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Soler, il talento della Spagna convinto da un Game Boy e con un futuro da giornalista

Carlos Soler, classe 1997, solo 20 anni, da piccolo non voleva entrare in squadra, desiderava giocare a calcio solo con nonno Rafael. Fu proprio lui però che convinse il talentuoso Carlos a entrare a far parte della squadra del paese in cambio un Game Boy. Oggi al Valencia, oltre al calcio, studia giornalismo.
A cura di Fabrizio Rinelli
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Il nostro percorso alla scoperta dei talenti che prenderanno parte all’Europei Under 21, continua facendo visita ancora una volta alla nazionale spagnola. Le “Furie Rosse”, guidate già da calciatori di grande spessore come Marco Asensio e Deulofeu, possono contare anche sul talento di Carlos Soler, centrocampista centrale classe '97. E’ stato uno delle note liete di una stagione piena di problemi e di contraddizioni del Valencia. Un ragazzo cresciuto nella cantera del club e che dopo Isco, David Villa, David Silva, Alcacer e Gayà, è riuscito ad emergere in un settore giovanile che pare abbia sfornato un altro potenziale campione per la prima squadra.

Ad aprile è stato anche corteggiato dall’Inter, ma poi non se n’è fatto più nulla. Oltre al calcio coltiva la sua grande passione per il giornalismo, proprio come l’altro spagnolo Juan Mata. La sua storia e l’ascesa nell’Olimpo del calcio professionistico, è ricco di aneddoti e racconti davvero particolari e curiosi che hanno contraddistinto il percorso di un campionicino pronto a farsi conoscere nella kermesse giovanile.

I primi calci al pallone grazie al Game Boy

La storia che ha portato il piccolo Carlos a cominciare a conoscere per la prima volta il mondo del calcio è davvero curiosa. Tutto cominciò nella squadra del suo paese natale, Bonrepòs (nei pressi di Valencia) dove Carlos, non proprio ancora così desideroso di giocare a calcio, spinto dai consigli dati a suo nonno da parte delle tante persone che vedevano già un futuro guardando giocare quel ragazzo per strada con gli amici, fu convinto ad entrare in squadra in cambio di un Game Boy, consolle portatile che spopolava negli anni '90.

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Il nonno glielo regalò con la promessa che si sarebbe impegnato a giocare a calcio nella società del paese dove viveva. La promessa di giocare proprio come faceva per strada dove il suo tiro e i suoi numeri avevano lasciato senza parole le persone.

L’importanza di nonno Rafael

A neanche 6 km da Valencia quindi, Soler all’età di cinque anni, cominciò la sua scalata nel calcio. I primi tiri in porta, già potenti e precisi, li calciava in direzione della porta difesa da nonno Rafael, suo grande punto di riferimento con cui passava tantissimo tempo a giocare a calcio mentre i due aspettavano che il fratello maggiore Alex scendesse in campo.

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Un bambino molto introverso, che lasciava a bocca aperta tutti gli altri genitori presenti al campo di gioco. In squadra, pur giocando con bambini di due anni più grandi, fa subito la differenza, suscitando richiamando l’attenzione del Valencia. Nonno Rafael, una volta che Carlos entrò in squadra si raccomandò col padre che avrebbe giocato a calcio solo dopo aver finito tutti i compiti e le attività scolastiche.

Il suo percorso al Valencia

Il passaggio al Valencia, una volta notato dalla dirigenza, fu quasi immediato e negli anni Carlos, da attaccante, è stato spostato a centrocampo prima e poi sulla trequarti. Può ricoprire più ruoli proprio grazie alla sua grande capacità di adattamento in campo.

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Soler sta dimostrando di essere il più classico dei centrocampisti moderni: longilineo, molto rapido sia nei movimenti che nei pensieri, ma soprattutto tecnicamente dotato e capace di spaccare in due la partita grazie al suo ritmo palla al piede sempre molto elevato. E’ dotato inoltre di un’ottima capacità di inserimento. Di lui, il capitano del Valencia Enzo Perez ha parlato davvero benissimo, esaltandone soprattutto il carisma e la maturità esibita per i suoi soli 20 anni di età.

Il futuro da giornalista

Ma di Soler non c’è solo il calcio nella vita. Una volta tolti gli scarpini infatti, si concentra sugli studi per coltivare l’altra sua grande passione: il giornalismo. Qualche mese fa superò infatti il suo primo esame universitario alla Facoltà di Giornalismo di Valencia.

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Un esempio davvero da seguire, ma soprattutto un messaggio importante lanciato ai tanti giovani che si affacciano nel mondo del calcio professionistico e che spesso, abbagliati dai tanti soldi, probabilmente mai visti prima di allora, dimenticano che la breve vita nel mondo del calcio, ha comunque bisogno di essere stimolata per coltivare un domani, seppur diversamente, una garanzia d’occupazione. E’ infatti molto apprezzato anche in squadra dove viene spesso coccolato dai più vecchi dello spogliatoio valenciano, stimolato e spinto a continuare negli studi.

Un rapporto speciale e i numeri in Liga

Lo spogliatoio ha dunque grande stima in lui, soprattutto una vecchia conoscenza del nostro campionato italiano, lo considera ormai come un “figlioccio”: Mario Suarez, l’ex Atletico Madrid e Fiorentina. Il centrocampista se lo è preso sotto la sua ala protettrice e gli sta facendo da vero e proprio fratello maggiore guidandolo sulla buona strada senza fargli mai perdere la testa in un mondo che facilmente può abbagliare un ragazzino di 20 anni. Carlos non ha tatuaggi, ma i segni particolari li ha lasciati negli occhi dei tifosi del Valencia nel corso dell’ultima stagione.

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In Liga, ha totalizzato 23 presenze, 3 gol e 1 assist in 575 minuti giocati. Neanche tanti, ma giusti per guadagnarsi la fiducia anche della società che lo considera un pezzo pregiato della propria cantera. Ai prossimi Europei Under 21 sarà un altro asso della Spagna pronta a sorprendere con il suo enorme potenziale di calciatori che sono già molto conosciuti per il loro enorme talento.

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