We are Genoa, la conquista di Anfield
Si respira aria di corrida, a Oviedo. Tutti aspettano la festa di San Matteo e i migliori toreri che scendono in piazza a dare spettacolo. Ma per il Genoa il pomeriggio del 19 settembre 1991 è speciale per un’altra ragione. È il debutto moderno in Europa, che il Grifone ha abbandonato allo scoccare della seconda guerra mondiale, con la sconfitta a Praga, contro lo Slavia, nella Coppa dell’Europa centrale 1939.
Oviedo – Anche per gli spagnoli, guidati in campo dall’ex Fiorentina Lacatus, e in panchina da Irureta che farà grande il Depor, è il debutto internazionale. All'andata vince 1-0 l’Oviedo, che solo due anni prima giocava in serie B. Il match è segnato dal pessimo arbitraggio dello svedese Fredriksson, lo stesso di Roma-Liverpool del 1984 e Milan-Nacional Medellin 1989, criticatissimo dopo Argentina-Urss ai Mondiali ‘90 (fu rispedito a casa dopo aver negato un rigore ai sovietici per fallo di mano di Maradona). Prima del ritorno, nella seduta di rifinitura Collovati colpisce alla gamba sinistra Onorati che sviene e deve essere portato in ospedale. In più, un incidente blocca il pullman della squadra sull’autostrada: i calciatori vengono caricati sulle volanti della polizia e arrivano a Marassi solo alle 19.45. Bagnoli è costretto a reinventare il centrocampo con Ferroni mediano destro e Fiorin più avanti. Potrebbe essere la partita della svolta per il giovane Cecchini, entrato all'80', ma Viti alza in corner la sua mezza rovesciata: non giocherà mai più per il Genoa e non arriverà mai in serie A. All'89', però, Skhuravy in torsione firma uno dei gol più belli e importanti nella storia del club più antico d'Italia.
Dinamo – Al secondo turno c’è la Dinamo Bucarest, che però conserva solo il nome della squadra che due anni prima ha fatto tremare la Sampdoria. Col nuovo corso ha fatto pulizia e venduto all’estero una ventina di giocatori, Raducioiu compreso. È la prima sfida per una squadra italiana contro una formazione rumena nel dopo-Ceausescu. La suspense più forte, per il Genoa, è il giallo dell’arbitro (solo i rumeni erano stati informati che l'inglese Lewis avrebbe sostituito l'ammalato Roethlisberger). Per il Genoa non potrebbe esserci una preparazione all’imminente derby. Aguilera apre e chiude il 3-1, con la sua prima doppietta stagionale in Europa, in mezzo Branco completa l’opera. Unica piccola ombra, la squalifica di Signorini, ammonito per un fallo banale su Cheregi, che sarà squalificato per l’andata degli ottavi. Al ritorno è 2-2, ma Bagnoli è tutt’altro che soddisfatto. “Una vittoria all'Est sarebbe stata di prestigio per noi e per il calcio italiano” commenta. “Invece usciamo con un pareggio dopo un doppio confronto nel quale potevamo realizzare venti gol. Qualcosa non va. Per questo ora spero di incontrare il Real Madrid, almeno sapremo di dover lottare dall'inizio alla fine”.
Steaua – Non sarà accontentato, è ancora Romania, ancora Bucarest, la stella sempre più decadente della Steaua. I ricordi della notte magica di Duckadam sono ormai svaniti. La finale di Coppa Campioni 1989, il 4-0 dal Milan a Atene, hanno avviato la smobilitazione: in rosa restano solo due nazionali, Stan e Dumitrescu. Il Genoa è sempre più bello di notte e torna a vincere in trasferta dopo più di 50 anni grazie a Tomas Skhuravy. Al ritorno, in un Ferraris frustrato dal vento, ci vuole un tempo per scaldare i rossoblù, scesi in campo tesi e in silenzio stampa. Palo di Ruotolo, salvataggio sulla linea di Stan su Eranio, rasoterra vincente di Aguilera. Il sogno europeo continua.
