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Rivaldo, il gigante dai piedi d’oro

Alla fine degli Anni ’70 in una delle tante favelas paulista Vitor correva dietro una palla di stracci legati inseguendo un sogno. Le sue giocate hanno incantato per più di un decennio gli appassionati di calcio mondiale dimostrando che in alcuni casi la classe vale molto di più della preparazione fisica, anche nel calcio moderno.
A cura di Vito Lamorte
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Inizio anni '90. Brasile. La televisione non copriva ogni angolo del mondo calcistico ma alcuni giocatori erano già sui taccuini di molti osservatori e giornalisti. Alcuni di loro erano forti, molto forti. Nel corso degli anni novanta, il Palmeiras ha avuto nella sua rosa alcuni dei migliori giocatori brasiliani: Roberto Carlos, Cafu, Djalminha, Mazinho…e un certo Rivaldo. Era un ragazzo molto particolare. Un mancino di 1,86, le cui gambe accennavano una forma di malnutrizione patita in passato e che sembrava potessero rompersi in qualsiasi momento. A prima vista, nessuno avrebbe scommesso un centesimo per un calciatore con una simile costituzione muscolare, ma come nelle più classiche delle storie, è la palla a decidere. E quel ragazzo la trattava come pochi. Un giocatore che non sarà ricordato per le sue doti fisiche ma per i suoi dribbling e per i suoi gol. Come già anticipato, Rivaldo ha fatto parte del grande Palmeiras degli anni '90 ma sono tre i nodi cruciali della carriera del giocatore di Paulista: l'Olimpiade del 1996, l'arrivo in Europa e il passaggio al Barcellona.

Era l'estate del 1996. Atlanta. Stati Uniti. In Brasile molti erano convinti di poter vincere per la prima volta l'oro olimpico e Rivaldo faceva parte di quella spedizione accanto al suo ex compagno di squadra Roberto Carlos e ad un giovanissimo Ronaldo. La Seleçao perde in semifinale con la Nigeria su una palla persa da Rivaldo e il carico di rabbia che si riversò sul talentuoso giocatore fu terribile. Divenne il capro espiatorio della sconfitta e per mesi è rimasto ai margini della nazionale. La maledizione con la maglia del Brasile continuò anche nel Mondiale francese del 1998 ma l'incantesimo si ruppe nel 2002, quando Rivaldo e la Seleçao conquistarono la quinta Coppa del Mondo della storia della selezione verdeoro.

Nel 2002 in Brasile si presentò in Giappone e Corea con una delle squadre più talentuose della sua ricca storia: Ronaldo, Roberto Carlos, Cafu, Rivaldo, Ronaldinho, Denilson. Nonostante i nomi altisonanti non fu tutto molto semplice. Pochi giorni prima dell'inizio del torneo Emerson, il miglior centrocampista nella squadra, si infortunò, Rivaldo, leader silenzioso di quella selezione cadde in un allenamento e si fece male ad una spalla. Il Brasile presentava un grande attacco, ma aveva problemi nelle altre zone del campo e a risolvere questa grana ci pensò “El Profesor” Felipe Scolari che ridisegnò la sua rappresentativa con un insolito 3-5-2 con Cafu e Roberto Carlos a fare tutta la fascia. Nonostante gli otto gol di un rinato Ronaldo, Scolari ha da sempre affermato che il cervello del nazionale pentacampeon era Rivado. Il giocatore del Barcellona aveva recuperato dell'infortunio e si era preso la Seleçao sulle spalle con la determinazione che lo ha sempre accompagnato. Per poco non riuscì a soffiare il record al suo connazionale Jairzinho (segnare almeno un gol in ogni gara del campionato del mondo) ma in finale fu fondamentale in entrambe le azioni dei gol. "Io sono qui, sono vincitore in una finale di Coppa del Mondo. Nessuno potrà portarmelo via”. Queste furono le prime parole di Rivaldo dopo la finale di Yokohama. Le ferite del passato riemersero nel momento più felice della sua carriera calcistica ma Rivaldo era già nella storia. Era Pentacampeao!

