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Spal, il giardino di Semplici: una storia nata in oratorio

La storia della Spal è cominciata in un oratorio. Il bianco e l’azzurro sono i colori dei salesiani. Irripetibili le 13 stagioni in A tra gli anni ’50 e ’60. Era la squadra del presidente Mazza e di Massei. Poi molte stagioni difficili e il biennio d’oro con Fabbri, i due fallimenti e il capolavoro di Semplici.
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“Auguro alla Spal di tornare in serie A il più in fretta possibile. Lo merita ampiamente”. L'augurio di Max Allegri, che qui ha lanciato la sua carriera dopo l'anno all'Aglianese, si è rivelato di buon auspicio certificando il valore di una squadra e di una città che nel calcio hanno trovato un motivo d'orgoglio e un sogno dal sapore antico. Nella squadra di Semplici, di Manuel Lazzari pescato in serie D, del capocannoniere Antenucci, di Floccari arrivato a gennaio, rivive il capolavoro dell'era di Paolo Mazza. Nell'entusiasmo di capitan Arini e di Meret, gioiello di vent'anni della scuola dei portieri italiani già convocato da Ventura in nazionale, si rispecchiano i tredici anni in Serie A, si rivede il periodo più bello di una centenaria avventura in bianco e azzurro. I colori dei salesiani.

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La nascita all'oratorio

Sì, perché la Società Polisportiva Ars et Labor, acronimo Spal, nasce in oratorio. È don Pietro Acerbis a creare l'Ars et Labor, prima solo circolo ricreativo in cui i ragazzi dipingono, si dedicano alla ginnastica o al ciclismo. Nell'oratorio festivo di via Coperta, il pallone entra da subito, nei giochi all'aperto, grazie a don Pastorino che, scrive Luciano Maragna nel libro “Lo stadio Comunale Paolo Mazza di Ferrara”, porta a Ferrara la passione vissuta nella sua natale Siena. Nel 1912 il circolo sportivo si separa da quello artistico e nel 1913 nasce la polisportiva. I venti di guerra, però, spostano l'esordio al 1919 (prima partita il 16 giugno, sconfitta 4-1 contro la Triestina, di Bombonati il primo gol nella storia della Spal). La storia pre-girone unico racconta al massimo di una semifinale nel 1922 contro la Sampierdarenese, una delle due metà della futura Sampdoria, a pochi giorni dalla marcia su Roma.

Arriva Paolo Mazza, inizia la leggenda

Il secondo dopoguerra, però, è un'epoca d'oro. Rinasce l'Italia, nasce la grande Spal del presidente Paolo Mazza, cui oggi è dedicato lo stadio di Ferrara. Mazza concepisce prima del tempo il valore del calciomercato e delle strutture di allenamento: la Spal ha un suo centro quando l'Inter che sta per diventare la Grande ancora si sposta qua e là per Milano. È Mazza a scoprire il sesto nome nella filastrocca nerazzurra più amata, Armando Picchi, in Serie C. “Terzino molto scattante, ottimo nel destro, più debole nel sinistro, un po' scarso nel gioco di testa. Ha tendenza a portarsi in avanti. Prenderlo subito” scrive sul suo taccuino, come riporta il Corriere della Sera. È Mazza a lanciare la carriera di Fabio Capello, che a Ferrara conosce sua moglie e per la promessa fatta al presidente rinuncia all'offerta del Milan nonostante Gipo Viani gli avesse offerto il doppio. In quegli anni, dalla provinciale d'oro del calcio italiano passano Osvaldo Bagnoli, Fulvio Nesti (125 presenze nell'Inter), Adolfo Gori (179 nella Juventus), Saul Malatrasi (Fiorentina, Roma, Inter, Milan). Ma anche Egisto Pandolfini, il Ottavio Bugatti che arriverà in nazionale, Albertino Bigon e Ruben Buriani, Edy Reja e Gigi Delneri. La Spal era Paolo Mazza, che sarà insieme a Giovanni Ferrari responsabile della commissione tecnica alla guida dell'Italia ai Mondiali del Cile nel 1962.

Una formazione della Spal degli anni Cinquanta
Una formazione della Spal degli anni Cinquanta

È un mangia-allenatori, ma costruisce un miracolo. Il 23 Settembre 1951 (Spal-Torino 1-1) viene inaugurato il nuovo stadio "Comunale". Due anni dopo la squadra evita la retrocessione solo grazie al 2-1 in rimonta nello spareggio contro il Palermo: decide su punizione Bernardin che diventa "Piede di Dio". È lui, che l'ha conosciuto alla Triestina, a consigliare a Paolo Mazza di prendere Oscar Massei.