We are Genoa – La primavera porta al Marassi il Liverpool, rinato in Coppa Uefa dopo la squalifica per la tragedia dell’Heysel. Da meno di un anno, in panchina c’è Graeme Souness e dall’agosto 1991 c’è anche un nuovo presidente, David Moores. È il nipote di John Moores, lo storico fondatore della Littlewoods, negli anni ’80 la più grande società di diritto privato in Europa, che ha introdotto nel Regno Unito le Pools, le schedine, l’equivalente del Totocalcio: nel periodo d’oro si superavano i 10 milioni di giocatori a settimana. È la prima volta che il Liverpool affronta una squadra italiana dopo l’Heysel: non è una partita come le altre. Il timore maggiore, per la città e per i tifosi, riguarda gli hooligans. A Genova i tifosi inglesi sono 2.500, controllatissimi anche da agenti di Scotland Yard. Souness ha mezza squadra a pezzi, ha dovuto lasciare a casa Rush (ex Juve), Hysen (ex Fiorentina), Barnes e Rosenthal. Nemmeno il Genoa sta benissimo, ma Spinelli ha promesso un miliardo come premio qualificazione. Quel 4 marzo 1992, uno striscione ricorda a tutto lo stadio, e a tutti gli spettatori davanti alla tv, che “We are Genoa”. A cinque minuti dall’intervallo Signorini lancia Skhuravy che trova il modo di ricavare un assist per Fiorin: la sua mezza girata rompe l’equilibrio. Nella ripresa il Genoa insiste, prima sfiora il raddoppio (traversa di Skhuravy), poi lo trova all’88’ con un capolavoro di Branco su punizione dai 30 metri. Ad Anfield due gol di vantaggio sono un cuscinetto che non fa stare del tutto tranquilli. Perché quell’anno, uno svantaggio così l’hanno già ribaltato in casa, al secondo turno contro l’Auxerre. Perché ad Anfield, sotto la scritta voluta da Bill Shankly, nessuna squadra italiana ha mai vinto. Ci sono riuscite solo in tre, fino a quel 18 marzo 1992: il Ferencvaros (1-0), nella allora Coppa delle Fiere 1967-68, i grandi rivali del Leeds di Don Revie, che si impongono sempre in Coppa delle Fiere il 14 settembre 1971 con gol del capitano Billy Bremner, e la Stella Rossa di Belgrado (2-1) il 6 novembre 1973.
This is Anfield – Il Genoa ha pareggiato 2-2 il derby pochi giorni prima. Souness deve superare le contestazioni e far dimenticare lo 0-1 interno contro il Crystal Palace. Rispetto alla sfida con la Samp, Bagnoli cambia solo Fiorin, gli preferisce Onorati. “ Osvaldo era un uomo mite. Preparava le partite sempre allo stesso modo, il fatto già di giocare contro una grande squadra era per noi una motivazione più che valida e accorgimenti tecnico tattici erano quasi inutili” ha raccontato il portiere Braglia. Per lui, sarà una notte da sogno. “Quella partita non ha cambiato solo la storia del Genoa, ma la mia vita. Mai come in quella occasione effettuai un così numero alto di parate. Ha lasciato in me un segno indelebile, come lo ha lasciato nei tifosi, perché tutte le volte che vengo a Genova ne parlano ancora con gli occhi luccicanti. Non ci sono parole per descrivere quelle emozioni, le sensazioni che ho provato quella sera sono uniche.”
La Kop si inchina – Sulla copertina del programma della partita in vendita allo stadio, rigorosamente rossa, campeggia una scritta, “Liverpool – Centenary Year 1892 – 1992”, e la foto della Spion Kop, la curva così ribattezzata nel 1906 da Ernest Jones in onore di 300 soldati inglesi che morirono sull’omonima collina sudafricana. You’ll never walk alone, come sempre, è da brividi. Il match è palpitante ma di correttezza esemplare. Il Genoa impiega 27 minuti per sgonfiare i Reds. Saunders la manca in area, Onorati prende palla e lancia sulla destra Ruotolo, che si allarga e mette in mezzo. Skhuravy al limite dell’area piccola tocca verso il centro e manda a vuoto tutta la difesa inglese. Aguilera dalla parte opposta, tutto solo, stoppa di petto e di controbalzo riscrive la storia: 1-0 Genoa. A Liverpool. Ad Anfield. Ora il Liverpool deve segnare quattro gol per passare il turno, ma si getta avanti a testa bassa: la qualificazione si può anche perdere, l’orgoglio no. Tutti sanno che li aspetta una partita di grande sacrificio a quel punto. Braglia per una notte si trasforma nel miglior portiere del mondo, salva su Jones, Barnes e Rush ma l’ex Juve riesce comunque a batterlo, di testa, su calcio d’angolo. Il 3-5-2 di Bagnoli tiene, Braglia continua a sfoderare magie anche nella ripresa, su Marsh e due volte su Moelby. E al minuto 27, sempre quello, il numero dei sogni che diventano realtà, Skhuravy triangola con Eranio che si invola sulla destra. Il suo rasoterra incontra in area “Pato” Aguilera che incrocia col destro. È 2-1 Genoa. A Liverpool. Ad Anfield. Il Genoa è la prima squadra italiana a espugnare la fortezza dei Reds. Dopo il fischio finale dalla Kop parte un applauso scrosciante che coinvolge tutto lo stadio. Un tributo memorabile per una notte indimenticabile.
La fine di un sogno – Il resto è storia. Aguilera riserva la sua terza tripletta stagionale in Europa all’Ajax, l’1 aprile 1992, ma non evita la sconfitta per 2-3 a Marassi. Al ritorno è squalificato, al suo posto gioca Maurizio Iorio, che riapre i giochi al 35’. Per quasi mezz’ora, intervallo compreso, la finale sembra possibile. La splendida avventura si ferma a un passo dal sogno, per il gol di Bergkamp. Ma resterà per sempre il ricordo il ricordo di una sera in cui il Genoa non ha camminato da solo.