Cari violenti, furbetti e tuffatori di professione col VAR è finita la pacchia
Il sistema del VAR non è perfetto, vero. La tempistica va migliorata, siamo d'accordo. Così come non è pensabile che il potere decisionale dell'arbitro diventi una sorta di surrogato del supporto tecnologico e si ricorra alla moviola in campo anche per episodi che possono essere disciplinati con un sì oppure un no. Tornare indietro è folle. Ha ragione Allegri quando fa notare che così il calcio non è più uno sport ma diventa altro e c'è il rischio "che le partite durino quattro ore".
Però, una cosa è certa: adesso anche i furbetti dell'area di rigore, i ‘tuffatori' di professione, i calciatori che confondono il gioco maschio con le gomitate in faccia all'avversario, i provocatori/scorretti che l'hanno sempre fatta franca approfittando delle mischie e della concitazione dell'azione, gli arbitri lontano dall'azione o con la visuale coperta non hanno alcuna attenuante. Una possibilità per rendere giustizia (non fare giustizia, perché il VAR non è strumento punitivo) finalmente c'è. E la consapevolezza da parte di tutti gli interpreti dell'esistenza di questo mezzo è un ottimo deterrente, molto più rispetto alla prova tv perché adottato in tempo reale e non a posteriori.
Sono quattro i casi previsti per la moviola in campo: 1) in caso di infrazioni commesse in occasione di un gol, che può essere annullato oppure convalidato; 2) di concessione oppure mancata assegnazione di un calcio di rigore (è il caso del fallo commesso dentro/fuori area o del fallo di mano); 3) relativamente a un'espulsione da comminare per condotta violenta o per un fallo commesso a palla lontana (è questa la ragione dell'ammonizione a Lichtsteiner che, in possesso del pallone, avrebbe allargato il braccio commettendo un gesto pericoloso ma non con l'intenzione di far male); 4) evitare lo scambio di persona, ovvero che un calciatore venga sanzionato ingiustamente.
Per ogni decisione il direttore di gara ha due opzioni: può scegliere di fidarsi degli assistenti video oppure sincerarsi di persona dell'episodio visionando a bordo campo l’azione contestata. In ogni caso l’ultima parola spetta sempre a lui, l'arbitro in campo. Il resto, compreso il panegirico sulla cultura sportiva un tanto al chilo, è solo chiacchiere e distintivo.