto sta accadendo oggi con ciò che accadde tre anni fa. Quando a guidare l'Inter c'era uno Special One infallibile, non il Mourinho dismesso di Madrid, che aveva preso per mano e ottimizzato quanto di straordinario aveva fatto il suo predecessore, Roberto Mancini (oggi esonerato dal City). Dopo di loro, però c'è stata una caduta libera di una società che non ha saputo trovare degni sostituti, incautamente scivolata nell'errore di rimanere aggrappata al passato, incapace di voltare pagina. Arrivò Rafa Benitez, in quell'estate del 2010 quando Mou vinse la Champions e rimase a Madrid per firmare con il Real. Lo spagnolo, mai amato da Moratti ma imposto dall'area tecnica, visse tre mesi infernali dove però riuscì a conquistare (dopo aver perso un Supercoppa Europea) la Coppa Intercontinentale, portando i colori nerazzurri sul tetto del calcio mondiale.
La novena del dopo Mourinho – Benitez, l'incompiuto e l'incompreso. Grande programmatore del proprio lavoro, serio professionista avverso alle manifestazioni del proprio ego alle telecamere. Un tecnico d'esperienza, anche vincente, di certo capace di valorizzare nuovi progetti e lavorare con i giovani. Lo stesso Benitez che arriverà a Napoli, alla corte di De Laurentiis, orfano di un Mazzarri oramai lontano dai partenopei in maniera ufficiale. Lo stesso Benitez che venne allontanato nell'inverno del 2011, facendo posto a Leonardo, in un cambio tecnico che portò la proverbiale dose di coraggio e autostima di un gruppo sempre più segnato nel fisico e nell'anima dai successi precedenti. Con Leonardo arrivarono soddisfazioni, venne ripreso il filo indiretto con lo Special One che, anche a detto del brasiliano, seguiva da vicino le sorti interiste, terza casa pe lui dopo Oporto e Londra. Ma anche lì, con l'ex dirigente rossonero in panchina, l'idillio durò il tempo fisiologico del cambiamento, per arrivare all'ingaggio di Claudio Ranieri, altra antitesi di Mourinho, colui che – alla guida della Roma, quando lo Special era a Milano – era tra i principali antagonisti, anche mediatici, del portoghese. Con Ranieri, altra transizione, prima positiva, quasi sorprendente, poi negativa, fino all'approdo più coraggioso quello di affidare la ‘corazzata' ad un giovane allenatore, Andrea Stramaccioni e alla sua storia attuale che è oramai giunta al capolinea.
Dagli altari alla polvere – In mezzo a tutto ciò, al lordo della sfortuna e di avversari ritornati finalmente competitivi dopo un quinquennio di difficoltà causato dalle sentenze di Calciopoli, tre anni di dimenticare. L'Inter (Massimo Moratti) ha avuto la colpa di crogiolarsi fin troppo nel festeggiare e vivere nel ricordo delle vittorie che furono. Incapace di ottimizzare e mettere a frutto quando di splendido – anche e soprattutto economicamente parlando – aveva dato il ‘Triplete' all'Inter, il presidente si è dimostrato più cicala che formica, dissipando il proprio patrimonio tecnico e di immagine. Campagne acquisti alla vecchia maniera pre-Calciopoli, con tante promesse e poche conferme, litigi interni, cambi eccessivi in panchina, cessioni (tardive) tra mille polemiche degli ‘eroi' del Triplete. Insomma, in una parola sola, un fallimento. Tanto che oggi, Moratti si ritrova in difficoltà economica, con una squadra tecnicamente da rifondare, senza allenatore, con una tifoseria anche fin troppo paziente e 12 domande a cui dare risposta con i fatti.
Mazzarri contro i rimpianti – Non c'è voglia di festeggiare, di ricordare il terzo anniversario della Seconda Grande Inter. E forse, almeno per questa volta, è giusto così. Una scelta – anche se non si sa quanto voluta – che potrebbe dimostrare l'effettiva prova di maturità (dettata dalla disperazione) di chi è da sempre rimandato a settembre. Così, quei diciassette giorni di maggio sono motivo di onore e di orgoglio solo per la tifoseria e per chi c'è stato. Come Mourinho che qualche mese fa in esclusiva al ‘Sun' ricordò:
"La migliore serie di tutte fu quella in cui vinsi le tre partite decisive per i titoli vinti con l'Inter nel 2010. Per prima cosa vincemmo la Coppa Italia battendo la Roma in finale, poi andammo a Siena dove vincemmo la partita diventando campioni d'Italia, infine a Madrid vincemmo la Champions battendo il Bayern in finale".
Ricordi e rimpianti. La realtà oggi è diversa, è più curda e cinica. E porta il nome di Walter Mazzarri, il candidato numero uno dell'Inter che verrà.