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Verso Inter-Juventus: il ‘rivoluzionario’ Conte, gli arbitri e il ‘conservatore’ Sarri

Domenica a San Siro in scena il 200° derby d’Italia di campionato tra Inter e Juventus, attualmente prima e seconda in classifica. Sulla panchina nerazzurra, l’ormai ex simbolo di juventinità, Antonio Conte che si è già calato nel ruolo di Comandante della rivoluzione. Su quella bianconera Maurizio Sarri che sta cercando di coniugare il suo credo calcistico con la ‘conservazione del potere’ senza dimenticare che dalle parti della Continassa ‘vincere non è importante, ma è l’unica cosa che conta’.
A cura di Michele Mazzeo
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Archiviata la Champions League per Inter e Juventus è tempo di rituffarsi a pieni polmoni nel campionato. Domenica sera a San Siro saranno una contro l’altra e in palio ci sarà la vetta momentanea della classifica ma non solo. Il 236° Derby d’Italia (il 200° per quanto riguarda il solo campionato del Bel Paese) sarà anche l’occasione per misurare qual è lo stato di avanzamento dei due nuovi progetti tecnici: quello dell’ex Antonio Conte da un lato, quello di Maurizio Sarri dall’altra.

Conte ritrova il suo ‘ristorante’, ma adesso 100 euro a persona forse non bastano

Antonio Conte sfiderà, per la prima volta da avversario, la sua creatura: la Juventus degli otto scudetti consecutivi o se preferite “quel ristorante da 10 euro diventato adesso da 100 euro” che lui ha avviato con il titolo da imbattuto nella stagione 2011/2012, con il successo bissato l’anno successivo e con il record dei 102 punti nella terza e ultima stagione al timone. Ma adesso, dopo l’esaltante esperienza da ct della Nazionale e i successi in Inghilterra con il Chelsea, il leccese è tornato in Serie A sulla panchina di un’Inter rivoluzionata negli uomini e nel modo di giocare, plasmata pian piano a sua immagine e somiglianza (attenzione massima, dedizione assoluta alla causa, grande intensità ed esaltazione nella sofferenza: i punti cardine della nuova Inter).

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Da capitano e simbolo della Juventus a ‘nemico pubblico numero uno’

Uno dei simboli della ‘juventinità’ da calciatore prima (per 5 stagioni, dal 1996 al 2001, è stato anche il capitano della Vecchia Signora) e da allenatore poi (come detto, papà del Rinascimento bianconero dopo gli anni bui del post calciopoli), si trova adesso sulla panchina dei rivali più accesi e già si è calato perfettamente nel ruolo di outsider: «Stia sereno, ora sta dalla parte forte» ha risposto a chi gli chiedeva un parere sulle lamentele di Sarri per l’orario scelto per il match di Firenze. Ed arriva allo scontro diretto della 7a giornata da primo della classe con 6 vittorie nelle prime 6 gare (come solo il ‘Mago’ Herrera era riuscito a fare da quelle parti) e dopo la gara del Camp Nou contro il Barcellona che lascia, nonostante la sconfitta, grande entusiasmo in un gruppo che sembra aver già indossato l’elmetto pronto a scendere in trincea seguendo i diktat del proprio comandante. Comandante che al termine del match contro i blaugrana si è lamentato dell’arbitraggio “casalingo” del signor Skomina: lo faceva anche quando era alla Juventus e al Chelsea ma il suo atteggiamento non era assecondato dalla società e dai tifosi.

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Il rivoluzionario Sarri a difesa del ‘Palazzo’

Sull’altra panchina ci sarà Sarri che si ritrova così a giocare il suo secondo big match da allenatore della Juve in campionato, il primo in panchina (contro il “suo” Napoli non c’era a causa della polmonite) dalla parte “forte”, dalla parte di chi domina la Serie A da otto anni consecutivi macinando punti su punti, vittorie su vittorie, record su record, dalla parte di chi vuole difendere “il suo palazzo e il suo potere” (per usare un’espressione utilizzata dallo stesso tecnico toscano quando era sull’altra riva del fiume con i partenopei). E lo farà con una formazione che sta assimilando i suoi precetti ma che il nuovo allenatore non ha completamente rivoluzionato nell’anima, ma sta mantenendo quanto di buono ha trovato al suo arrivo (assetto difensivo e centrocampo) aggiungendo qualche ingrediente tipico del suo calcio (verticalizzazioni e pressione alta in fase di recupero palla). Una formazione che arriva da seconda in classifica (a due punti dai nerazzurri) e con la consapevolezza, acquisita soprattutto nei due match di Champions League disputati fin qui, di essere un top club capace di andare a dettare legge in casa del “rognoso” Atletico Madrid del Cholo Simeone e di gestire con grande intelligenza un avversario “tikitakeggiante” come il Bayer Leverkusen.

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Dall’altra parte della barricata: il Comandante e la ‘conservazione del potere’

Ma quello juventino non sembra essere più un Sarri “Comandante”, quello a capo della rivoluzione popolare contro chi detiene lo scettro, quello che prima di una partita di Champions per caricare i suoi diceva «credo che in 18 persone si possa fare un colpo di Stato e prendere il potere». Si tratta piuttosto di un Sarri “Conservatore” (che poi è l’evoluzione naturale di chi quel potere in un modo o nell’altro se l’è preso) che pare essersi già convertito al credo di Boniperti, trasformato in mantra dalle parti della Continassa, “vincere non è importante, ma l’unica cosa che conta”, per il calcio-champagne fatto vedere a Napoli ci sarà tempo (anche se non sarà mai lo stesso), al momento non è in cima alla lista delle priorità. Ma non si tratta di un nuovo Sarri (gli allenamenti metodici, il drone e il libro di Bukowski sul comodino che spariglia gli appunti sulla squadra avversaria ci sono sempre) ma soltanto di un rivoluzionario che ha portato la sua rivoluzione nel “palazzo” e adesso si trova a fare i conti con la “conservazione del potere”. La vera impresa adesso sarà attirare le stesse simpatie anche dall’altra parte della “barricata” vincendo e innovando.

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