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Ecco i conti del nostro calcio malato, servo di tv e degli ingaggi

Se si confrontano i dati degli ultimi due esercizi della Serie A ci si rende conto con mano di come la situazione patrimoniale delle 20 squadre partecipanti sia davvero critica. Ci sono delle piacevole sorprese, come il Genoa leader nelle plusvalenze o il Catania, la Lazio e il Palermo con i bilanci in attivo. Ma non basta, ci vuole un’inversione di tendenza totale.
A cura di Alessio Pediglieri
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Il calcio italiano sta male ed è in crisi. E' un fatto appurato e consolidato dall'attuale situazione in cui le società si concentrano più a vendere i propri campioni che a cercarne dei nuovi. La milionaria cessione di Ibra e Thiago Silva al PSG ne è la riprova ma anche la partenza di Lavezzi e Verratti sono lo specchio di una situazione difficile. Se poi si aggiunge il fatto che di top-player in entrata non se ne è vista l'ombra e che il calciomercato sembra sempre più un'occasione di baratto tra le varie società per scambiarsi giocatori a volte senza apparente senso, il quadro è sufficientemente desolante.

Ingaggi ancora troppo elevati – Ma oltre ai dati oggettivi fatti di rose meno competitive, un fair play finanziario che bussa alla porta, nuovi investitori e finanze estere nel tentativo di riprendere competitività, basta analizzare i dati ufficiali dell'ultima stagione guardando i bilanci delle 20 iscritte all'ultima Serie A per mettersi le mani nei capelli. Dati sconfortanti che dimostrano come l'industria calcio stia vivendo troppo al di sopra delle proprie possibilità – fatto che avviene oramai da decenni – e che si è arrivati al punto di non ritorno: o si cambia tagliando drasticamente le uscite o non ci sarà più spazio per i club indebitati.
A pesare tantissimo sul bilancio finale dei club è il cosiddetto ‘costo per il personale', una voce che foraggia tutti i tesserati al club in principal modo i giocatori con i loro ingaggi milionari. Un dato che oramai sta pensando troppo e che sta pian piano venendo sempre più limitato.
Non è un caso che proprio il Milan di Berlusconi ‘vantava' la triste prima posizione in questa speciale classifica, con 206.450.000 euro di costi per il personale; e non è un caso che in questo mercato la società rossonera ha venduto due top-player a peso d'oro, Ibra e Thiago al PSG, risparmiando di fatto circa 100 milioni e dimezzando quasi le uscite prossime venture.
Dietro all'esorbitante costo del lavoro rossonero, c'era l'Inter con 190.179.218 e non a caso Massimo Moratti ha optato per una tempestiva linea verde, sfoltendo la rosa da alcuni senatori ‘ingombranti' (soprattutto d'ingaggio) come J.Cesar, Lucio e Maicon e sposando una strategia più parsimoniosa, coadiuvata dall'entrata in società da parte di soci cinesi che hanno acquisito azioni per un totale del 15% e che parteciperanno attivamente alla nascita del nuovo stadio nerazzurro.
La Juventus, campione d'Italia, per costi del personale supera anch'essa le tre cifre (139.653.821) così come la Roma, quarta, (106.814.000) mentre tra le ‘piccole' società spiccano le uscite in casa della Fiorentina dei Della Valle (54.404.047) e del Genoa di Preziosi (52.308.829) soprattutto di fronte agli ultimi deludenti risultati sportivi. Bene, invece, il Catania e il Chievo, le uniche due società di serie A ad aver mantenuto la cifra sotto i 20 milioni di euro, conquistando una tranquilla salvezza e permanenza in massima serie così come il Napoli di De Laurentiis una big anche nel contenere le spese di poco superiori ai 50 milioni (51.733.273) insieme all'oramai confermata Udinese dei Pozzo capace di competere per un posto in Champions spendendo non più di 30 milioni (28.038.192)

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I ricavi: manca la voce ‘stadio' – Se si guardano i ricavi, provenienti dalle gare (incassi), sponsor e diritti televisivi, a farla da padroni sono sempre i soliti top-club. Nell'ordine, Milan, Inter, Juventus, Roma, Napoli guidano la classifica migliorata ancor più se si considerano anche le ‘plusvalenze' dei giocatori provenienti dalle sessioni di mercato dove però, a dettare legge è incredibilmente il Genoa di Preziosi capace più di chiunque altro nel valorizzare i propri prodotti-calciatori per far cassa (62.162.043 euro di plusvalenze nell'ultimo anno).
Ricavi ‘importanti' ma non sufficienti a contenere gli incredibili costi. Detto delle spese per il personale, sono anche i costi di produzione a tagliare le gambe ai principali club e che ne decretano i conti in rosso e i bilanci in passivo. Su 20 società ben 12 hannpo chiuso in passivo con una perdita di tre volte superiore a quella dei ricavi delle 8 rimanenti.
Restando in ordine in base all'ultima classifica, il Milan paga un risultato netto (ricavi/costi) negativo, pari a -67.334.000 euro. Peggio dei rossoneri ha fatto l'Inter (-86.813.786 euro) e la Juventus (-95.414.019 euro), ma per i bianconeri incide ancor molto la spesa per il nuovo Stadio che verrà compensato nei prossimi anni trasformandosi in una voce in ‘attivo'. Male anche la Roma di Di Benedetto (-30.778.000) e la Fiorentina dei Della Valle (-32.474.084) e il Siena di Mezzaroma (-20.448.078 euro).
Questi i dati negativi – pesantissimi – ma non si possono non citare anche le società ‘virtuose' tra cui ci sono delle novità interessanti.
Si confermano in positivo il Napoli e l'Udinese, due società che da anni stanno sviluppando una politica imprenditoriale votata a bilanci in positivo e al contenimento delle uscite. I partenopei vantano un ultimo bilancio di +4.197.019, i friulani di +2.897.161 euro. Ma c'è chi ha fatto ancor meglio come Lotito con la sua Lazio: i capitolini vantano un bilancio positivo a +9.982.408. Insieme a loro benissimo anche il Catania di Pulvirenti (+6.449.511) e il Palermo di Zamparini (+7.769.812).

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Situazione insostenibile – Guardando un altro dato, si evince come il nostro calcio e le nostre società siano sempre più legate mani e piedi ad alcune voci cui non si può più prescindere, i diritti tv. Quattro società ne sono prigionieri per oltre il 70 per cento dei ricavi totali, altre 11 si ritrovano tra il 50 e il 70% mentre solamente in quattro dipendono dai diritti tv per meno della metà dei propri ricavi. Tra queste, il Milan che dipende dal tubo catodico ‘solamente' per il 48,71%. Un dato comunque ancora troppo alto e che ‘condanna' l'intero movimento a dover fare i conti con palinsesti tv che determinano calendari, giorni e orari delle partite.
Una situazione decisamente insostenibile.
Si è passati dai -649 milioni di euro del 2008, a -1,2 miliardi di euro (2009), fino ad arrivare, nel 2010, alla cifra «monstre» di -1,6 miliardi alla voce ‘uscite'.
Nel confronto dell’ultimo biennio, secondo i dati forniti dall’Uefa (organo di governo del football continentale), i ricavi dei club di 58 campionati sono cresciuti da 12 a 12,8 miliardi, ma, parallelamente, sono schizzate in alto le spese: da 13,3 a 14,4 miliardi. Una voragine difficile da contenere, anche perchè il 52% delle società ha dichiarato un peggioramento del bilancio e l’incidenza degli stipendi sul fatturato aziendale è superiore al 64%.

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