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Procura di Milano, inchiesta sui diritti tv del calcio

Prosegue il lavoro degli inquirenti: l’ipotesi è quella di un “cartello” dei grandi club per assicurarsi una cospicua fetta dei diritti televisivi.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Continua l'inchiesta della Procura di Milano, partita lo scorso maggio, sui presunti conti gonfiati nella vendita dei diritti televisivi da parte di Infront. Ma stando a quanto riporta Repubblica.it esisterebbe un'inchiesta "parallela" che riguarderebbe anche la cessione del 48% del Milan al broker thailandese Bee Taechaubol. Da parte dei legali di Fininvest era già arrivata una prima smentita sabato scorso, quando attraverso un comunicato ufficiale avevano fatto sapere che "la Fininvest nulla sa di inchieste della Procura sulla vicenda Milan ed esclude che tali inchieste possano esistere".

Secondo Repubblica.it invece la Procura di Milano, che starebbe indagando sulla presunta esistenza di un patto occulto riguardo la divisione degli introiti relativi ai diritti televisivi della Serie A per il triennio 2015-2018 tra le varie società calcistiche, starebbe indagando anche sulla cessione delle quote del Milan al magnate thailandese: Niccolò Ghedini, legale di Berlusconi, aveva definito sempre sabato scorso come infondate queste notizie. Ma stando invece a quanto riporta il Corriere della Sera, in mattina proprio l'avvocato Ghedini avrebbe incontrato il procuratore di Milano Bruti Liberati ed il procuratore aggiunto Giulia Perrotti, capo del pool anticorruzione eche coordina l'inchiesta sui diritti tv del calcio, assieme ai pm Roberto Pellicano e Giovanni Polizzi.

Massimo riserbo sugli argomenti dei colloqui, anche perché al momento l'inchiesta è in fase investigativa. Al momento l'ipotesi su cui si starebbero eseguendo degli accertamenti è che i grandi club avessero creato un "cartello occulto" per garantirsi una cospicua fetta dei diritti televisivi. Nello stesso filone d'indagine sarebbe poi entrato anche il barone Filippo Dollfus de Volkesberg, la cui accusa sarebbe quella di aver gestito quella che il Corriere della Sera riporta come "una vera e propria holding del riciclaggio".

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