Perché la Juve stenta in Europa: cinque motivi del mezzo flop col Siviglia
Aveva sempre vinto la prima in Champions, Allegri. “Chissà che questo 0-0 mi porti fortuna allora” commenta. La prima volta senza gol per la Juve nel suo stadio dopo 21 partite di fila lascia nel day-after sensazioni diverse. Lascia la consapevolezza di uno status internazionale più alto. Lascia anche parecchi rimpianti. Perché per un'ora la Juve gioca per non perdere, anche se tatticamente Allegri neutralizza tutti i punti di forza di un Siviglia snaturato e limitato alla difesa. Perché la scelta di Lemina regista non funziona, e si era già intuito, risultato a parte, contro la Lazio: la costruzione del gioco passa più per Bonucci e Barzagli. E così, effetto collaterale non secondario, Dybala finisce per rimanere troppo basso e lontano dalla porta, trascinando anche Higuain in posizioni più innocue. Perché tenere Pjanic settanta minuti in panchina si rivela un boomerang. Perché la Juve è costruita per vincere la Champions, ma serve più coraggio per non allungare la prigionia del sogno.
1 – Perché Pjanic fuori?
Contro un Siviglia che si snatura, che abdica alla vocazione aggressiva e alla ricerca degli spazi fra le linee, che gioca sì con la difesa alta ma si orienta più a distruggere che a costuire, la Juve si trova davanti problemi tattici inattesi. Khedira è al centro del gioco nel primo tempo e regala le uniche vere emozioni. Le sue due fughe iniziali, però, rappresentano anche il culmine del suo contributo offensivo nel match. Allegri comunque gli chiede di giocare molto sbilanciato verso la fascia destra, in appoggio ad Alves, anche per coprire la sua zona di campo in caso di contropiede. Il brasiliano gioca infatti sempre molto alto, ma gli effetti positivi si vedono solo nel secondo tempo, quando il Siviglia fatica di più a recuperare le posizioni e lascia più campo scoperto sulle fasce.
La partita di Khedira racconta anche, rivela per luce riflessa, il vero rimpianto: l'assenza di Pjanic, tenuto in panchina 70 minuti. Si può pensare che Allegri si aspettasse il classico Siviglia di Sampaoli, che non ha rinunciato alla sua filosofia nemmeno in Supercoppa contro Barcellona o Real Madrid: difesa alta, almeno quattro uomini alle spalle dei centrocampisti avversari, aggressività e controllo del gioco. Si trova davanti, invece, una squadra dal baricentro bassissimo, solo 45 metri. Il 4-1-4-1 degli spagnoli è più attento a mascherare la vulnerabilità emersa anche nelle prime partite di campionato, la difficoltà di coprirsi le spalle dopo un passaggio sbagliato, e con una squadra rinnovata negli uomini e nelle idee se ne vedono ancora e non pochi, di errori tecnici nella costruzione del gioco.
2 – Lemina non è un regista
Da una parte, quindi, Sampaoli sorprende per la scelta rinunciataria. Dall'altra Allegri studia la partita con la volontà di schermare la difesa e non prendere rischi fra le linee: ecco perché Asamoah che, dirà, attacca anche bene la porta, ecco perché Lemina, l'unico sempre presente quest'anno insieme a Buffon. Ma non è giocatore di baricentro: lo dimostrano le 10 palle perse e i soli 54 palloni toccati, quasi la metà dei 92 di Chiellini, di fatto più regista del regista. Manca, ai muscolari Lemina e Asamoah, un centrocampista che vada incontro, che possa anche più facilmente creare un triangolo con Evra o Dani Alves, che si prenda la responsabilità di illuminare la scena, tracciare il disegno dell'azione offensiva.
