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Sacchi lancia l’allarme: in Italia vince la paura

Arrigo Sacchi, ex tecnico del Milan e della nazionale, addita le colpe dei continui fallimenti italiani in Europa ad un problema di mentalità: “È un calcio di paura, i giovani non giocano mai e non crescono”.
A cura di Giuseppe Senese
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Sacchi sostiene che i problemi delle squadre italiane stanno in una mentalità sbagliata.

C'è chi sa bene quale potrebbe essere la causa che sta portando le squadre italiane a fallire sistematicamente gli appuntamenti europei che si prefigge, e l'accusa porta la firma illustre di Arrigo Sacchi.

Per l'ex tecnico del Milan e della nazionale il problema principale risiede nella mentalità che sta acquisendo questo calcio: «Quello italiano è un calcio di paura, si attacca in due ci si difende in dieci, i giovani restano a guardare e la gente non va più allo stadio. Mica è colpa delle televisioni, che anche in Inghilterra e in Spagna ci sono eccome: è colpa della mancanza di emozioni e di coraggio di questo nostro calcetto».

La penuria di giovani va ricercata nell'incessante voglia di vincere da parte delle società, a discapito di un marcato e ponderato progetto di sviluppo dei calciatori: «Vogliamo avere settori giovanili sempre più competitivi, questi saranno i nostri fornitori per il futuro e dobbiamo trattarli bene. Servono strutture, bisogna lavorare sulla tecnica, gli allenatori Primavera e Beretti devono costruire giocatori, non vincere. Purtroppo negli anni è cambiato il nostro trend rispetto agli altri paesi europei: in Inghilterra e Spagna, ad esempio, il numero dei giocatori stranieri s'è ridotto del 15%, da noi il trend è aumentato e ciò impedisce ai giovani di emergere. Ho notato che nell'ultimo turno di A non c'era in campo un giocatore del '90. Mentre il Liverpool ha battuto il Chelsea con un nazionale Under 20».

L'estrema e incessante voglia di vincere starebbe rovinando il calcio nostrano? Secondo Sacchi, si: «Fatte poche eccezioni, la colpa è di un ambiente eccessivamente isterico, violento, che porta ad un calcio di paura, dove si attacca in due e ci si difende in dieci. E quando una squadra ha paura non fa giocare i giovani. Per riportare la gente allo stadio bisogna cercare di dare più emozioni, bisogna giocare un calcio più coraggioso e offensivo. Ieri ho visto gare del campionato inglese e spagnolo e le azioni-gol in una singola partita sono state quante quelle di tutto il turno di ieri di serie A»

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