Scandalo Eldense, ecco come il gruppo gestiva gli affari e le combine
Il caso della Eldense ha scoperchiato un vero e proprio Vaso di Pandora in Spagna che rischia di contribuire a scrivere una delle pagine più nere per lo sport iberico. Tutto è nato dalla pesantissima sconfitta del club alicantino contro il Barcellona B nelle Segunda B spagnola. Un 12-0 che si è scoperto figlio di una vera e propria combine legata al calcio scommesse, su cui aleggia pesantemente l’ombra della ‘ndrangheta. La polizia spagnola finora ha arrestato sia l’allenatore Filippo Di Pierro, colui che ne faceva le veci in panchina essendo sprovvisto di patentino Franz Ruiz, Nobile Capuani ovvero l’italiano responsabile del fondo che ha preso le redini dell’Eldense, e due giocatori. Uno di questi, Mikey Fernandez, è quello scoppiato in lacrime e consolato dagli avversari nel post partita. Secondo le indiscrezioni di El Confidential, nel mirino degli inquirenti ci sarebbero altre 3 partite che potrebbero essere state oggetto di combine. Una situazione che sarà chiarita proprio dagli interrogatori ai detenuti, che potrebbero allargare lo scandalo a macchia d’olio.

Il gruppo fantasma e il suo modo di agire
Tutto è nato dal presunto gruppo d’investimento italiano, in odore di ‘ndrangheta, guidato appunto da Capuani che a dicembre si è presentato ai dirigenti della Eldense con tanto di piano per risollevare le sorti del club. Liquidità importanti, e risultati nei programmi dei fantomatici investitori di un gruppo che però nei fatti non è mai esistito concretamente. Dietro lo stesso invece, come confermato da Repubblica, ci sarebbe stato, Ercole Di Nicola, ex ds dell’Aquila e accusato in passato di legami con la ‘Ndrangheta. Capuani d’altronde provò già nel 2015 provò a “gestire” una società di Segunda B, ovvero il Jumilla, con esito disastroso.
E’ quanto traspare dal racconto di un anonimo dirigente della società murciana: “Arrivarono promettendo soldi e nuovi talenti che potevano essere lanciati nel calcio spagnolo, assicurando di avere l'appoggio di un gruppo d'investimento italiano. Ma era una menzogna fin dal principio. Si tenevano il denaro del botteghino e non pagavano niente, né ristoranti, né hotel e nemmeno le case che si affittavano per ospitare i giocatori. Quando sono stati buttati fuori dal Club ad aprile ci lasciarono un debito di 200mila euro una cifra enorme per una società come la nostra".
I giocatori pagavano per giocare, ed erano disposti alle combine
A sollevare i dubbi dello stesso dirigente del Jumilla era l’arrivo alla corte del club di calciatori che addirittura pagavano per giocare. Tra questi anche il fratello di una stella della Serie A: “Ci accorgemmo subito che non erano giovani promesse. I calciatori, molti dei quali italiani, non li pagavano nemmeno per portarli in Spagna, anzi erano i giocatori che dovevano pagare per poter andare in campo. Il caso più vistoso fu quello del francese Evans Kondogbia (fratello di Geoffrey che gioca nel Siviglia, ndr). Lo presentarono come un grande acquisto, ma scoprimmo che la sua famiglia aveva pagato 40mila euro per farlo giocare nella nostra squadra, altri giocatori pagavano fino a 20mila euro per farlo".
Una pratica che la coppa Di Nicola-Capuani utilizzava anche durante l’esperienza con L’Aquila Calcio e costata loro, 4 mesi di domiciliari. Inoltre con questo metodo, alcuni dei calciatori non ricevendo stipendi erano più disposti ad accettare, guadagni facili legati ad eventuali combine che giovavano anche ai presunti proprietari del fondo.
Il racconto del presidente Aguilar sulle scommesse
Il lupo ha perso il pelo ma non il vizio, visto che anche alla Eldense la situazione non è cambiata stando al ricordo del presidente Aguilar che non lascia spazio a dubbi: "Arrivarono di colpo 20 giocatori. Molti di loro lo fecero pagando. Ce lo hanno raccontato gli stessi ragazzi: qualcuno versava fino a 700 euro per poter disputare una partita. Molti dei giocatori arrivati non avrebbero mai potuto giocare nella nostra serie, non ne sono all'altezza, però loro li prendevano perché pagavano".
E legato a questo c’è anche dunque il fenomeno della combine svelate dopo la sfida contro il Barça B da alcuni calciatori allo stesso Aguilar: "Alcuni dei nostri giocatori ci hanno detto che la cosa andava avanti da settimane. Sembra che in occasione della partita contro il Cornellá, di tre giornate fa, si era scommesso che avremmo subito 4 o più gol, però il match terminò 3 a 1 e loro persero molti soldi. Per questo, da quel che ho potuto sapere, hanno cercato di recuperare con lo scandaloso 12 a 0 di sabato scorso".