Pier Paolo Pasolini e la sua passione per il calcio e il Bologna (VIDEO)
"Il calcio è l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l'unica rimastaci". Come vorremmo condividere ancora oggi la stessa immagine del calcio che aveva Pier Paolo Pasolini, quell'aspetto romantico ed incantato che non appartiene più al pallone d'oggi. Quell'alchimia perfetta che solo un geniale visionario come l'artista bolognese poteva intravedere, vivere e poi raccontare. Appassionato, tifoso e addirittura "giocatore" (dicono sia stato uno di quelli bravi): Pasolini aveva un legame viscerale con quel football inteso come "spettacolo che ha sostituito il teatro". Di spettacolo, sui campi da gioco, ne vediamo tanto ancora oggi ma è qualcosa di molto più artificiale rispetto al "fantastico" mondo descritto ed amato dal bolognese. Infatti, se c’è qualcuno che ha amato il calcio con la stessa incantata foga di un bambino, questo è stato senza'altro Pasolini che, nei pomeriggi sui campi di Caprara, poteva giocare anche "sei-sette ore di seguito, ininterrottamente", proprio come i bimbi mai stanchi di dedicarsi (per un moto spontaneo) alle proprie passioni.
L'amore per il Bologna – Di lui, della sua vita e delle sue passioni sappiamo tutto grazie ai racconti, le interviste, le immagini, le pagine intrise di storie ed aneddoti che lo stesso Pasolini ci ha lasciato. Proprio per questo sappiamo che gli anni passati a giocare a calcio sono stati i più belli della sua vita.
Mi viene quasi un nodo alla gola, se ci penso. Allora, il Bologna era il Bologna più potente della sua storia: quello di Biavati e Sansone, di Reguzzoni e Andreolo (il re del campo), di Marchesi, di Fedullo e Pagotto. Non ho mai visto niente di più bello degli scambi tra Biavati e Sansone (Reguzzoni è stato un po' ripreso da Pascutti).
Che domeniche allo stadio Comunale!
Quella passione poetica che si tramanda da tifoso a tifoso – Se il calcio moderno ha perso molto di quell'aurea incantata, che accomuna i giocatori ai poeti, narrata da Pasolini, i sentimenti di fondo sono esattamente gli stessi. Le emozioni e le sensazioni che il pallone evoca nei suoi protagonisti e nei tifosi sono esattamente le medesime, ieri come oggi. "Il sogno di ogni giocatore (condiviso da ogni spettatore)– scriveva Pasolini ne "Il calcio “è” un linguaggio con i suoi poeti e prosatori" del 1971 – è partire da metà campo, dribblare tutti e segnare. Se, entro i limiti consentiti, si può immaginare nel calcio una cosa sublime, è proprio questa. Ma non succede mai". Quel sogno è vero ancora ora, ma per fortuna nostra si è anche realizzato in più di un occasione (basti pensare alle mitiche galoppate di Maradona e più recentemente Messi), attimi in cui quella poeticità del calcio narrata da Pasolini si palesa in tutta la sua potenza.
Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del «goal». Ogni goal è sempre un’invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica"
Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell’anno.