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Quando Dirceu si fermò a Eboli

Jose Dirceu ha legato la sua storia all’Italia, dal gol a Zoff al Mondiale 1978 ai tanti anni in serie A. Nel 1989, scende in serie D. Il futebol bailado sbarca a Eboli. Ed è proprio con un compagno di squadra dell’Ebolitana che morirà in un incidente nel 1995.
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C’è il sole allo stadio “Massaioli”. Non c’è l’erba sul terreno, ma una luce strana illumina gli occhi dei tifosi. È un pomeriggio d’estate del 1989 e lo zingaro felice del pallone è sbarcato in periferia, per amicizia e per passione. Tira una bomba delle sue contro il muretto che divide il rettangolo di gioco dalle tribuna, poi una seconda e una terza, che fa esplodere il pallone e manda in visibilio un’intera città. Perché Dirceu si è fermato a Eboli.

L’Italia nel destino – Il legame con l’Italia è antico, è scritto nel destino. Il suo anno migliore è il 1978. Ha già esordito in nazionale, nel 1974, nel giorno del 21mo compleanno, e segnato il gol vittoria a Berlino in amichevole a Sepp Maier. Ha già vinto lo scudetto del 1976 con il Fluminense delle stelle con Rivellino, Edinho, Carlos Alberto. Il 1978 rimane il suo anno migliore. Al Mondiale, mentre è in campo contro il Perù, la sua compagna dà alla luce suo figlio, che chiameranno come lui, Dirceu José. E all’Italia segnerà il gol che farà accusare Zoff di essere ormai vecchio, inadatto al calcio di vertice, persino miope. Quattro anni dopo, Dirceu, Zoff e l’Italia si ritroveranno, e non serve ricordare come andò a finire. Non è un gran periodo per il giramondo del calcio. L’ultima stagione, all’Atletico Madrid, non è stata certo memorabile. Si è operato alle tonsille e ha sofferto l’unico infortunio muscolare della carriera, uno stiramento ai gemelli. Rifiuta offerte del Palmeiras, del Vasco De Gama, del Paris Saint Germain, per giocare il suo terzo Mondiale col Brasile. È convinto che il suo prezzo salirebbe in caso di successo. Ma Telè Santana lo tiene praticamente sempre in panchina, gli preferisce Cerezo. E Paolo Rossi fa il resto. Per questo, sceglierà proprio l’Italia come tappa successiva del suo viaggio. Rifiuta la Roma (Falcao lo aveva suggerito a Viola, che gli offriva un contratto solo annuale), e a frontiere chiuse può andare solo in una neopromossa.

La carriera in Italia – Arriva così a Verona da Osvaldo Bagnoli, che però avrebbe preferito Osvaldo Ardiles, e teme di trovarsi un giocatore in declino, con una personalità ingombrante. Ma Dirceu si fa amare e conduce i gialloblù al quarto posto e alla finale di Coppa Italia con la Juve. Il suo pellegrinaggio però è appena iniziato. L’amore di Verona diventa astio quando sceglie proprio gli odiati nemici, il Napoli. Sotto il Vesuvio, dove “Giulietta è ’na zoccola”, con cinque gol e assist a non finire, Dirceu salva la squadra di Krol e di mister Pietro Santini, che l’anno prima aveva sfiorato la promozione in A con la Cavese, da una clamorosa retrocessione. Ferlaino, però, sta per chiudere l’affare Maradona, e lo Zingaro torna a illuminare la provincia. Prima ad Ascoli, per sostituire Ludo Coeck, arrivato infortunato che morirà un anno dopo senza aver mai giocato in bianconero, dove non evita la retrocessione. Poi al Como di Clagluna, esonerato e sostituito dal decano Rino Marchesi, e di Stefano Borgonovo. E infine all’Avellino, perno del calcio totale di Vinicio, che si prende la soddisfazione di battere Roma e Milan e finisce ottavo.

L’Ebolitana – A Eboli lo porta il presidente Luigi Cavaliere, suo grande amico, un imprenditore vivaistico che all’epoca conosceva bene Matarrese e fa alloggiare il brasiliano in una delle sue ville. Dopo un’esperienza negli Usa, a Miami, Dirceu aveva detto di voler lasciare il calcio. Ma a 38 anni, la passione per il calcio è la stessa di quando era bambino, quando rompeva vasi e finestre di casa, per la disperazione di mamma Diva Delfina, e solo la paura delle botte lo frenava dal giocare anche in chiesa. “Vieni a darmi una mano un paio d'anni. Ti pago 100 milioni” gli dice Cavaliere. Viene tesserato sia per l’Ebolitana che per la Feldi Eboli, che gioca la serie A di calcio a 5. Si sdoppia fra i due impegni, all’epoca era possibile essere tesserato per entrambe le discipline, ma a dicembre per un mese e mezzo, torna a casa per il Carnevale.

Rivoluzione – Cavaliere trasforma il Massaioli. Tutta la cittadinanza in età e forza da lavoro si trasforma in un’equipe di giardinieri che rivoluziona il fondo del campo. Il presidente acquista delle zolle specifiche per il tipo di terreno e per la prima volta si vede l’erba. Dirceu è conquistato e ricambia. Paga di tasca sua i lavori per ammodernare gli spogliatoi, fa arrivare dal Brasile le maglie verdeoro, che per due stagioni saranno la divisa sa trasferta della squadra, e chiama ad allenarla un suo vecchio compagno di squadra, Rubens Galaxe, centrocampista, o meglio “volante”, della “Maquina Tricolor”, il sesto giocatore con più presenze nella storia del Fluminense (463 partite). Non si erano mai viste la zona alta, il pressing, il futebol bailado, nella serie D campana, contro gli arcigni difensori dell’Ercolano e del Portici, dell’Audax Rovagnese e della Nuova Rosarnese. Dirceu fa arrivare, oltre alle maglie, ai pantaloncini e alle tute, anche le prime sagome per allenarsi a tirare le punizioni. E dispensa consigli a tutti: “Vuoi sapere come si fa a tirare forte come faccio io? Devi colpire il pallone dove c’è la valvola”.

Il campione della porta accanto – Per strada lo fermano tutti, e lo Zingaro non si nega a nessuno, che sia per un caffè o per un’improvvisata partita di calcetto: per questo ha sempre il borsone pronto in macchina. Giocherebbe sempre, se fosse per lui. È il suo pregio e il suo limite. È una passione generosa, la sua, che si divide fra due discipline e per questo salta parecchi allenamenti. Poi d’inverno, quando se ne torna a casa, la squadra sprofonda. Per questo non arriverà, nelle due stagioni e Eboli, la promozione in C2. Ma c’è il tempo per un’ultima magia, la punizione, proprio sotto la curva dei suoi tifosi, che condanna alla sconfitta la capolista Juve Stabia, guidata in panchina da Canè, l’ex gloria del Napoli. Per lo Zingaro, è di nuovo tempo di fare le valigie, direzione Benevento, poi in Messico, all’Atletico Yucatan.

La fine – Ma non perde i contatti con l’Ebolitana, dove si fa valere il libero Pasquale Sazio. Dirceu l’ha visto crescere e vorrebbe aiutarlo a trovare un ingaggio da professionista. “Vieni in Brasile con me. Giochiamo qualche torneo, ti presento qualche amico” gli dice in quel caldo agosto del 1995. Il 19 settembre sono in macchina a Barra de Tijuca, un elegante quartiere della zona ovest di Rio de Janeiro quando un’auto che arriva in direzione opposta segna la tragica fine del viaggio dello Zingaro che si è fermato a Eboli.

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