Serie A con 18 club: cosa succede, chi ci guadagna e perché
Carlo Tavecchio, presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio (FIGC) è tornato a parlare della riforma dei campionati italiani. L'obiettivo è quello di ridurre il numeri di squadre tra Serie A, Serie B e Serie C, nel giro di 4 anni. La riforma dovrebbe diminuire il numero di partecipanti da 102 a 70 squadre. Il perché è presto spiegato. Il taglio riguarderà soprattutto le squadre di serie inferiori: l'obiettivo principale è creare un pacchetto calcio di prestigio, elitario e vendibile all'estero, così come accade in Spagna e Inghilterra, considerato il non plus ultra del calcio mondiale.
La partita di Tavecchio con i club minori si gioca tutta qui, con il sostegno e la benedizione del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, che spinge per un torneo a 16 squadre eliminando quelle piccole realtà di provincia, che tanto fanno battere il cuore agli appassionati di sport ma che diventano scomode per i bilanci dei manager di Via Gregorio Allegri, 14. La soluzione a 36 squadre fra i due massimi tornei sembra la più fattibile.
Distribuzione dei diritti televisivi
Attualmente la distribuzione dei ricavi dalla vendita dei diritti televisivi del campionato italiano è tra quelli con la maggiori disparità tra i principali campionati europei. Lo scorso anno, ad esempio, i diritti tv della Serie A sono stati venduti a 947 milioni di euro. Il club che si è aggiudicato la fetta maggiore della ‘torta' , la Juventus, ha 9 punti percentuali in più dell'ultimo, ossia l'Empoli. Peggio di noi ha fatto solo la Liga spagnola con un distacco tra prima (Barcellona) e ultima (Eibar) di quasi 100 milioni di euro. La situazione più equilibrata la troviamo in Premier League dove la prima in classifica (Chelsea) si porta a casa il 6% circa contro il 4% dell’ultima classificata (Sunderland).
La ripartizione dei diritti tv in Serie A
- – 40% in parti uguali
- – 25% in base ai sostenitori
- – 5% secondo la popolazione residente nel comune
- – 5% in base ai risultati della stagione precedente
- – 15% in base ai risultati del quinquennio precedente
- – 10% in base ai risultati delle stagioni a partire dal 1946/1947
I criteri adottati in Inghilterra
- – 50% in parti uguali
- – 25% rispetto al numero di volte in cui una partita viene effettivamente trasmessa
- – 25% in base alla posizione nella classifica finale del campionato precedente
Il gap tra Real, Barça e il resto della Liga
- – 50% in parti uguali
- – 25% in base ai risultati sportivi dell’ultimo quinquennio
- – 8% in base al numero di tifosi e di abbonamenti venduti nelle ultime 5 stagioni
- – 17% in base al contributo del club nella vendita dei diritti tv
Nuova linfa per la Serie A
Un torneo a 18 o a 16 squadre proporrebbe una formula di torneo decisamente più equilibrato, a scapito delle piccole e genuine province italiane ‘pallonare'. Si eviterebbero quindi squilibri di classifica tali da condannare già a marzo due squadre alla retrocessione, come è capitato nelle passate stagioni con Pescara, Palermo, Frosinone e quest'anno con Benevento, Verona e Crotone che sembrano già condannate salvo sorprese. Ma il campionato riformato beneficerebbe anche gli stadi italiani, che andrebbero a loro volta riformati. Una competizione giocata con il coltello fra i denti fino all'ultima domenica nelle posizioni di vertice ma non solo attirerebbe molti più tifosi di adesso.
Possibilità di vendita all'estero
Vendere all'estero il prodotto calcio italiano sarà in questo modo più facile. Lo scorso anno i diritti tv di campionato, coppa Italia e Supercoppa sono stati venduti per 185 milioni annui. In questa stagione il ricavato è stato quasi raddoppiatto, arrivando a circa 300 milioni di euro. I diritti esteri vengono ceduti per area geografica: per l’Asia c'è Suning mentre per l’area Africa e Medioriente c'è Al Jazeera. Ecco perché un campionato riformato potrebbe attirare maggiormente partner commerciali oltralpe come avviene in Spagna, dove il campionato viene venduto a 636 milioni di euro o Inghilterra, dove addirittura si raggiunge 1,5 miliardi di sterline e che fa della Championship, l'equivalente della nostra Serie B, il sesto campionato più ricco d'Europa.