A posteriori, e certo è sempre più facile, sarebbe servito di più, visto il tipo di primo tempo che si sviluppa, un giocatore come Pjanic. Con la Juve limitata al 45,9% di possesso palla, un elemento contro il bosniaco, che con Khedira e Lemina spostava il fronte del gioco e svuotava il centrocampo con un tocco contro il Sassuolo, sarebbe servito per ribaltare presto l'azione e sbilanciare gli avversari. “In Champions gioca chi è più pronto in quel momento, potrebbero giocare sempre gli stessi oppure cambiare molto. E’ stata fatta una scelta nella lettura sui 95 minuti” ha detto Allegri. “Non è stata una questione di prestanza fisica, ma perché nell’arco della partita Pjanic poteva darmi di più in un subentro nel caso in cui ci fosse stato da vincerla o da recuperare uno svantaggio. E così è stato”.
3 – Poche alternative di gioco
Allegri riesce a sposare una vocazione offensiva, necessaria peraltro contro una squadra così chiusa (baricentro a 57 metri) e solidità difensiva. Il Siviglia non tira mai in porta, merito delle coperture attente di Bonucci, Barzagli e Chiellini che mai si fanno sorprendere dai tagli fuori di Vitolo e Sarabia che non hanno possibilità di sfruttare lo spazio tra il centrale e l'esterno di fascia bianconero, nemmeno dal lato di Dani Alves. Viste le caratteristiche di Lemina, però, dal trio BBC passa anche la regia bassa del gioco: Bonucci e Chiellini scambiano 27 volte, è la seconda combinazione più cercata dalla Juve dopo Alves-Khedira (16 aperture del tedesco verso l'ex Barcellona, 14 appoggi del brasiliano verso la mezzala); Barzagli, che 11 volte riceve il pallone da Buffon, apre 13 volte per Alves e in 12 verticalizza verso Khedira.
4 – Dybala troppo lontano dalla porta
L'effetto, nel primo tempo, è esaltare e neutralizzare insieme Dybala. L'argentino piace eccome, anche per quella sua indole di uomo ovunque. Già all'Olimpico contro la Lazio, con lo stesso trio di centrocampisti centrali alle spalle, quando non funziona il gioco a due tra la mezzala e l'esterno vicino, è la Joya a venire incontro, da trequartista, a farsi coinvolgere nella costruzione bassa della manovra. Dybala si piazza sul metodista del Siviglia, Kranevetter, non va a pressare i centrali difensivi spagnoli. E quando la Juve recupera palla detta il tempo e la linea di passaggio per iniziare il ribaltamento del gioco. L'effetto voluto, però, si vede solo all'inizio con lo spazio aperto per l'inserimento da dietro di Khedira. Quel che rimane è una coppia di attaccanti, Dybala e Higuain (solo 0.25 gol di media a partita in Champions League), che “provavano a cercarsi, per carità, ma sempre a distanza di sicurezza (per gli spagnoli, s'intende) perché la linea difensiva nemica raggiungeva altezze quasi imprevedibili” scrive Antonino Milone su Tuttosport. Il Siviglia “non ama costruire gabbie ad personam, però ha dimostrato di essere molto abile nell'autoblindarsi nel proprio guscio: di spazi, per il Pipita e la Joya, neppure l'ombra”. Per tutto il primo tempo non toccano nemmeno un pallone all'interno dell'area di rigore.
5 – Ci vuole più coraggio
Così, la Juve resta con una speranza non realizzata. “Perché non solo con Pjanic, ma anche con Alex Sandro, aumenta il ritmo e la fluidità della manovra, ma nulla accade. Come con Pjaca, scelto per spaginare in extremis” come scrive Alberto Polverosi sulla prima pagina del Corriere dello Sport, scelto per esacerbare le difficoltà di copertura degli spagnoli e preferito giustamente a Mandzukic, attaccante più da battaglia fisica d'area, territorio preferito però della coppia di centrali Rami-Pareja.
Non esce certo ridimensionata, la squadra di Allegri, anzi. Esce con la consapevolezza di essere temuta in Europa, anche dalla squadra che ha monopolizzato l'Europa League e rappresenta uno dei prrogetti tattici potenzialmente più interessanti del continente. La Juventus era e rimane una squadra costruita per vincere la Champions League. E chissà che questo pareggio non porti davvero fortuna.