Vardy e il vizio di bere: “La vodka m’impediva di guarire dagli infortuni”
The dark side of the moon, il lato oscuro della luna. Oppure della forza, che siate amanti dei Pink Floyd oppure della saga di Lukas poco importa. Il concetto è lo stesso: nella vita di una persona ci sono silenzi troppo duri da raccontare e altri che puoi tenere segreti fino a quando resti nel cono d'ombra. E' successo anche a Jamie Vardy, il calciatore venuto dai dilettanti divenuto bomber d'Inghilterra, genio esploso con Ranieri e sregolatezza che lo ha portato a mettersi nei guai più di una volta quand'era ancora un ragazzo dalle spalle strette.

Prima il braccialetto elettronico alla caviglia, quello segnaletico perché le forze dell'ordine ne monitorassero gli spostamenti, conseguenza di una violenta rissa in un pub. Poi la rivelazione di quel vizio di bere che ha rischiato di mandare alla malora, oltre alla sua carriera, anche la vita. La buona stella di Jamie, però, ne ha protetto il cammino e gli ha riservato una seconda, buona opportunità fino a tramutarsi in icona del Leicester che ha strabiliato tutti in Premier e adesso si gode la seconda vittoria nella fase a gironi di Champions. Quella col Porto di martedì sera è speciale, è la prima in assoluto nella storia delle Foxes al King Power Stadium. E fa niente che quest'anno i soldi messi sul piatto dalle squadre di Manchester hanno ridisegnato i rapporti di forza in vetta, la favola delle ‘volpi' delle Midlands continua.
Una storia cominciata ‘Dal nulla', proprio come il titolo scelto da Vardy per l'autobiografia ‘From Nowhere'. Tra le pagine di quel libro c'è il volto nascosto, il lato oscuro della forza di Jamie che racconta come il vizio di bere vodka gli abbia impedito di guarire velocemente da un infortunio subito qualche anno fa, quando era già attaccante del Leicester, quando – prima dell'arrivo di Ranieri – lui e Mahrez erano in panchina.
Il mio fisioterapista, Dave Rennie, non riusciva a dare una spiegazione alla cosa. ‘Da questi infortuni in genere si guarisce in fretta', mi diceva. Ma quando gli spiegai che mi piaceva bere vodka allora capì tutto… Mi mostrò cosa comportasse a livello medico, quanto fosse stretta la connessione tra il processo di guarigione lento e l'abuso di alcool. Anche da lì ho capito che dovevo smettere.