Tre pecche e una nota lieta, a Manchester il Napoli scopre Diawara
Manchester City-Napoli è stata una partita turbinante, divertente, anche un po' folle, ma alla fine dei 90 minuti ha cambiato pochissimo di quello che già si sapeva della squadra azzurra. Il Napoli gioca un calcio molto propositivo, molto più veloce e con meccanismi meglio affinati rispetto allo scorso anno. Sarri è riuscito ad eliminare quei piccoli dettagli negativi che hanno frenato la squadra soprattutto contro quelle formazioni che riuscivano a intercettare i triangoli di gioco fra terzino, mezzala e attaccante esterno. È aumentata la velocità, la personalità degli interpreti, la fiducia nel gioco e tutto adesso sembra oliato alla perfezione.
Pregi e difetti, le scelte discutibili. Ma la partita di ieri ha anche avanzato dei dubbi, soprattutto per quel che riguarda alcune scelte di Sarri, prima e nel corso della partita. La prima scelta riguarda la necessità di giocare sempre con i titolari in attacco. A metà del secondo tempo Insigne si è fermato perché gli adduttori erano al limite. Ma era una cosa molto prevedibile se l’attaccante napoletano deve sobbarcarsi tutte le partite di campionato e quelle della Nazionale da protagonista atteso in un ruolo sfiancante, perché gli sono affidati anche compiti difensivi molto importanti per l’equilibrio di squadra.
L’infortunio di Milik ha creato il problema della coperta corta. Ma il non riuscire a pensare a reali sostituti sugli esterni nel lungo periodo non è sopportabile da una squadra impegnata su tre fronti. Già in fase di mercato, errore di De Laurentiis più che di Sarri, questa problematica poteva essere considerata e ‘sanguina' la mancata chiusura di Berardi che al Sassuolo sta oltretutto involvendo per pochi stimoli.
Senza argine. Dopo i primi 10 minuti del Manchester City, a dir poco burrascosi, con un gol segnato e un predominio fisico-atletico impressionante, Sarri avrebbe potuto considerare un leggero schiacciamento delle linee di centrocampo e difesa per attutire la forza degli attacchi inglesi. Invece anche in conferenza stampa ha parlato di difficoltà nel pressare alto, nella difficoltà nei primi 30 minuti di “andarli a prendere” quando non avevano ancora avviato il flusso di gioco. Contro una squadra qualitativamente migliore, che ti impone il picco di ritmo a inizio partita, una scelta potrebbe invece essere calare il pressing e stringere le linee, per non esporsi agli strappi inafferrabili di cui ha parlato Sarri in conferenza stampa.
La trappola di Pep. Sapendo che il Napoli pressava in quel modo, senza soluzione di continuità, Guardiola è riuscito a creare 30 minuti nei quali avrebbe voluto ammazzare la partita e una squadra avversaria in trasferta e senza l’esperienza giusta per reggere quell’urto. Ci è riuscito in parte, segnando solo due gol (anche se almeno altri due sarebbero potuti arrivare). Il Napoli è caduto in questa trappola e anche se si è rialzato dal 30’ in poi, la cena era già in tavola.
Le mosse tattiche di Guardiola. Quel genio di Guardiola poi è riuscito anche in un’altra cosa molto importante. Ha tolto a Sarri Koulibaly come fonte di gioco alternativa. Quello che non era riuscito a Di Francesco sabato, facendo assaltare Jorginho da Nainggolan per poi vedere impostare la manovra di risalita palla da Koulibaly. Guardiola invece lo ha fatto, grazie a un lavoro incredibile di Gabriel Jesus. Bloccando le fonti Diawara (che ha mostrato grande personalità in occasione del rigore) e Koulibaly, Guardiola ha chiuso la fascia centrale al Napoli, prendendola completamente.
Solo quando Sarri ha capito che era un territorio minato, in cui si continuavano a perdere pericolosissimi palloni ha spostato la risalita del gioco sugli esterni, emergendo dalla pressione inglese. Queste indicate sono tre pecche che dicono due cose molto interessanti: la prima è che Guardiola ha studiato e rispettato Sarri, cercando di colpirlo dove era più debole. La seconda è che Sarri farà lo stesso al ritorno, quando assisteremo ad un’altra grande partita.