Vigorelli, l’agente di Astori: “Non ci voglio credere. Per me Davide era come un figlio”
Faccio fatica a crederci. Un ragazzo d’oro, un ragazzo d’oro. Non posso pensare che sia tutto vero. Non ci voglio credere. Per me era come un figlio. Davide era uno a cui non potevi non voler bene e i presidenti stravedevano per lui. Come uomo era eccezionale, educatissimo, che veniva da una famiglia perbene. Avrebbe chiuso la carriera a Firenze perché lì stava bene.
Claudio Vigorelli è l'agente di Davide Astori, il capitano della Fiorentina trovato morto nella propria stanza d'albergo. Di quel ragazzo stroncato a 31 anni da un attacco di cuore aveva seguito tutta la carriera, lo aveva accompagnato lungo il percorso che lo ha condotto fino alla Nazionale. A giorni avrebbe messo nero su bianco per legarsi ulteriormente alla maglia viola: una firma per la vita, di quelle che oggi sono impensabili a giudicare dal valore di una parola data e di un contratto stracciato dalla sera alla mattina. Astori, no. Lui era un ragazzo diverso perché normale: un professionista e un calciatore, non un attore di fotoromanzo tra campo e palcoscenico.
Per me, era come un figlio perché lo guardavo crescere, anno dopo anno, stagione dopo stagione – ribadisce il procuratore nell'intervista al Corriere dello Sport -. Avevo lavorato con lui da quando giocava per le squadre giovanili del Milan. Dalla Primavera, anche gli Allievi. Era il capitano della Fiorentina, faceva parte della squadra nazionale e aveva giocato per alcune squadre importanti. Come uomo, era eccezionale, un ragazzo molto educato che proveniva da una famiglia rispettabile. Suo padre è una persona fantastica. Perché è successo tutto questo?
Vigorelli non si dà pace. Non può. Né lui, né i familiari, né la compagna del calciatore (Francesca Fioretti). Come si fa ad accettare una cosa del genere? Non si può. Epensi che sia tremendamente ingiusto, spietato che un giovane di 31 anni sia morto così.
Davide era qualcuno che non potevi amare, il compagno di squadra che tutti avrebbero voluto avere. Persino i suoi presidenti erano pazzi di lui. Nel corso della sua carriera, mi sono occupato di tutti i suoi trasferimenti: prima i piccoli e poi quelli a Cagliari, Roma e Fiorentina. Avrebbe chiuso la sua carriera in Viola perché lì era felice.