Trabelsi, dal calcio alla jihad tra le braccia di ‘papà Bin Laden’
Nizar Trabelsi ha 45 anni, da una decina non gioca più. Una brutta storia di alcool, droga e doping ne fermò la carriera scandita da alti e bassi, fino al campionato regionale tedesco tra le fila del Neuss. L'attaccante tunisino appese le scarpette al chiodo e decise che la guerra in Afghanistan combattuta dalla parte di Bin Laden fosse un segno del destino, proprio come l'incontro con l'ex capo di Al Qaeda che arrivò a definire come un padre. La storia del tunisino sembrava persa nelle curve della memoria, finita in qualche angolo remoto d'una cella negli Stati Uniti dove stava scontando una condanna tramutata in ergastolo. Gli Usa ne avevano ottenuto l'estradizione dal Belgio nel 2013: vi era arrivato giovanissimo, quand'era ancora un calciatore di belle speranze tra le fila dello Standard Liegi prima e poi del Fortuna Dusseldorf (in Germania).
Arrestato nel 2001, due giorni dopo l'attacco alle Torri Gemelle, venne condannato a dieci anni di carcere (2003) con l'accusa di ordire un attentato contro la base americana di Kleine-Brogle. Oggi, a distanza di due anni dall'estradizione, la sua vicenda è tornata alla ribalta perché giovedì prossimo, 17 dicembre, verrà ridiscussa l'estradizioni negli States. La Corte europea dei diritti umani gli ha dato ragione, stabilendo addirittura un indennizzo di 90mila euro e sancendo come irregolare il suo trasferimento coatto in America.
Tra le fila di Al Qaeda. L'incontro con Tarek Maaroufi (che nel 2009 perse il diritto alla cittadinanza belga per ‘condotta delittuosa') si rivelò decisivo per l'avvicinamento ad ambienti ed esponenti del terrorismo (come racconta il quotidiano spagnolo, Marca) annidati nel cuore dell'Europa quali Abou Qatada e Abou Hamza, entrambi segnalati dai servizi segreti americani quali referenti di Al Qaeda nel Vecchio Continente. Furono anni decisivi per la sua ‘formazione' fino a quando non volò in Afghanistan per abbracciare Bin Laden.