Zé Maria, due volte esonerato al Ceahlăul: “Il presidente ci trattava come schiavi”

Vi ricordate di Zé Maria, l'ex calciatore di Perugia, Inter e della nazionale brasiliana? La sua carriera di allenatore – almeno finora – è stata meno fortunata rispetto a quanto raccolto quando calcava il rettangolo verde: uno scudetto (quello assegnato a tavolino all'Inter dopo lo scoppio di Calciopoli), due Coppe Italia, una Supercoppa italiana, una Coppa America, un bronzo olimpico (ad Atlanta nel 1996). Ha provato a farsi le ossa passando dai ragazzini della Polisportiva salesiana Psg Don Bosco a panchine come Città di Castello e Catanzaro fino al grande salto alla guida del Ceahlăul, club della Serie A rumena. Vi era arrivato a gennaio scorso, il presidente Angelo Massone lo aveva chiamato per dare una svolta alla stagione ma le cose sono andate male. Anzi, malissimo.
Due volte esonerato. Il trend di risultati deludenti è stato fatale a Zé Maria: martedì della settimana scorsa – dopo uno scialbo o-o contro il Gaz Metan – gli viene dato il benservito. Passano 48 ore e il patron cambia idea: decide di offrirgli un'altra chance (forse anche nell'impossibilità di trovare subito un sostituto) ma quell'atto di fiducia dura pochissimo, novanta minuti. La sconfitta di domenica contro il Botosani (il Ceahlaul è terzultimo in classifica) spinge Massone a licenziarlo di nuovo. Cosa c'è di strano? Che la versione fornita alla Gazzetta da Zé Maria è diversa. Le cause della stagione negativa sarebbero da ricercare altrove…
Zé Maria: "Noi, trattati come schiavi"
L'ex nerazzurro aveva accettato la panchina del Ceahlaul perché la società gli aveva prospettato "un progetto a lungo termine per costruire qualcosa di importante. Niente di vero e mi sono trovato di fronte un presidente che tratta i giocatori come fossero schiavi e pensa che sia giusto usare il pugno di ferro perché sono rumeni". Le ragioni del doppio esonero? Eccole. "Prima della trasferta contro il Brasov – ha aggiunto Zé Maria -, il presidente aveva paventato il ritiro punitivo. Ritiro che ha imposto anche nonostante la vittoria. Ho provato anche a intercedere con lui ma non ha voluto sentire ragione. La squadra l'ha presa male, i giocatori in campo non sono scesi tranquilli, è arrivato un pareggio e io sono stato licenziato con l'accusa di aver organizzato un complotto contro il presidente". Un brutto pasticcio alimentato anche da stipendi non pagati e promesse di saldare le spettanze non mantenute fino alla sconfitta contro il Botosani arrivata a margine di una partita disputata da una squadra che aveva poca voglia di andare in campo.