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Tsunami sul calcio: dopo due anni, i giocatori hanno diritto al tempo indeterminato

A ottenere l’incredibile sentenza a favore è stato il 36enne Heinz Muller, ex portiere del Mainz che ha vinto in primo grado la sua vertenza con il club. Se venisse confermata in secondo grado e in Cassazione, il mondo del calcio subirebbe una trasformazione epocale maggiore di quanto non accadde con la legge Bosman.
A cura di Alessio Pediglieri
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"Dopo due anni di contratto anche i giocatori hanno diritto ad un rapporto di lavoro indeterminato". E' stata questa la sentenza emessa in promo grado che ha shockato il calcio: il giudice Ruth Lippa ha dato ragione ad Heinz Müller, 36 anni ex portiere del Mainz, club con cui ha concluso il rapporto per il naturale concludersi del contratto, impugnato dal giocatore che pretendeva un rinnovo a tempo indeterminato. Una richiesta che non aveva precedenti e che nessuno ha preso sul serio, fino alla decisione del tribunale che ha equiparato la categoria dei calciatori a quella di qualsiasi altro lavoratore soggetto a contratto. Così, dopo due anni consecutivi scatterebbe anche per i calciatori l'assunzione in piena regola. Uno tsunami. Che potrebbe sconvolgere il mondo del pallone, le sue regole e il mercato perché vorrebbe dire che una società sarebbe costretta a stipendiare fino alla pensione i tesserati con cui decide di unirsi per più di due anni di fila.

Ovviamente non potrà mai accadere ma ad oggi, quello che era sembrato solo un tentativo velleitario di un portiere che non si rassegnava al trascorrere degli anni, potrebbe diventare una pietra miliare che scardinerebbe un sistema che da sempre si auto-regolamenta in barba alle canoniche leggi sul lavoro.  E Muller si ritroverebbe un po' come si trovò l'altrettanto semi-sconosciuto Bosman finito alla ribalta delle cronache e di filato nella storia del calcio per averne cambiato per sempre le regole di mercato. Ma ciò che si prospetta con quella che alcuni già definiscono "Legge Muller" è una vera e propria bufera che sconvolgerebbe le fondamenta del sistema.

Basti pensare che una società si dovrebbe accollare decine e decine di giocatori per altrettanti anni, fino all'età pensionabile, mentre sarebbe costretta a ingaggiarne altri per ottemperare alle esigenze del campo. Creando un'infinito numero di dipendenti non più abili per limiti raggiunti d'età a giocare ma che, sotto stipendio, dovrebbero essere inseriti in altre mansioni. Uno scenario apocalittico e per questo impossibile da accettare. Ma in primo grado Muller ha avuto ragione e adesso al Mainz toccherà ricorrere in appello.

Il tribunale ha semplicemente applicato la norma del lavoro secondo la quale al terzo rinnovo consecutivo di contratto scatterebbe l'assunzione, al di là di scadenze, postille e clausole. Considerando il calciatore alla stregua di qualsiasi altro lavoratore, anche se ovviamente così non è. Ed è proprio questo l'appiglio del Mainz e del suo studio legale che subito si è opposto alla sentenza confermando che i giocatori sono una categoria anomala le cui prestazioni professionali sono valide per soli brevissimi periodi di tempo dettati da questioni puramente fisiche. Adesso però ci sarà da lottare e probabilmente il Mainz avrà il supporto del mondo del calcio che si vedrebbe altrimenti spinto verso il baratro. Da un lato società stracolme di dipendenti in attesa di pensionamento dai 35 anni in su e dall'altro con gli stessi calciatori che per esigenze economiche riceverebbero stipendi ‘normali' per permettere i club di spalmarli a tutti.

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