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Premier League 1999: Mooney, eroe per un giorno sotto la Kop

Il Watford della famiglia Pozzo è tornato in Premier League. Lo celebriamo ricordando una delle grandi imprese degli Hornets targati Graham Taylor: la vittoria a Liverpool del 1999. Il gol vittoria fu di Mooney, icona del Watford e tifoso da bambino dei Reds.
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Parte la Premier League e torna a parlare italiano. Tornano Claudio Ranieri, sulla panchina del Leicester, e il Watford della famiglia Pozzo. Proprio gli Hornets, alla terza giornata della stagione 1999-2000, hanno firmato una delle maggiori sorprese nella storia moderna del calcio inglese. È il 14 agosto 1999. I Golden Boys guidati da Roger Taylor, principali candidati alla retrocessione, si presentano a Anfield, dove non hanno mai vinto.

Rivoluzione Houllier – Dopo il deludente settimo posto del 1998-99, Houllier, ct della Francia che fallì la qualificazione a Usa '94, ha rivoluzionato i Reds. Via l’eredità e l’etichetta degli Spice Boys, via Paul Ince, David James, Jason McAteer, Rob Jones, Tony Warner e Steve McManaman, che si libera a parametro zero. Arrivano meteore come Titi Camara, che si perderà dopo qualche numero e una sola stagione, o Eric Meijer, l’uomo giusto al momento sbagliato. E autentiche colonne del terzo millennio in Red. Cambia la coppia centrale di difesa, con Stephane Henchoz (205 presenze) e Sami Hyypia, che supera le 400: per Jamie Carragher è “uno dei più grandi stranieri che abbiano mai giocato in Inghilterra”. Arriva Vladimir Smicer, che festeggerà i cinque trofei nel 2001 e nonostante gli infortuni arriverà a 184 presenze, ma non si sentirà mai un’ala. Ha sempre preferito giocare da centrocampista offensivo, in mezzo, protetto da Der Kaiser, Dietmar Hamann. Arriva anche Sander Westerveld, ma Houllier gli farà capire nelle stagioni a venire che sarà il terzo portiere, dietro Dudek e Kirkland.

La mission impossible di Taylor – Il Watford di quegli anni è più di una squadra, è un esperimento. Nel 1997 Elton John, proprio la leggenda della musica mondiale, nessun caso di omonimia, è tornato presidente della squadra per cui ha sempre tifato. Ha voluto di nuovo in panchina Graham Taylor, l’allenatore di maggior successo nella storia del club, che ha costruito una squadra a sua immagine e somiglianza, che offriva la sua visione di calcio come “people’s game”, il gioco della gente. Una squadra sempre proiettata all’attacco, che sognava il calcio perfetto, non quello che serviva per vincere. Eppure, in due anni, dalla terza divisione risale in Premier. In estate, però, l’acquisto più costoso è l’attaccante Heiðar Helguson, non proprio un nome da far girare la testa. L’islandese giocherà in attacco con un simbolo di quella stagione, Tommy Mooney, arrivato nel 1994, che sarà il quarto a entrare nella Hall of Fame del club come Luther Blissett (la cui parentesi al Milan servirà quasi solo a ispirare, poi, il noto gruppo di autori di Q), John McClelland e Tony Coton.

La vigilia – Il Watford ha raccolto solo due sconfitte nelle prime due partite della stagione, contro Sunderland e Wimbledon. Come per ogni trasferta nel Merseyside e a Manchester, gli Hornets viaggiano in treno dalla stazione di Watford Junction. “Indossavamo le tute da allenamento” ha raccontato Mooney, “e passammo davanti ai tassisti che, in piedi appoggiati alle portiere, ci dicevano: ‘Come agnelli al macello camminano verso il treno’. Potrà sembrare strano, ma quando sono entrato in campo a Anfield continuavo a pensare a quei tassisti. In fondo dicevano quello che tutta la nazione credeva”.

Un gol storico – Houllier deve rinunciare a Dietmar Hamann: l’infortunio alla caviglia che l’ha bloccato dopo un quarto d’ora nella vittoria all’esordio a Hillsborough lo terrà fuori tre mesi. E i segnali non sono positivi per i Reds. Dopo 10’ Mooney lancia Richard Johnson che da fuori spaventa e non poco Westerveld. Passano 6’ e sotto una pioggia sempre più pesante Peter Kennedy disegna una punizione verso il limite dell’area piccola. Tre difensori non riescono a liberare e la palla arriva a Mooney, smarcato sul primo palo, sotto la Kop. “Da bambino ero tifoso del Liverpool” racconterà, “quello è stato un giorno speciale. Credo fosse la mia prima volta a Anfield: è stata indimenticabile”.

Occasioni mancate – Prima dell’intervallo, la Kop si illude e si dispera: Steven Gerrard, Redknapp e Berger mancano delle grandi occasioni per pareggiare. “Dall’inizio del match non riconoscevo la mia squadra. E col passare dei minuti il nostro gioco peggiorava” analizzerà a fine partita Houllier, che al 58’ getta in campo David Thompson al posto di Steven Gerrard. Ma non è giornata. Fowler sfiora il gol due volte, prima di testa, poi con una conclusione che rimbalza sul difensore Paul Robinson. I Reds si sbilanciano, e in difesa si aprono buchi pericolosi. Ancora Mooney può approfittarne all’81’, ma conclude dal limite sulle gambe di Westerveld. Gli Hornets insistono, e Micah Hyde costringe Rigobert Song al salvataggio sulla linea. Il Liverpool rischia ancora nel finale, con Mooney e Noel-Williams vicini al raddoppio. “Vinciamo insieme, perdiamo insieme” commenta Houllier. Taylor scrive un pezzo della sua storia: in 25 anni di carriera, non aveva mai vinto a Anfield prima di quel 14 agosto. Anche Mooney se li ricorda ancora quei 90 minuti, anche a distanza di anni. “Siamo stati fortunati, loro hanno sprecato diverse chances. Ma anche noi abbiamo avuto le nostre, e abbiamo retto in ogni condizione meteo che possiate immaginare. È stato un gran giorno”. Sarà anche l’unico, o quasi. Dopo la vittoria sul Chelsea, a metà settembre, gli Hornets entrano in crisi. Otterranno solo altri tre successi in tutto il campionato. Chiuderanno ultimi, con soli 24 punti: mai, dalla riforma della Premier nel 1992, una squadra ne aveva raccolti così pochi. Si avvererà così la profezia racchiusa in uno dei più fulgidi esempi di ironia inglese: “Il Watford è la favorita per la retrocessione, ma potrà comunque restare per almeno tre stagioni in Premier: autunno, inverno e primavera”.

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