Uefa: la Serie A è il campionato più indebitato d’Europa
La Serie A rimane il campionato più indebitato d'Europa. Nonostante i 170 milioni di ricavi in più, frutto soprattutto del nuovo accordo per i diritti tv, la Uefa certifica 290 milioni di rosso per il calcio italiano. Dal documento di prossima pubblicazione, anticipato oggi aui principali quotidiani sportivi, emerge un quadro leggermente migliorato del calcio europeo al 31 dicembre 2015. Cinque anni fa, il deficit ammontava a 1,6 miliardi di euro, ora invece è ridotto a 323 milioni con 25 campionati che chiudono in attivo.
Strapotere Premier – La Uefa non può che certificare lo strapotere economico della Premier League che registra ricavi per 4,4 miliardi, più della Bundesliga e della Liga messe insieme. E nel bilancio 2015 ancora non compare il nuovo contratto per i diritti tv da 2,4 miliardi di euro l'anno. Sono proprio i diritti tv a spingere il calcio inglese al vertice d'Europa, come sottolinea anche l'ultimo rapporto KPMG sul valore delle squadre del Big 5: i club più ricchi della Premier League, infatti, con un valore aggregato superiore ai 10 miliardi, rappresentano quasi il 40% del totale dei primi 32 club del continente.
L'effetto si traduce anche nella spesa record di 1,38 miliardi di dollari nell'ultima finestra di calciomercato: i club hanno più risorse che mai, sottolinea all'agenzia Press Association Sport Tim Bridge di Deloitte, “e dopo il titolo del Leicester la pressione non è mai stata più forte sui primi 4-6 club di Premier, soprattutto Manchester United, City e Chelsea. Probabilmente nei prossimi due anni vedremo ancora una spesa altissima, poi molto dipenderà dal prossimo contratto con le tv”.
Juve guida in Italia – In Serie A, anche come effetto domino per la cessione al Manchester United di Pogba, il giocatore più pagato di sempre, l'inflazione si sente e si torna a spendere, anche se l'aumento non poi così elevato. Juventus, Roma e Inter hanno speso più di metà dei 700 milioni investiti quest'estate in tutta la serie A. Non è un caso che i bianconeri siano l'unica formazione italiana nella top-20 europea per fatturato, 325 milioni nel 2015 con la certezza di salire ancora per il 2016. Il fatturato sbiadisce di fronte ai quasi 600 milioni delle superpotenze Real Madrid e Barcellona ma basta a fare il vuoto in Italia. Non possono competere Milan (217 milioni), Roma (181) o Inter (172) e la Juve può avviarsi al record di sei scudetti consecutivi e a un posto nella storia.
L'Italia paga soprattutto la cronica dipendenza dai diritti tv e l'incapacità di diversificare le fonti di ricavo. Come nel 2014, la Serie A rimane all'ultimo posto nel Big 5 per ricavi commerciali con sei squadre, comprese Roma, Lazio e Fiorentina impegnate nelle coppe europee, senza sponsor di maglia: un segno evidente della perdita di appeal locale e internazionale della Serie A. Ma l'appeal si riduce anche nei confronti dei tifosi, sottolinea l'ultimo rapporto KPMG. Gli stadi italiani, che potrebbero garantire la seconda maggior affluenza d'Europa, si riempiono raramente per più del 50%. Ancora una volta fanno eccezione la Juventus, con il 93,2% di riempimento, e l'Inter, con la più elevata affluenza media in stagione.
L'Italia ha sicuramente beneficiato in misura notevole dei premi Uefa, che hanno distribuito 462 milioni di euro tra il 2012-13 e il 2014-15. Le squadre di SerieA hanno incassato meno solo delle tedesche dalla sola Champions League e hanno ricavato 91 milioni dall'Europa League, anche alla luce delle 13 partecipanti e del più alto market pool.
Il fair play finanziario – L'introduzione del fair play finanziario, sottolinea il report Uefa curato proprio dal responsabile del club licesing e del FFP Andrea Traverso, ha limitato i costi complessivi del calcio europeo ma non ha frenato gli investitori, che hanno speso 6 miliardi di euro. Sono 27 i club che hanno firmato un “settlement agreement”, che hanno di fatto patteggiato con la Uefa, come Inter e Milan, con un rosso complessivo di 440 milioni. La situazione peggiore è del CSKA Sofia e di due club turchi (campionato con 200 milioni di passivo aggregato ma con ricavi in aumento grazie alla crescita degli spettatori), Galatasaray e Kademir, esclusi dalle coppe europee. In osservazione, oltre ai soliti City, Psg e Zenit, rimangono Rubin Kazan, Monaco, Dinamo Zagabria, Besiktas, Fenerbahçe, Trabzonspor, Lokomotiv Sofia, Astana.
Milan, accordo volontario – E il Milan “cinese” sembra orientato al voluntary agreement, vista l'impossibilità di rispettare i parametri del fair play in caso di qualificazione alla Champions o all'Europa League alla luce degli 89 milioni di passivo nel bilancio al 31 dicembre 2015. Il Milan andrà incontro a restrizioni ma, a differenza dell’Inter e della Roma, non dovrà pagare subito una multa e a non vedersi calcolato in materia di FFP il passivo delle ultime tre stagioni. L’ad Fassone, scrive il Corriere dello Sport, “andrà a Nyon con un business plan che prevede il pareggio del bilancio da raggiungere anche attraverso un aumento dei ricavi (non legato ai risultati sportivi) già garantito dall’accordo tra i cinesi e Berlusconi”. Un'opportunità possibile ora per la cessione ai nuovi proprietari che si devono comunque impegnare a garantire tutte le perdite con una fidejussione.
Cambiare il FFP – Il Barcellona, però, ha invocato modifiche alle regole sul fair play finanziario introdotte nel settembre 2009, per cercare di contrastare lo strapotere economico della Premier League che ha investito sul mercato il triplo rispetto alle squadre spagnole e più del doppio delle tedesche. “Quando il FFP è stato introdotto – ha detto a ESPN il direttore sportivo Albert Soler -, la Premier League non aveva così tanti soldi come oggi, per cui va adattato. Non è normale che ci siano differenze così marcate. Se si va avanti così, con una squadra in grado di spendere 120 milioni per un solo giocatore, i prezzi dei calciatori continueranno a salire”. L'Uefa, però, ammette Traverso, “non può far granché contro questa tendenza. «È dovuta all'attrattività commerciale di alcuni club, sempre più importante in un mercato globalizzato”.
La nuova Champions – Ecco spiegata la pressione da parte di Juventus e Bayern per arrivare al nuovo format della Champions League con i quattro posti garantiti alle prime quattro classificate in Serie A, Bundesliga, Liga e Premier League. La riforma, che partirà dal 2018, prevede un significativo aumento dei contributi finanziari tanto in Champions quanto in Europa League e un nuovo sistema di distribuzione basato su quattro pilastri (contributo iniziale, rendimento nella competizione, coefficiente individuale per club e market pool), con le prestazioni più rilevanti del market pool. È una riforma che renderà i ricchi sempre più ricchi. Basterà a non rendere la Serie A sempre più povera?