Supercoppa a Gedda, Donadoni: “Anche mia moglie doveva mettersi il velo”
La finale di Supercoppa italiana, in programma a Gedda il prossimo 16 gennaio, ha fatto parlare e discutere molto. In attesa di tornare su una panchina, anche Roberto Donadoni ha voluto commentare la tanto criticata scelta di giocare a Gedda prendendo spunto da quella che è stata la sua ultima esperienza da calciatore prima del ritiro: "Posso dire con cognizione di causa che si tratta di luoghi dei quali, se non ci vai, non puoi renderti conto. E non bastano certo tre o quattro giorni per cambiare le cose".
Dal novembre 1999 all'aprile successivo, Donadoni giocò infatti con la maglia dell'Al Ittihad di Gedda vincendo un campionato e la Coppa del Re: "Io ci ho vissuto per sei mesi – ha spiegato il mister bergamasco, in un'intervista concessa a "La Repubblica" – La ritengo un'esperienza importante della mia vita, non solo per la carriera. Mia moglie andava e veniva dall'Italia. Quand'era a Gedda, doveva vestirsi con l'abaya e mettere il velo, sempre. La polizia morale, i mutawa, vigilava col frustino per chi sgarrava".
Il parere di Donadoni sulla partita
Accostato negli ultimi mesi proprio al Milan, quando l'esonero di Rino Gattuso sembrava imminente, e ancora sotto contratto fino a giugno 2019 con il Bologna (che potrebbe anche richiamarlo al posto di Pippo Inzaghi), Roberto Donadoni è ora uno spettatore interessato della finale tra i campioni d'Italia e quella che è stata la squadra più importante della sua luminosa carriera da calciatore.
"Non ho dubbi che entrambe vogliano vincere e aggiungere un trofeo alle loro bacheche – ha aggiunto il tecnico ex Bologna, di fronte ai microfoni de "La Stampa" – I bianconeri per consolidare il loro dominio e i rossoneri per risalire la china. Nel caso del Milan, un'eventuale vittoria sulla Juventus regalerebbe grande slancio per il prosieguo della stagione".