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Sampdoria, Okaka rivela: “Discriminato per il colore della pelle”

Il bomber di Mihajlovic ritorna sui trascorsi a Parma quando Donadoni lo esiliava dal gruppo per farlo allenare in solitario. L’unico a difenderlo è stato Cassano che da gennaio potrebbe ritrovare in blucerchiato.
A cura di Alessio Pediglieri
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Stefano Okaka adesso può pensare in grande con la convocazione di Antonio Conte per la Nazionale maggiore: un attestato di stima e fiducia nelle qualità della punta oggi alla Sampdoria che sta finalmente facendo vedere a tutti le proprie qualità. Dopo anni difficili, tra ironie sul cognome straniero che porta sulle spalle, il colore della pelle e la poca fiducia incontrata sul proprio cammino professionale. Tante le società in cui ha militato prima di arrivare il Liguria e pochissime le possibilità di emergere. Finalmente, sotto Mihajlovic però qualcosa è cambiato e Okaka è maturato a tal punto da giocare con continuità e qualità prima di oggi mai dimostrate. E mentre nella Genova blucerchiata tutto sembra andare per il verso giusto, il pensiero ritorna ai momenti più difficili che gli hanno permesso di formare un carattere da lottatore forgiato contro la discriminazione per un cognome non italiano e la pelle nera.

Un carattere da lottatore. "Io Okaka non lo arbitrerei mai". Così, in una intervista alla Gazzetta, il bomber della Samp parla di sè in campo. "Con gli arbitri litigo, discuto, non li lascio mai stare. Sinceramente non mi arbitrerei mai". Perché Okaka in campo si trasforrma in un mastino che azzanna tutti gli avversari che incontra, alla ricerca del gol e della vittoria: "Fuori sono un bonaccione, ma sul terreno di gioco mi trasformo. Per 90 minuti odio tutti i miei avversari allo stesso modo anche se non ci litigo, non sono il tipo".

Le discrimanzioni. All'insegna della sportività, perché i valori che ha imparato ad apprezzare lungo il cammino fatto fino ad oggi, Okaka li porta con sè. Dai tempi del Cittadella quando veniva preso in giro per il nome che portava sulle spalle, a quelli del Parma dove le incomprensioni con mister Donadoni gli fecero vivere una delle parentesi più negative in assoluto. "A Cittadella, quando andavo a scuola mi prendevano in giro per il mio secondo cognome, Chuka. Non li picchiavo perché si sarebbero fatti male, ma ci soffrivo". Perché Oaka si sente italiano (anche perché lo è in tutto e per tutto) malgrado un cognome straniero e la pelle nera: "Quando Conte mi hanno telefonato per giocare con la Nigeria ho rifiutato perché non mi sembrava una scelta naturale, e poi è arrivata la chiamata di Conte per l’Italia. Però il mio passato è là e oggi mi sento come un albero che non conosce le sue radici"

I problemi a Parma. Oggi, sotto la lanterna va tutto bene ma nel recente pasato, a Parma, Okaka ha trascorso mesi difficili quasi a margine di un progetto ben delineato che non lo vedeva parte integrante: ""Donadoni mi faceva allenare da solo, Cassano l'unico a credere in me e a proteggermi". Lo stesso Cassano che stando a radiomercato potrebbe tornare in Liguria proprio alla sampdoria con la riapertura a Fantantonio fatta dal presidente Ferrero in vista della parentesi di gennaio.

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