1944: i pompieri di La Spezia, campioni senza scudetto
Venticinque luglio 1943, domenica mattina. La luna illumina Palazzo Venezia mentre escono come ombre inghiottite dalla notte i gerarchi che hanno messo in crisi il regime. Dino Grandi, il regista dell’operazione, corre a casa dal ministro Acquarone e gli consegna l’ordine del giorno con le 19 firme degli oppositori del Duce. Mussolini è disfatto, ma alle nove è già in ufficio e incontra l'ambasciatore del Giappone Hidaka. Per il pomeriggio chiede un incontro al re. Si presenta con il parere del presidente del Consiglio di Stato Santi Romano secondo cui il voto ha solo carattere consultivo. Ma non sarà così. Ventun anni di regime crollano in un giorno solo.
Nuova FIGC – In quello stesso 25 luglio, crollano anche le strutture che hanno sostenuto il regime. Si dimette anche il presidente della Federcalcio, il marchese Luigi Ridolfi, che aveva fondato la Fiorentina. Per due volte alla guida della FidAL, la Federazione Italiana di Atletica Leggera (dal 1926 al 1942 e dal 1956 al 1958) e consigliere nel direttivo della IAAF (International Association of Athletics Federations) e della EAA (European Athletic Association), ha creato con Vittorio Pozzo il tecnico federale con Vittorio Pozzo e sovvenzionato i lavori per il Centro di Coverciano. Con le sue dimissioni, il calcio è allo sbando, ma la passione non muore. Si gioca.
Il campionato 1943-44 – Dopo l’armistizio dell’8 settembre, la Federcalcio si trasferisce a Venezia e il reggente Ettore Rossi stabilisce che non ci sarà un campionato di serie A ma dei tornei misti regionali. Ne partono sei, nel gennaio 1944, divisi per zone: Piemonte-Liguria, Lombardia, Veneto, Venezia-Giulia, Mista Emilia, Toscana. Si aggiungerà quello romano, vinto dalla Lazio che però non parteciperà alla fase finale. È una scelta figlia delle contingenze, dell’avanzata degli alleati al Sud e di un’Italia divisa, tra calciatori soldati e disertori. Per questo, Rossi decide che avrebbero dovuto giocare dove prestavano servizio militare: per trasferirsi sarebbe servito il nulla osta obbligato delle società. Così Silvio Piola si ritrova dalla Lazio al Torino e Bepin Meazza dalla Juventus al Varese. Sono 64 le squadre iscritte, dalle grandi del nostro calcio a formazioni minori come il Marzotto Valdagno o il Panigale.
I Vigili del Fuoco – Nel girone emiliano, vista l’impossibilità di percorrere le strade che portano in Piemonte, gioca la squadra dei Vigili del Fuoco della Spezia. La città è sotto le bombe, la squadra è senza presidente, Coriolano Perioli è deportato in Germania, e senza i calciatori simbolo del sesto posto appena raggiunto in serie B: Riccardo Carapellese, Eusebio Castigliano e Alfonso Borra si sono ritrovati oltre la Linea Gotica e non possono rientrare. Il capo dei vigili del fuoco, l’ingegner Luigi Gandino, propone ai giocatori vitto e alloggio in caserma, la possibilità di evitare il fronte e chiede di cambiare il nome della squadra in 42° Corpo dei Vigili del fuoco di La Spezia. Vengono arruolati come pompieri effettivi, con tanto di divisa, anche il portiere Giovanni Tavoletti dal Genoa, il difensore Bruno Gramaglia e l’attaccante Vinicio Viani dal Napoli, le punte Renato Tori e Sergio Angelini dal Livorno. Confermato l’allenatore del sesto posto, Ottavio Barbieri, che gioca con un “mezzo sistema”, una personale reinterpretazione del WM: un terzino senza compiti di marcatura e un cursore sulla fascia destra, di fatto un libero e un’ala tornante.
