Torino, Mihajlovic: “Belotti? Bravissimo ma nessuno vale 90-100 milioni di euro”

Va bene sapere di avere un potenziale top player in squadra ma è corretto e doveroso anche mantenere i piedi ben saldi sul pavimento ed evitare facili esagerazioni. Deve averlo pensato Sinisa Mihajlovic quando gli hanno chiesto per l'ennesima volta cosa pensi di Andrea Belotti, il ‘Gallo' che le sta cantando a tutti, sia in campionato con la maglia granata sia in Nazionale con Ventura in panchina. Per il tecnico del Torino è tutto bellissimo, il giocatore è giovane e fortissimo ma con un veto: non può costare 100 milioni di euro perché nessuno vale quelle cifre. A meno che – dice Mihajlovic – scenda in campo, segni quattro gol a partita e riesca a vincere da solo partite, tornei e coppe.
Il Gallo è un pezzo pregiato della rosa granata. Gioca bene, segna tanto, è in continua crescita e finalmente sotto Mihajlovic sembra aver trovato la giusta maturazione con un mix di responsabilità e libertà che ne sprigionano le qualità fino ad oggi inespresse. Un prodotto made in Italy, arrivato dall'Albinoleffe fino alla Serie A grazie al Palermo di Zamparini. E oggi è esploso al Torino. Un'autentica bomba in area di rigore, dove riesce quasi sempre ad avere la meglio e segnare. Un classico ‘crack' che ha incuriosito i top club del Vecchio Continente, pronti a fare pazzie.
Ma proprio di questo, Mihajlovic parla: nessun giocatore vale 90, 100 milioni di euro. Nemmeno i più forti in assoluto, nemmeno chi quei soldi è costato davvero: "Non penso che un giocatore possa valere 90-100 milioni, Belotti o Pogba che sia. Se fosse così dovrebbero fare 4 gol a partita e vincere da soli. Però se c’è qualcuno che li paga così, si accomodi. Quelle cifre non sono valori reali. Mi dispiace perché se giocassi adesso varrei anche io 100 milioni ma non è realtà".
Fantascienza, o realtà distorta, figlia dei tempi moderni, tempi che Mihajlovic stenta a comprendere visto come si atteggiano i giocatori, sempre più professionali ma sempre e più spesso concentrati unicamente su se stessi. Poca comunicazione, condivisione con i compagni, senso d'appartenenza. Tutti elementi che permetterebbero un miglioramento significativo anche in campo: "Gli atleti sono più professionali rispetto ai miei tempi. L’unica cosa negativa è che comunicano poco. Una volta giocavamo a carte e parlavamo, loro si mandano i messaggini. E questo problema si riflette poi in campo dove comunichiamo ancora poco. A me piace vedere qualsiasi partita e provo a mostrarle ai miei giocatori. Più stanno insieme e discutono di calcio meglio è, anche mezz'ora sarebbe sufficiente".