Plusvalenze: Udinese al top in Europa, malissimo la Premier
Da tempo il motore del calcio non è più o forse non è più solo la passione dei tifosi o dei giocatori sul rettangolo verde ma, purtroppo per i romantici della disciplina, il vil danaro. I soldi, gli introiti, i trasferimenti, le plusvalenze e tutto ciò che può garantire sostenibilità ad un club professionistico, infatti, vengono prima di tutto. Così, spesso, specie per quelle squadre che vivono e letteralmente muoiono sulle cessioni o su risicatissimi budget, capita di assistere a operazioni sul mercato difficili da accettare tendenti al massimo profitto, come nel caso ad esempio del Genoa nello scorso gennaio, con sessioni di compravendite davvero bulimiche.
In questo contesto però, vediamo le società europee che, malgrado questa dubbia condotta, hanno ottenuto la permanenza nella massima serie e diversi successi nazionali ed internazionali pur tenendo i bilanci in ordine e, in molti casi, al di sopra di quanto ci si potesse attendere.
Il modello Siviglia: sostenibilità e successi
In Europa nessuno fa meglio del Siviglia. Il club andaluso 70 stagioni in Liga, infatti, nelle ultime annate è stato capace di racimolare, fra acquisti e cessioni, ben 123.3 milioni di euro pur restando al top in competizioni internazionali. Eliminazione recente dalla Champions League ad opera del Leicester a parte, i biancorossi del presidente José Castro Carmona (in carica dal 2013) hanno difatti stabilito un autentico record vincendo tre edizioni della Europa League consecutive (2013/14, 2014/15 e 2015/16) con tre conseguenti finali di Supercoppa UEFA (tutte perse) e due finalissime di Coppa del Re e di Supercoppa spagnola dal 2012 ad oggi.
Un ruolino niente male che fa capire quanto la dirigenza abbia operato in maniera oculata pur avendo venduto pezzi pregiati come Caceres (8 milioni), Krychowiach (33), Bacca (30), Gameiro (32), Jesus Navas (20) o Negredo (25). Un modello stellare che, al di là di tutte le considerazioni tecniche, vince eccome.
Dal titolo del 2011 alle plusvalenze: LOSC Lille
Nella Ligue 1, terreno storicamente fertile per tanti club europei che fanno compere nel torneo transalpino, in un campionato dove tutte le squadre, PSG e Lione a parte, sono in attivo, il Lille ha fatto registrare un bilancio positivo complessivo di 121 milioni di euro. Eppure, la compagine di scena allo stadio Pierre Mauroy dal 2012/13 in poi ha collezionato un sesto, un terzo, un ottavo, un quinto e, ora, un tredicesimo posto.
Pur perdendo stelle del calibro di Debuchy (6 milioni di euro), Payet (8,7), Hazard (35) Digne (15), Chedjou (6,3), Kjaer (7,6) o Boufal (18,7), la formazione del nord della Francia ha continuato a fare un certo calcio ottenendo, dopo il trionfo in campionato del 2010/11, discreti risultati in campo.
Miniera friulana, Udinese terza in Europa
La terza squadra regina d’Europa nel proficuo connubio fra ottimi risultati e mercato sostenibile è l’italianissima Udinese. La compagine del patron Pozzo, infatti, tenendo conto solo delle ultime 5 annate (dalla stagione 2012/13 a quella attuale) è stata quella che si è comportata meglio sotto questo aspetto in Italia, dove stacca il Genoa di Preziosi di 9 milioni di euro (120 contro i 111 dei liguri) con diverse plusvalenze messe a referto, plusvalenze che, peraltro, hanno permesso ai friulani di costruire la Dacia Arena, gioiellino da 25mila posti a sedere.
Senza prendere in esame le "datate" cessioni di Sanchez al Barcellona (40 milioni) di Inler (20) e Quagliarella (18) al Napoli o quella di D’Agostino alla Fiorentina il club bianconero dai vari Pereyra a Cuadrado, da Asamoah a Isla ad Allan e Zielinski, ha ottenuto sempre, stagione 2014/15 a parte, grandi introiti con una sequela di saldi in attivo che totalizzano 120 milioni di euro di guadagno sul mercato: chapeau.
Hoffenheim, ex ‘cenerentola' della Bundesliga
In Germania il modello da emulare è di sicuro quello dell’Hoffenheim. Rivelazione recente della Bundes con il suo approdo in prima divisione nella stagione 2008/09 ed un primato da neopromossa mantenuto fino all’inverno di quell’anno, il minuscolo club nel Baden-Wurttemberg è diventato grande con una politica calcistica niente male: piccoli ed oculati investimenti e conseguenti cessioni a big del pallone.
Una tendenza, a dire il vero, non sempre rispettata con anni in passivo come quelli del 2012/13, 2013/14 e del 2014/15 ma con una accelerazione in questo senso nelle ultime due annate nelle quali i blu del giovane tecnico Nagelsmann (solo 29 anni) hanno chiuso con, rispettivamente, un +33 ed un +1,5 milioni di euro che, negli anni da noi considerati, totalizzano 28,5 milioni (1,4 in più rispetto allo Schalke 04), il massimo in Bundes.
Tottenham, la Premier che non sperpera
In un campionato spendaccione al massimo dove anche una neopromossa si può permettere il lusso di sborsare anche 45 milioni di euro sul mercato (vedi il Burnley) nessuna squadra nelle ultime 5 annate in Inghilterra è stata capace di raccogliere un bottino positivo fra acquisti e cessioni. I saldi, in generale, infatti, sono abbondantemente in passivo con situazioni estreme che si verificano con le due grandi di Manchester (City a -501 e United a -470) con l’Arsenal (-247) il Chelsea (-156) ma anche con club “minori” come il Crystal Palace (-120) o il Watford (-88).
Una situazione che restituisce l’abbondanza britannica ma anche un modo di vedere e di intendere il football che, alla lunga, potrebbe far implodere l’intero sistema. Un sistema nel quale però, Swansea a parte (solo -9,5 milioni di euro di passività), il Tottenham emerge con una “perdita” di appena 9,3 milioni di euro e tante stagioni al top della classifica (2 quinti posti, un sesto posto ed una medaglia di bronzo lo scorso anno) con gli Spurs che, pur privi di trofei dal 1991, sono una bella realtà nella fertilissima terra albionica.