Terza in Serie B e con tutti italiani in campo: il miracolo Spal
In un calcio italiano nel quale la componente “estera” delle squadre è molto marcata, trovare società che si affidino a soli calciatori italiani è ormai quasi impossibile. Col 57,6% dei giocatori stranieri impiegati in campo in Serie A ed il 21% di quelli in B, infatti, la componente nostrana si è ridotta drasticamente di anno in anno.
Basti pensare che, in sole sei stagioni calcistiche, l’impiego dei nostri ragazzi è passato dal 59,6% in A all’appena 42,4% di quest’anno con uguale sorte, e proporzioni diverse in B, dall’82,5% della stagione 2009/10 al 79% dell’annata 2016/17. La mosca bianca, in questo complesso mosaico di giocatori giunti dall'estero e presenti sui rettangoli di gioco di mezza Italia però è rappresentata dalla Spal, unica, fra B e A, ad avere in rosa solo calciatori italiani.
Fallimento, fusione con la Giacomense, la B
La società di Ferrara, 21 partecipazioni al campionato di Serie A, in pochi anni è riuscita a ricostituirsi dalle ceneri del fallimento del 2012. Per fare ciò, dopo l’onta della Serie D, in città è accaduto un fatto davvero storico: ovvero, la fusione fra la Giacomense (compagine della frazione di Masi San Giacomo) e la morente Spal. Come se il Chievo, per salvare il Verona decidesse di fondersi con esso. Una unione importante che ha posto le basi per la celere rinascita ferrarese conclusasi lo scorso anno con la vittoria della Supercoppa di Lega Pro e la promozione in B dopo ben 23 anni di assenza.
Progetto tricolore: italiani e figli d’arte
Dal 2014 il club estense è stato affidato al tecnico Semplici (ex Pisa e Arezzo) che, in poco tempo, con una media punti di 1,97 a partita, ha condotto ad altezze siderali la sua Spal. Una squadra che, da matricola della B, assieme al Benevento di Baroni, sta lottando con compagini più blasonate come Verona, Frosinone e Perugia per la promozione diretta in A (che manca dalla stagione 1967/68). Una impresa sportiva che assume poi i contorni del miracolo se si prende in esame il fatto che, in rosa, non ci sono stranieri. Una direzione dirigenziale attenta, oculata che ha posto al centro del progetto proprio i prospetti a km 0, i ragazzi di provincia o quelli che, con i biancoazzurri, sperano di attirare le attenzioni dei grandi club.
Nemmeno la Serie B, infatti, ha scardinato questa certezza con l’arrivo di calciatori esperti (Antenucci, Schiattarella, Arini e Del Grosso), di giovani di successo in prestito da Juventus, Udinese, Torino e Empoli (Cerri, Pontisso, Meret, Bonifazi) e la presenza in rosa di figli d’arte come Zigoni, Marchegiani, Beghetto e Picchi. Un programma made in Italy vincente in grado, speriamo, di poter ispirare anche altri club italiani e che, allo stesso tempo, non si ripete, in B dal 2006/07 col Mantova di Godeas, Tarana, Sommese e Cristante, e in A addirittura dal 1999/2000 col Piacenza di Lucarelli, Dionigi, Rizzitelli e del giovane Gilardino.