Il presidente Paolo Mazza
Il presidente Paolo Mazza

Massei, il più grande

È una mezzala argentina, che al Rosario Central ha segnato 46 gol in due anni giocando da attaccante alla Hidegkuti, oggi diremmo “falso 9”, di famiglia italiana, nonni materni di Treia, mamma di San Giuliano Nuovo. È capocannoniere del campionato nell'estate del colpo di stato di Lombardi e della Revolucion libertadora. Massei è militare, passa due settimane senza sparare a difendere un'antenna radio a Cordoba, torna a Rosario, consegnato in città per la sollevazione dei peronisti e riesce finalmente ad ottenere il congedo per venire in Italia. È infatti già promesso all'Inter. I tifosi lo accolgono come una stella, Massei debutta e segna nel 2-1 al Napoli. Realizza otto reti nelle prime 10 partite poi, contro la Roma, si rompe i crociati per un'entrata durissima di Stucchi. Resta fermo sei mesi, rinuncia al sogno di giocare nella nazionale italiana, e torna a giocare ad alto livello solo dopo due anni. L'Inter lo gira in prestito alla Triestina, dove Trevisan gli cambia ruolo e lo arretra a centrocampo.

Il suo arrivo alla Spal, nell'estate del 1959, coincide col miglior piazzamento nella storia del club in Serie A. Mazza, presidente autoritario ma rigoroso nel mantenere le promesse ai giocatori, ha rinnovato la rosa. Massei è il perno, il fantasista di una squadra che dà spettacolo. Alla prima giornata vince 3-0 a Napoli e non si ferma più. Massei segna il suo primo gol in maglia biancazzurra proprio all'Inter, decide l'1-0 al Ferraris contro il Genoa, ispira il 3-2 nel derby col Bologna con la rete all'ultimo minuto di Rossi. La Spal chiude quinta con 12 vittorie, 12 pareggi e 10 sconfitte, lanciata dai 13 gol del capocannoniere Morbello con 13 reti. A fine stagione Mazza vende Picchi all'Inter in cambio dell'altra metà di Massei, che a Ferrara resterà nove stagioni e diventa il giocatore con più presenze (244) e più gol in Serie A nella storia della Spal.

Oscar Massei, a sinistra, riceve una maglia celebrativa durante Spal-Vicenza di quest'anno
Oscar Massei, a sinistra, riceve una maglia celebrativa durante Spal-Vicenza di quest'anno

Due anni dopo, la Spal vola in Coppa Italia. Batte il Verona ai rigori, il Vicenza, il Novara. In semifinale domina 4-1 la Juventus: segna due gol Carlo Dell’Omodarme, un giovane del vivaio bianconero. Ma in finale non c'è lieto fine. La coppa la alza il Napoli di Pesaola, che gioca in Serie B. Dopo una retrocessione, nel 1964, e un pronto rientro, è proprio contro la Juventus che la Spal gioca la sua ultima partita in Serie A. è il 12 maggio 1968, i bianconeri vincono 1-0, decide Zigoni dopo 9′.

Gli anni bui e i trionfi con Gibi Fabbri

Seguono, dal 1969, quattro anni in C prima della promozione con Massimo Caciagli, l'allenatore che più è riuscito ad andare d'accordo con Mazza, costretto a dimettersi dalla società nel 1976. Mazzanti si affida in panchina a Luisito Suarez, ma la squadra torna in C. Dopo un campionato dominato, ancora con Caciagli in panchina, e quattro stagioni in cadetteria, nel 1982 arriva un'altra retrocessione. In sette anni, nonostante i tentativi di Galeone e Ferruccio Mazzola, la Spal non ridale. Anzi, nel 1989 scivola in C2. La proprietà cambia ancora, il club viene acquisito dalla Coop Costruttori con a capo Giovanni Donigaglia. È la Spal di Giovanni Battista “Gibi” Fabbri, cui oggi è dedicato il centro sportivo di via Copparo. Lo chiamavano “Brusalerba” per un passato da ala, aveva adattato il calcio totale olandese e firmato il secondo posto in A del LaneRossi Vicenza di Paolo Rossi e il quarto dell'Ascoli del 1980. Il biennio d'oro è tutto racchiuso in due momenti, il rigore di Albiero nello spareggio di Verona contro la Solbiatese (16 giugno 1991) per la promozione in C1 e un tranquillo 0-0 a Siena di fine maggio 1992, che vale il doppio salto in Serie B.

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I fallimenti e la favola di Semplici

Ma la società smantella la squadra, via soprattutto Zamuner e Torchia, acquista nomi blasonati come Marco Nappi, Dario Bonetti o Armando Madonna, e scivola subito in C1 prima di scendere ancora in C2 e risalire grazie a Gianni De Biasi che nel 1999 conquista anche la Coppa Italia Serie C in finale sul Gualdo Tadino.

Seguono stagioni anonime e problemi societari, fino al nono posto del 2005 con Allegri in panchina, nell'ultima stagione prima del fallimento, cui ne seguirà un altro nel 2012. Un anno dopo, la società sembra di nuovo sul baratro ma grazie all’intervento della famiglia Colombarini, la Spal si fonde con la Giacomense, ne eredita il titolo sportivo e si iscrive in Seconda Divisione. Col Natale del 2014 alle porte, la Spal è dodicesima in Prima Divisione. Il presidente chiama in panchina un allenatore emergente che ha portato il Figline dall'Eccenza alla Lega Pro prima di guidare la Primavera della Fiorentina. La Spal diventa il giardino di Semplici. Un grande prato verde dove nasce una speranza, diventata una splendida realtà.

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