Il girone – I risultati sono immediati. Suzzara, Fidenza e Parma sono avversari abbordabili, il Carpi si ritira, il Modena vince 4-0 ma subisce la sconfitta a tavolino perché ha schierato un giocatore dichiarato inabile alla leva. Nell’aprile del ’44, terminati i gironi regionali, la Figc stabilisce che “per lo svolgimento e la classifica dei gironi, valgono le norme generali del regolamento del campionato”. In semifinale, l’11 giugno a Bologna, la partita è nervosa, cattiva. I rossoblù dominano ma il portiere Bani para praticamente tutto e al 79’ Rostagno, in contropiede, regala ai bianchi il vantaggio. Finisce a calci e manganellate tra giocatori e tra il pubblico. Nonostante l’abbondanza di camicie nere sugli spalti, però, come nella finale scudetto del 1925 contro il Genoa (finita “a gara 5” come si direbbe oggi, giocata in campo neutro, a Milano, e alle sei di mattina per evitare disordini), l’intimidazione non riesce. L’arbitro convalida il gol e sospende la partita. Lo Spezia ottiene lo 0-2 e il Bologna rinuncia alla gara di ritorno. I “pompieri” si giocano il titolo all’Arena di Milano in un girone finale col Torino campione in carica, e per quel campionato di guerra sponsorizzato dalla FIAT, e il Venezia, terzo in serie A nel 1942 con Mazzola e Loik, ultimi pilastri di quello che sarà il Grande Torino.
L’impresa – Il 9 luglio 1944 il torneo finale inizio con il pareggio 1-1 tra Spezia e Venezia: vantaggio di Tori al 31’, pareggio dei veneti con Astorri al 66′. Peri Vigili del Fuoco è decisiva la sfida al Torino, che ha schiacciato tutti gli avversari. Ma gli spezzini non si fanno impaurire. Barbieri vince la sfida tattica con Vittorio Pozzo, piazza il mediano Tommaseo a marcare Mazzola, che non riesce a incidere. E dietro, i fratelli Persia guidano d’autorità la difesa. Tuttavia, i granata hanno comunque in attacco il più forte centravanti nella storia del nostro calcio, Silvio Piola, che corregge di testa la punizione di Ossola alla mezz’ora. Ma subito prima dell’intervallo, Costa appoggia per Angelini: 2-1 Spezia. Al 90’, però, Tommaseo manca un aggancio e libera Mazzola che punta l’area e carica il tiro. Vittorio Pozzo in panchina inclina la testa, come se volesse guidare l’ultima disperata conclusione del simbolo granata. Ma gli dei del calcio hanno scelto da che parte stare e la traversa salva Bani. Il Torino vincerà l’ultima partita del triangolare, 5-2 sul Venezia, e i Vigili del Fuoco saranno campioni d’Italia. Hanno vinto il titolo, ma non lo scudetto. Perché la FIGC decide di assegnare solo una Coppa Federale, come per Milan in occasione della vittoria del campionato di guerra 1915-16. Eppure in quegli anni nel resto d’Europa i titoli vinti nei campionati resi anomali dal conflitto venivano riconosciuti: è campione di Francia il Lens, che ha vinto un torneo a 16 e non a 32 squadre, in Irlanda lo Shamrock, in Belgio il Royal Anversa, in Germania il Dresda, in Austria il Vienna, in Ungheria il Ferencvarocs. Ma non la squadra dei Vigili del Fuoco di La Spezia in Italia.
Titolo onorifico – Il 21 marzo 2000 l’allora sindaco di La Spezia, Pagano, anima un comitato per chiedere che venga riconosciuto quel campionato nell’albo d’oro della serie A. Il 14 aprile il presidente della FIGC riapre il caso e nomina una commissione d’indagine: ne fanno parte il presidente del Settore tecnico Mario Valitutti, gli avvocati Goldoni e Persichelli, il viceprocuratore calcistico Mensitieri e il giornalista Mario Pennacchia. È Valitutti a sensibilizzare almeno sul riconoscimento di un titolo onorifico. “E' innegabile l' alto valore etico-storico di quel campionato 1943-44” scriverà la Federazione nel 2002, “che rimane a testimoniare che la vitalità e la forza morale del calcio italiano non si lasciarono piegare nemmeno dall' orrore della guerra e gettarono un ponte di speranza e di fiducia nella rinascita del Paese”. Così, 58 anni dopo, lo Spezia ha ottenuto la possibilità di apporre sulle maglie non lo scudetto, ma un distintivo tricolore in memoria di un’impresa troppo a lungo dimenticata.