Zola e quel gol di tacco al Norwich: la grande magia di Magic Box
Lo Stamford Bridge è pieno per un terzo, e buona parte dei tifosi ormai guarda solo con un occhio distratto verso il campo. Il Chelsea sta vincendo 2-0 nel replay del terzo turno di FA Cup e in pochi giorni dovrà affrontare il Tottenham nel ritorno della semifinale di Coppa di Lega. Claudio Ranieri è tranquillo in panchina mentre Graeme Le Soux, al 62′, si prepara a battere un calcio d'angolo da sinistra. Pochi secondi e sarà magia.
La promessa al piccolo Matthew – È il 16 gennaio 2002. A Londra, l'eco dell'embargo sulle armi e del congelamento dei beni a Bin Laden decisi dall'Unione Europea arrivano con un'eco lontana di brevi parole. Chissà se in quegli istanti Zola sta davvero pensando a Matthew Aston, ma sarà a lui che dedicherà la vittoria. Matthew è un bambino di otto anni, la stessa età di sua figlia, ricoverato al Christopher Children's Hospice, Guildford. A otto anni, Matthew è un malato terminale. Ha un cancro al cervello senza speranza di guarigione. È un grande tifoso del Chelsea e come ultimo desiderio ha chiesto di incontrare Gianfranco Zola. Anche il direttore del piccolo istituto per malati allo stadio terminale tifa per i Blues e si mette in contatto con il club. Il 3 gennaio, Zola si presenta nel piccolo ospedale, che conta solo nove camere. Magic Box ha trascorso con lui venti minuti, gli ha parlato di calcio e gli ha portato una maglietta, che ha poi autografato. Gli ha tenuto la mano e gli ha promesso che avrebbe cercato di segnare su punizione per lui. A Carrow Road, però, finisce 0-0 e i Blues devono ringraziare il portiere Cudicini.
Terry, scoperto due giorni prima in un night club, non vive certo il miglior primo tempo della sua carriera. Era ubriaco anche l'11 settembre 2001, quando a Heathrow ha infastidito un gruppo di turisti americani sconvolti davanti alle immagini delle Torri Gemelle: anche in quella occasione, ha pagato 30 mila sterline di multa e accettato una sospensione di due settimane. Ranieri l'ha difeso, ma nel secondo tempo, con un Gallas sofferente per un problema alla caviglia, il Chelsea ha rischiato e non poco. E solo gli interventi del portiere su Paul McVeigh e Alex Notman, e la doppia parata su Mark Rivers, entrato dalla panchina, a 10 minuti dalla fine, tengono il Chelsea nella competizione. Zola avrà anche pensato di avere una seconda chance per mantenere la promessa. Due giorni dopo, però, Matthew muore.
Piccolo grande uomo – Zola ha ancora un gol speciale da segnare. A inizio stagione, quando Ranieri ha dato il benservito alla vecchia guardia, a icone di un pezzo di storia del club come Dennis Wise e Roberto Di Matteo, ha anche pensato di andarsene. Ma davanti, il tecnico romano ha scoperto una coppia d'attacco capace di 16 gol in stagione: l'intesa fra Eidur Gudjohnsen e Jimmy Floyd Hasselbaink convince Magic Box a rimanere. Ha ancora una missione da compiere, un piccolo tifoso da accontentare, da qualunque angolo di cielo stia guardando la partita. Non è la prima volta che l'Inghilterra scopre un grande uomo dietro il piccolo grande campione che illumina il Chelsea. Nel 2000, un ragazzino di 12 anni si era trasferito con la famiglia a Knightsbridge, a Londra, e aveva deciso che non avrebbe più fatto il tifo per i Glasgow Rangers.
Diventa in poco tempo un fan del Chelsea e grazie a un compagno di scuola ben informato, scopre dove abita Zola. Così, in un giorno di pioggia, armato di pennarello e coraggio, si presenta alla sua porta per chiedere un autografo. È sua moglie, Franca, che per prima si accorge di quel ragazzino che aspetta fuori dalla porta. “Che ci fai qui” gli chiede. “Volevo chiedere un autografo” risponde, timido, il ragazzo. Franca lo fa entrare in casa e lo presenta a Gianfranco, che gli firma praticamente qualsiasi cosa sia a portata di mano. E al momento di andar via, Franca gli prepara anche dei sandwich per il viaggio di ritorno.
