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Un pentito accusa Messi: “Le sue partite benefiche servono per riciclare denaro sporco”

Secondo una clamorosa indiscrezione arrivata dalla Spagna, i match benefici della fondazione dell’argentino sarebbero serviti per coprire i traffici illeciti di alcuni narcotrafficanti. L’accusa arriverebbe da un pentito che, negli Stati Uniti, starebbe collaborando con le forze dell’ordine.
A cura di Alberto Pucci
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Non è un bel momento per Leo Messi. Nonostante il "Triplete" in Spagna e nonostante la sua Argentina sia in corsa per arrivare in finale nella Copa America, il talento del Barcellona è stato "investito" nelle ultime ore da una notizia di certo poco divertente. Come riportato dal quotidiano spagnolo "El Mundo", la "Dea" americana ("Drug enforcement agency") avrebbe messo sotto accusa le partite benefiche organizzate dalla "Messi & Friends": gare organizzate dal padre della "Pulce" e giocate, principalmente, in alcuni paesi dell'America Latina nel 2012 e 2013. Le indagini dell'agenzia antidroga statunitense, sugli incontri organizzati da Lionel Messi e da altri calciatori del Barcellona, sarebbero partite dopo una "soffiata" arrivata da un pentito, attualmente rinchiuso in carcere, che avrebbe dichiarato che le partite sarebbero solo un modo per riciclare denaro da parte di alcuni principali cartelli della droga messicani.

In mezzo a questo giro, secondo l'accusa, ci sarebbero i narcotrafficanti de il "Los Valencia": organizzazione criminale che si occupa prevalentemente del traffico di marijuana in Messico ma anche in tutto il Centroamerica. Un brutto colpo per il giocatore del Barcellona e per alcuni suoi compagni, già interrogati dagli investigatori americani rimasti colpiti dall'esistenza di un conto corrente alla "Carribean National Bank" di Curaçao, noto paradiso fiscale, e di un versamento di 1,3 milioni di dollari. Dani Alves e Mascherano, infatti, sono stati ascoltati dalla "Dea" e hanno dovuto dare spiegazioni e informazioni su eventuali compensi ricevuti per la loro partecipazione a queste gare benefiche. Ad essere ascoltato per primo, però, è stato Guillermo Marin: importante impresario, figura importante per l'associazione e per l'organizzazione di grandi eventi in Sud America e amico del campione argentino e del padre, entrambi già indagati in passato per evasione fiscale.

Nel lungo interrogatorio, Marin ha ammesso l'esistenza del conto bancario, ma ha negato che parte di quei soldi sia stata utilizzata per pagare i giocatori. Una tesi smontata, però, dagli agenti americani che hanno scoperto una serie di email spedite da Marin all'agente dell'attaccante Robert Lewandowski. In una di queste, Marin si presenta come "responsabile dell'organizzazione delle partite di Messi & Friends", specificando il compenso per il polacco in caso di sua partecipazione alla partita. Secondo la "Dea", i movimenti di denaro fatti da Marin e da altri imprenditori, tutti di nazionalità colombiana, sarebbero legati al riciclaggio del famoso cartello messicano: tesi sottoscritta anche dalla Guardia Civil spagnola, che insieme agli americani sta lavorando sul caso già da settimane.

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