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Un ct sotto inchiesta per frode sportiva dovrebbe dimettersi. In un Paese normale

Antonio Conte rischia il rinvio a giudizio per frode sportiva dopo essere stato squalificato per omessa denuncia. La chiusura delle indagini sul Calcioscommesse della Procura di Cremona ha ricordato all’Italia del pallone che nell’armadio ci sono scheletri e casi più gravi di un fuorigioco. Che la credibilità, come la matematica, non è un’opinione e nemmeno questione di prospettiva.
A cura di Maurizio De Santis
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Ieri squalificato per omessa denuncia, oggi potrebbe finire sul banco degli imputati per il reato di frode sportiva. Antonio Conte, ct della Nazionale, dovrà difendersi da quell'accusa che è un'infamia perché le sanzioni della Procura Federale sono nulla (una specie di buffetto) rispetto alle ragioni poste dalla Procura di Cremona che ha chiuso le indagini sull'ennesimo filone del Calcioscommesse. Non arriveranno le dimissioni, in qualsiasi altro Paese sarebbero state la logica conseguenza di una situazione così grave perché se a Palazzi bastò la versione del ‘ha fatto finta di non sapere' per comminare punizioni successivamente edulcorate (10 mesi poi ridotti a 4) ai pm lombardi no, non è sufficiente questa versione dei fatti per spiegare quel pasticciaccio brutto di (presunte) combine, mazzette e incontri taroccati.

Non arriveranno le dimissioni, non è nella prospettiva italiana. Abbandonare l'incarico perché sotto inchiesta giudiziaria per un'imputazione molto grave non è una buona abitudine, non è nostro costume. "In fondo ha già pagato", è il leit-motiv della morale corrente che assolve con libera estensione interpretativa delle regole e del garantismo.

Non arriveranno le dimissioni, nel gergo della nostra Federcalcio (come in altri ambiti della vita pubblica) è lettera morta, parola considerata abuso della lingua. Non s'è fatto da parte il presidente Carlo Tavecchio dopo la gaffe imperdonabile su ‘Opti Poba', dopo le frasi sui mangia-banane (anzi, le società lo hanno eletto a maggioranza bulgara), nonostante la profonda riprovazione – con relative sanzioni – di Uefa e Fifa. A proposito, sapete cosa fece la Procura federale, la stessa dei processi sportivi su scommesse e traffici vari? Archiviò il caso perché ritenne non vi fossero fatti di rilievo disciplinare. Non si farà da parte Conte che parla di merito, di maglie che vanno sudate, sani principi ed è costretto a fare i conti con il suo passato recente. Ma non c'è alcun complotto nei suoi confronti. Nessuna trama di Palazzo o regìa particolare dietro il naturale percorso compiuto dagli inquirenti in questi quattro anni e ora giunti alla fase più calda, quella dei rinvii a giudizio e dei processi che dal prossimo autunno vedranno sfilare le oltre cento persone coinvolte.

Non arriveranno le dimissioni, nemmeno dopo il tira e molla con i club (in particolare la Juventus) sulla questione degli stage e delle date stagionali da rivedere per aiutarlo nel lavoro in Nazionale. Pure lui mal tollerava le pretese del ct di turno. Pure lui, quand'era tecnico dei bianconeri, prediligeva l'interesse (comprensibile) di parte. E adesso che sta sul fronte opposto della barricata perché dovrebbero pendere dalle sue labbra ed essere così disponibili? La credibilità, come la matematica, non è un'opinione. Però in Italia tutto si riduce a una questione di prospettiva.

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