Chi guadagna di più, è giusto che paghi di più. Dovrebbe essere questo il principio di fondo del taglio agli stipendi dei calciatori, una riduzione degli ingaggi che in Francia è stata già attuata e in Italia è oggetto di discussione tra club e sindacato dei giocatori. Perché dare una sforbiciata? Il rischio dei mancati introiti a livello economico per l'emergenza Coronavirus non è più solo un'ipotesi ma realtà concreta: la Uefa ha sì deciso di posticipare di un anno il Campionato Europeo 2020 ma lo farà chiedendo un indennizzo a tutte le Federazioni, risarcimento che a cascata avrà riflessi anche sulle società dei singoli campionati.

Lega Serie A e Associalciatori stanno lavorando al riguardo. Lo stesso presidente della Figc, Gabriele Gravina, ha ammesso cge la vicenda "non è certo un tabù". Come verrebbe effettuata questa sorta di tassazione? Con l'applicazione di alcune aliquote direttamente proporzionali alle somme incassate dai calciatori. Una misura di tutela nei confronti di quei tesserati i cui compensi non sono esorbitanti. Sicché – secondo una stima raccontata da Il Messaggero – le fasce potrebbero essere essenzialmente cinque e ripartite in ordine crescente.

• Prima fascia, quella esonerata da decurtazioni. Ci sarebbero tutti quei calciatori che hanno uno stipendio annuo inferiore ai 100 mila euro.
• Seconda fascia, ingaggio decurtato del 15%. Vi rientrano tutti quei calciatori che percepiscono tra i 100 mila e i 500 mila euro all'anno.
• Terza fascia, taglio del 20%. È la posizione intermedia nella quale verrebbero collocati quanti guadagnano tra i 500 mila e il milione di euro.
• Quarta fascia, aliquota al 25%. Vi rientrano tutti coloro che possono vantare uno stipendio minimo di 1 milione di euro (massimo 1.5 milioni).
• Quinta fascia, tassazione al 30%. Diciamo che è la fascia dei calciatori più ricchi, quelli con stipendio che parte almeno da 1.5 milioni di euro.

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