Suarez ricorda il morso a Chiellini: “Mentivo a mia moglie e a me stesso per la vergogna”
Il punto più basso e al tempo stesso più alto della carriera. Luis Suarez lo ha vissuto nel 2014 quando precipitò dall'altare alla polvere nel giro di un attimo. Il morso a Giorgio Chiellini nella sfida che sancì l'eliminazione dell'Italia dal Mondiale 2014 fu l'inizio di un incubo: l'ex ‘pistolero' passò dal Liverpool al Barcellona per oltre 80 milioni di euro ma quel trasferimento che avrebbe dovuto arrecare gioia e soddisfazione venne spezzato dalle polemiche e dal tiro al bersaglio che la critica scatenò contro l'attaccante sudamericano per quel gesto di follia che rischiò di costargli la carriera.

Più che la squalifica inflittagli a fargli del male furono le accuse e il pregiudizio che lo hanno accompagnato a lungo: a distanza di cinque anni ne parla ancora oggi, complice le domande che s'accavallano tra motivazioni personale e Copa America, con l'Uruguay che in Brasile (come allora) sarà in campo nella notte tra domenica 16 e lunedì 17 giugno.
Ho avuto bisogno di un supporto piscologico per ammettere anche con me stesso cosa avevo fatto – ha ammesso Suarez -. La realtà è che non accettavo la situazione. E questo mi ha aiutato molto ad accettare gli errori e a crescere. Ho sofferto molto, sono stato davvero male, per mia moglie, per i miei figli, per i miei compagni di squadra.
La sequenza videoclip lo riporta indietro nel tempo a quel maledetto pomeriggio del 24 giugno. E gli vengono ancora i brividi quando pensa a quella frazione di secondo che gli bastò per essere risucchiato nel vuoto. Suarez ammette le proprie colpe, non cerca scuse ma prova amarezza per il trattamento ricevuto. Per la serie, sbatti il mostro in prima pagina. E lui – che era recidivo per quanto accaduto anche nel campionato inglese – divenne il colpevole perfetto del delitto perfetto da consegnare al pubblico.
Mia moglie mi chiedeva cosa era successo e le dicevo che ci eravamo solo scontrati – ha aggiunto Suarez -. Non accettavo la realtà e quello fu un grosso errore. Però sono stato trattato in maniera disumana tant'è che quando il Barcellona mi chiamò per firmare il contratto piansi perché stavo malissimo. Non ci fu nemmeno una presentazione. Pensavo che la mia carriera fosse alla fine.