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Ronaldo: “Non volevo lasciare l’Inter ma Cuper non mi piaceva. Il 5 maggio? Ci penso ancora”

Ronaldo Luís Nazário de Lima ha rivissuto la sua quinquennale e indimenticabile esperienza all’Inter. L’ex Fenomeno è tornato a parlare delle sue stagioni in nerazzurro, contraddistinte da emozioni fortissime. Dalla gioia per i tanti gol e per la vittoria di una Coppa Uefa (con le celebri finte per dribblare il laziale Marchegiani), fino alla delusione fortissima per il 5 maggio 2002 e i gravi infortuni, con il difficile rapporto con Cuper e il momento dell’addio.
A cura di Marco Beltrami
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Ronaldo Luís Nazário de Lima ha rivissuto la sua quinquennale e indimenticabile esperienza all'Inter. In occasione del Festival dello Sport, evento organizzato da "La Gazzetta dello Sport", l'ex Fenomeno è tornato a parlare delle sue stagioni in nerazzurro, contraddistinte da emozioni fortissime. Dalla gioia per i tanti gol e per la vittoria di una Coppa Uefa (con le celebri finte per dribblare il laziale Marchegiani), fino alla delusione fortissima per il 5 maggio 2002 e i gravi infortuni, con il difficile rapporto con Cuper e il momento dell'addio.

Ronaldo, l'addio all'Inter e il rapporto difficile con Cuper

Ronaldo è partito dalla fine, e dalla sofferta scelta di andare via dall'Inter. La convivenza con l'allenatore Cuper era diventata insostenibile per l'ex bomber brasiliano che racconta: "Non avrei mai voluto lasciare l'Inter, mi sentivo a casa mia. Non mi era mai successo di andare dal presidente per chiedere l'esonero di un allenatore, non rispecchia i miei valori. Ma ero arrivato a un punto in cui non riuscivo ad andare avanti con Cuper, il suo comportamento non mi piaceva. Non so se con lo scudetto avrei cambiato idea, immaginavo che Moratti lo avrebbe allontanato ma non fu così. Il mio orgoglio mi portò lontano da Milano, che iniziò a odiarmi dopo avermi tanto amato. A un certo punto fu necessaria la polizia, fu un momento difficile. Ma voglio bene a Moratti, è stato come un padre per me".

Ronaldo e il ricordo indelebile del 5 maggio

Restano indelebili nella memoria collettiva degli appassionati le immagini di un inconsolabile Ronaldo in lacrime in panchina il 5 maggio 2002. Il sorprendente ko in casa della Lazio, permise alla Juventus di completare un'incredibile rimonta e vincere lo scudetto. Il brasiliano torna così su quei momenti: "Ci penso tante volte, contro la Lazio entrammo in campo convinti di poterla vincere. Si parlava dell'acquisto di Nesta, che inevitabilmente ci avrebbe distratto. Penso che poi Cuper avesse sbagliato la formazione. Certo, ci sono stati degli errori individuali. Resta una delle più grandi delusioni della mia vita".

Gli infortuni al ginocchio di Ronaldo l'ex fenomeno

Una carriera pesantemente condizionata dagli infortuni al ginocchio, quella di Ronaldo che grazie alla voglia di tornare sui campi di calcio è riuscito ad andare avanti: "L'infortunio? Subito mi resi conto che il ginocchio aveva ceduto, la rotula tendeva a salire su. Non avevo mai visto una cosa del genere, ho vissuto un momento di buio assolto. L'amore per il calcio mi ha aiutato, fu un sentimento che non sapevo neanche di avere ma che fu decisivo per superare quei momenti. Credo di essere stato condizionato dai vecchi metodi d'allenamento, io avevo bisogno di altro".

Ronaldo-Vieri, la coppia gol si ritrova

E proprio l'infortunio impedì a Ronaldo di giocare con continuità al fianco di Bobo Vieri. I due ritrovatisi al Festival dello Sport, sono protagonisti di un bel siparietto: "Quell'Inter era fortissima, fatta da campioni veri C'erano Vieri, Seedorf e tanti altri. Bobo mi piaceva tanto, peccato che l'infortunio non ci permise di giocare per tanto tempo insieme. Ma era altruista, giocava per i compagni. Con l’arrivo di Bobo abbiamo dato ai tifosi la speranza di fare grandi cose ed erano tutti con noi. La stessa sensazione che vedo quest'anno: spero che l’Inter possa vincere qualcosa". E Bobo replica: "Sono andato all'Inter perché c'era lui, volevo giocare con Ronaldo. E alla fine è nata un'amicizia vera, cosa difficile quando ci sono due primedonne come noi. Ma io mi sono messo sotto, lui era il capo e mi trovavo bene perché era il più forte. Siamo stati insieme tra anni, c'era un'energia straordinaria".

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