Nell'estate del 1996 Rivaldo arrivò in Europa, al Deportivo La Coruña. Nella prima stagione in Galizia furono 21 i gol segnati ma al Riazor rimasero incantati dalla classe di questo giovane brasiliano. Né prima né dopo ci fu un Rivaldo così divertente. I galiziani finirono terzi e c'era la sensazione di essere all'inizio di un importante progetto. L'illusione crebbe quando a metà luglio del '97, il Depor acquistò un altro maghetto brasiliano: Djalminha. La squadra bianco-blu era diventata quasi una grande del calcio spagnolo. Rivaldo e Djalma si divertivano nella preseason e si parlò di grandi obiettivi. Un sogno infranto da un gruppo di lettoni in una anonima notte d'estate. A soli 24 anni Rivaldo regalò pura magia alla Spagna.

Nell'agosto del 1997 il Barcellona, nelle ultime ore di mercato, si accordò con il Deportivo: Rivaldo era del Barça. Il brasiliano venne acquistato per salvare il progetto Van Gaal dopo la partenza di Ronaldo. Rivaldo e Van Gaal. Brasile e Olanda. Due filosofie a confronto. Il conflitto era sempre tattico. Van Gaal ha cercato di attuare il suo storico 3-4-3 che lo fece diventare grande con l'Ajax, ma i risultati stentavano ad arrivare. Per Rivaldo, che aveva fatto quello che voleva sia al Palmeiras che al Deportivo, la nuova posizione non era il massimo ma decise di mettersi al servizio della squadra e giocare. Il bottino fu di due Liga, una Copa del Rey e 60 gol nelle sue prime due stagioni a Barcellona. Paradossalmente la migliore stagione di Rivaldo fu quella con Serra Ferrer, che fu la una delle peggiori per la squadra catalana. Il modulo di gioco si basava sul 4-2-3-1  che si trasformava in 4-4-2 e dava totale libertà a Rivaldo alle spalle di Patrick Kluivert. Il suo ruolo ideale. La verità è che, nonostante la disastrosa campagna del Barcellona, Rivaldo disputò la sua miglior stagione in maglia blaugrana. Il Pallone d'oro del 1999 fu frutto di 36 gol e diverse prestazioni che lasciarono il segno a livello internazionale: la tripletta a San Siro contro il Milan, la doppietta al Bernabeu e la rovesciata contro il Valencia che valse il biglietto per la Champions League.

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Dopo il Barcellona, Rivaldo approdò al Milan dove vinse il titolo che a livello di club gli mancava: la Champions League. Le sue stagioni in rossonero non furono brillantissime e, chiuso da Kakà e Rui Costa, rescisse il suo contratto con la società meneghina. Nel luglio 2004, dopo molte trattative firmò per l'Olympiakos, club greco dove giocava il suo connazionale e amico Giovanni, ex Barcellona. Il brasiliano vinse per tre volte consecutive il campionato e fu votato come miglior giocatore del torneo per tre stagioni di seguito. Dopo un'altra esperienza in Grecia con l'AEK, Rivaldo ha fatto la sua comparsa nel campionato uzbeko e in quello angolano. Il brasiliano prima di appendere le scarpette al chiodo fece ritorno in patria dove ha vestito le maglie del San Paolo, Sao Caetano e del Mogi Mirim.

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Rivaldo è stato uno dei giocatori più forti della sua epoca. La sua storia ha seguito per filo e per segno il percorso comune delle stelle sudamericane: famiglia povera, il talento purissimo e la consacrazione europea. Oggi Vítor Borba Ferreira, nome completo del fantasista brasiliano, ha due fondazioni, una in Brasile e una in Spagna con le quali intende aiutare i bambini colpiti dai problemi economici e fare in modo che in futuro ci siano molti di più "Rivaldo" e meno "Vítor".

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