Magia e carattere – È un campione vero che non ha perso i suoi tratti più autentici. Per questo si è fatto amare subito a Londra. “Noi sardi abbiamo la stessa forza di carattere degli inglesi” ha raccontato Magic Box, che da un'isola arriva e su un'isola ha conquistato il mondo: è a lui, insieme a Madonna, che il comitato organizzatore pensa come ambasciatore per lanciare la candidatura olimpica di Londra per i Giochi del 2012. “Qui sono abituati a lottare per tutto quello che hanno ottenuto nella vita. Un po' come in Sardegna, dove è tutto duro, difficile. Se non avessi avuto questo spirito, non sarei mai arrivato dove sono adesso”. “I sette anni passati nei Blues non furono solo un’isola felice per Zola. Furono il senso del suo riscatto.
Il singolare idillio tra il fantasista sardo e i tifosi inglesi, non certo famosi per l’esterofilia, fu una strana empatia, nata dall’ammirazione pallonara, ma presto nutrita di altro: la stima personale per quel ragazzo della porta accanto, riservato ma disponibile, umano e umile, correttissimo in campo. Il ritratto dell’antistar. Un uomo “decent”, lo definivano i cronisti inglesi, dove “decent” sta per ammodo, perbene” si legge in un profilo sul Foglio. Un amore a prima vista, scoppiato il giorno dell'esordio, il 23 novembre 1996, contro il Newcastle allora primo in classifica. Zola non sa una parola di inglese e non segna, ma viene eletto migliore in campo. “In Inghilterra ho trovato più rispetto per il calcio e per chi lo gioca. Qui se dai tutto e perdi, ti battono le mani lo stesso” dirà. E i fan, come ha scritto David Mellor dell'Evening Standard, imparano ad amarlo perché “he cares”, perché dimostra in campo quanto per lui sia importante quella maglia, perché gli importa di far bene per se stesso e per chi paga il biglietto.
Chelsea, che avvio – Per questo, i 24 mila spettatori allo Stamford Bridge il 16 gennaio 2002, anche quelli hanno lo sguardo un po' distratto verso il campo, quando lo vedono sul primo palo, sulla traiettoria del calcio d'angolo disegnato da Le Saux, osservano quel movimento con l'attenzione nutrita dall'aspettativa, dalla sensazione che qualcosa di magico stia davvero per succedere. Anche se la partita ormai è praticamente decisa. Il Chelsea ha dominato dall'inizio, ha squadernato una manovra elegante, fluida, ma il gol del vantaggio non rende giustizia allo stile dei Blues. È proprio Zola che va a battere il corner su cui Mario Stanic e Darren Kenton si avventano insieme. La palla rimbalza sulla testa dei due e lentamente si avvicina alla linea. Sembra una traiettoria innocua, ma Lampard si allunga quel tanto che basta non per toccarla, ma per impedire al portiere Richard Green una parata facile: 1-0. Segnerà davvero, Lampard, 10 minuti dopo l'intervallo: è il primo a raccogliere la corta respinta di Green sul tiro da 25 metri di Stanic, e anticipa la vittoria.
Lo show – Ma al 63′, la storia entra a illuminare una partita già chiusa. Zola avrebbe la palla sul sinistro ma, come ha spiegato, “col sinistro non so fare niente. Perciò ho incrociato le gambe e l'ho presa di destro, col tacco”. È un gol memorabile, il suo primo dal mese di novembre del 2001, una delle cinque magie nella storia di Magic Box, un trucco che aveva già provato in allenamento. “Ma non vi dico come era andata a finire” scherza con i giornalisti dopo la partita. “Il calcio per me è sempre stato felicità” spiega. “Serve più improvvisazione e più gioia, e meno paura di sbagliare. Una giocata va tentata sempre e ci deve essere un patto non scritto con lo stadio perché quel gesto venga apprezzato e mai fischiato”. Ma come nasce quel trucco? “Onestamente non lo so. Le Saux dice che mi ha visto e vorrei credergli. È una questione di istinto. L'istinto mi ha detto di muovermi sul primo palo. Certe cose succedono e basta. Di sicuro non ho mai segnato un gol così”. Un gol speciale, con un pensiero e una dedica speciale. Perché in qualche angolo di cielo, Matthew era lì, con i 24 mila tifosi allo Stamford Bridge. Perché quel gol è per lui. Una promessa è una promessa.