Svezia-Italia, i cinque nodi da sciogliere in vista di Milano
La fortuna diceva Crujff è anche logica. Il palo di Darmian e la deviazione sul gol di Johansson si configurano come due indizi che fanno una prova. A Milano dunque servirà un cambio di prospettiva, di atteggiamento, di paradigma.
Il 3-5-2 non è il problema né la soluzione
Ventura cammina come una tigre in gabbia nell’area tecnica, sbraita furibondo quando la manovra nel 3-5-2 azzurro sgorga lenta. De Rossi e Verratti i destinatari dei rimbrotti, ma i due registi non riescono a trasformare con la necessaria rapidità l'azione da difensiva in offensiva. Gli otto tiri degli svedesi contro i dieci degli azzurri non raccontano tutto del match. La Svezia ha perso solo una volta su otto gare casalinghe contro l'Italia ed è ormai imbattuta da sette gare casalinghe ufficiali (sei vittorie e un pareggio). Chiellini e Bonucci sono gli unici che toccano più di 100 palloni fra tutti i 22.
E questo racconta bene un'Italia che si abbassa troppo e fatica ad essere pericolosa con continuità. La questione, come appariva già chiaro dopo la Macedonia, è di atteggiamento dei singoli, prima che di numeri e moduli. Bisogna vincere come singoli per non essere annientati come squadra.
Serve la spinta di Milano
Abbiamo sofferto la loro fisicità anche se non abbiamo concesso niente", dice in conferenza stampa Ventura, "dobbiamo lavorare sulla testa, sulla lettura di quello che è successo e non fisicamente perché si gioca fra 72 ore. Qualcosa cambieremo ma conta la voglia di ribaltare il risultato", ha aggiunto. "Ho visto lo spogliatoio, sono arrabbiati perché sanno che si poteva fare un altro risultato. Dal capitano in giù, i ragazzi hanno una voglia feroce".
"Noi potevamo fare di più e meglio" analizza, anche se la questione appare troppo semplicistica. "Ma era una partita delicata, volevamo anche gestire i 180′: poi loro l'hanno messa sulla bagarre. Sapevamo che avremmo trovato tanta fisicità, ma non così tanta. Ora sappiamo cosa ci aspetta. E loro sanno cosa li aspetta a San Siro".
Verratti deve adattarsi
Tra gli azzurri più criticati c'è Verratti che si limita a cinquanta tocchiin novanta minuti, a galleggiare sul centrodestra ma tenendosi lontano dagli ultimi 25-30 metri. Verratti però è una mezzala perfetta per il 4-3-3 che tuttavia ha bisogno di svolgere movimenti diversi occupare diversamente gli spazi nell'ottica del cambio di modulo voluto dai giocatori prima e da Ventura poi. "Non è il momento di puntare il dito", dice il c.t., "ma di compattare: nel Psg gioca con un sistema assolutamente diverso, in due giorni si deve adattare. Ma ora pensiamo a prenderci quello che pensiamo di meritarci".
Proprio dal centrocampo, però, passa questo passaggio a San Siro. È da qui che si risolvono le questioni rimaste ancora aperte da una partita che rischia di mettere l'Italia di fronte a cento milioni di problemi.
Una sconfitta da cento milioni
L'assenza dai mondiali, infatti, potrebbe costare alla federazione proprio un centinaio di milioni, scrive Marco Bellinazzo sul Sole 24 Ore.
Da una parte, infatti, il montepremi per la fase finale di Russia 2018 dovrebbe essere incrementato di circa il 20% rispetto a quello dei mondiali organizzati in Brasile quando toccò quota 576 milioni di dollari. Sono destinati a ridursi gli introiti da sponsor e tv che oggi garantiscono 70 milioni cifre a cui "si aggiungono i 18,7 milioni annui fissi dell’intesa con Puma fino al 2022 per quanto riguarda lo sponsor tecnico e, come evidenziato dal Bilancio Integrato 2016, i contratti con altri 21 sponsor. Puma, oltre al corrispettivo fisso, riconosce delle royalties legate alla partecipazione della Nazionale A ad eventi speciali come accaduto per il Campionato Europeo in Francia del 2016 quando sono state venduti oltre un milione di capi d’abbigliamento con in brand degi Azzurri. È evidente che la mancata qualificazione a Russia 2018 avrebbe un effetto depressivo anche sui contratti da stipulare con gli sponsor per il quadriennio che porta a Qatar 2022.
Altre conseguenze negative scaturirebbero, infine, dai contratti tv, che quasi certamente sarebbero rinegoziati al ribasso in caso di mancata qualificazione.
Immobile e Belotti, sì o no
Come si esce da un impasse complessa? Tornando ad orchestrare il modulo e lo stile di gioco intorno ai migliori talenti che la nazionale è in grado di esprimere in questo momento. Immobile e Belotti oggi hanno inseguito quell'integrazione che ranto bene funzionava ai tempi del Torino. Ma hanno prodotto solo due tiri e un dribbling.
Questa Nazionale può a fare a meno di Insigne?
Decisamente troppo poco per giustificare l'insistenza su una costruzione di squadra che non ne esalta i movimenti reciproci, non massimizza i tagli fuori linea e allunga la squadra senza che i lanci dalla difesa e lo scavalcamento della prima linea di pressing permettessero agli azzurri di creare una superiorità numerica. La domanda, dunque, resta spontanea: l'Italia può fare a meno di Insigne? L'impressione è che la domanda a questa domanda sia no.