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Pasolini, Capello, Senna e l’amarone: auguri Edy, i 72 anni del giramondo Reja

Figlio di viticoltore, ha attraversato in 72 anni tutta l’Italia da calciatore e da allenatore. Ha giocato con Pasolini d’estate, ha incontrato Senna prima della tragedia di Imola. Grande amico di Fabio Capello, è appassionato di vini, E come un buon rosso, dice, il talento va aspettato e lasciato maturare.
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Ha camminato per tutte le strade del mondo, Edy Reja. Ha tracciado strade d'affetto in tutti i calciatori che ha incontrato. Ma i due incontri più importanti, quelli che valgono una vita, arrivano nei due luoghi che più di tutti può chiamare casa.

Le partite con Pasolini a Grado

Noi friulani, cresciuti a guerre, stenti e povertà, ci portiamo dietro un complesso d’inferiorità atavico, ha detto in un'intervista.

Mamma slovena, da cui eredita la capacità di adattamento, Reja passa le estati a Grado. E in ogni sua estate torna una stessa immagine, l'intellettuale più sportivo, con la solitudine dell'ala destra e del visionario, che tranquillo legge un libro mentre fa le sabbiature. E poi, tutti a giocare a pallone, Reja da una parte e Pasolini dall'altra, e magari qualche sgambetto arriva perché Pasolini è rapido, sgusciante, un numero 7 come ne servirebbero oggi. La sera le cene a parlar di calcio non si contano.

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Era a cena con Senna prima del GP di Imola

Il Friuli gli ha insegnato sacrifici e senso del dovere, Palermo, rivela, gli insegna a vivere e liberarsi dalla zavorra del dovere, Ferrara gli ha aperto un mondo aristocratico. Un mondo dove cena con Ayrton Senna, che già aveva conosciuto perché spesso andava a Pescara da un suo amico agente e si allenava anche con la squadra, alla vigilia del gran premio che segnerà, dopo una sera e una mattina di oscuri presagi, l'ultima grande tragedia della Formula 1 moderna.

Era agitato: la macchina non va, mi disse. Era speciale: sensibilissimo, delicato – ha raccontato.

Il provino con la Spal

A Ferrara è arrivato falsificando la firma del padre, che se la prende non poco poi passa le domeniche ad ascoltar la radio: se la Spal vince offre da bere, se perde non esce di casa il lunedì altro che consolarsi con lo Stock 84. Una settimana prima, aveva fatto un provino con la Juventus, quella di Charles e Sivori, che pure gli manda una lettera in cui si dichiara interessata. Ma intanto, Edy, il ragazzo che a pallone ha imparato a giocare tirando un pallone su un muro sbreccato di casa, che però è il miglior alleato per affinare il controllo di palla con entrambi i piedi, si è già accordato con la Spal del presidente Mazza.

L'incontro con Giovan Battista Fabbri

L'allenatore della Primavera è Giovan Battista Fabbri, futuro allenatore del Lanerossi Vicenza secondo con Pablito Rossi, che non lo dimenticherà mai, centravanti. Ha un concetto moderno del gioco, vuole che il portiere imposti dalla difesa, privilegia la parte tecnica su quella atletica, insegna che il calcio è talento, creatività, organizzazione. Una lezione che Reja applicherà ovunque, nel riportare su dalla Lega Pro il primo Napoli di De Laurentiis, nel Palermo di Zamparini, nel produrre l'ultima impresa dell'Atalanta che poi lascia in eredità a Gasperini e perfino nel viaggio a Spalato sulla panchina dell'Hajduk.

Mi sento parte del gruppo, ho sempre usato questo approccio e ha sempre pagato. Se un giocatore capisce di essere importante e funzionale anche giocando poco, il mister ha vinto – diceva due anni fa a Bergamo Post -. La caratteristica migliore che un allenatore deve avere è quella di tirar fuori il massimo dai giocatori che ha a disposizione per raggiungere l’obiettivo. Il sistema di gioco è sempre legato ai migliori: se hai 20 giocatori di movimento, bisogna chiedersi chi sono i migliori. E di questi se ne prendono 10 cercando di metterli in campo in modo che fruttino al massimo per la squadra.

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L'amicizia con Capello

Superate le mille panchine con la sua Atalanta, dopo due salvezze culmine di un cammino iniziato nel 1979 nei dilettanti del Molinella, a Ferrara incontra Fabio Capello che rimane uno dei suoi più cari amici.

Per me è come un fratello e rimane uno dei migliori allenatori al mondo – raccontava ad Avvenire -. Siamo partiti assieme e abbiamo debuttato lo stesso giorno nella Spal. A Ferrara vivevamo nella casa delle “Zitelle”. Due sorelle anziane che parteggiavano una per me e l’altra per Fabio e litigavano ogni giorno per questo. Noi origliavamo dalla nostra stanza e ridevamo come dei pazzi.

Fabio Capello da calciatore in una formazione della Spal
Fabio Capello da calciatore in una formazione della Spal

I successi con Lazio e Napoli

Discendente di una famiglia di viaggiatori, arrivati nel ‘600 a Lucinico dalla Spagna, ha attraversato sedici delle venti regioni d'Italia, con una gavetta che è durata praticamente fino ai 58 anni, fino alla chiamata del Napoli. Un film che rischiava di non avere lieto fine, una volta è arrivato quasi alle mani con De Laurentiis. Poi, dall'azzurro al biancoceleste, il salto anche verso l'Europa può essere breve. Supera le cento panchine con la Lazio, che porta per due anni di fila in Europa League.

La sua conduzione tecnica – gli scriverà Lotito dopo la sua decisione di lasciare la squadra nel giugno 2014 – ha portato la squadra, in questi due anni, a raggiungere risultati importanti, ed ha avuto il merito di creare un "gruppo" solido e coeso, grazie alla personalità acquisita. Lei ha avuto anche la forza necessaria per superare critiche a volte ingenerose, ispirando sicurezza e serenità nell'ambiente Lazio, necessarie per conseguire i risultati raggiunti.

Il consiglio: il talento si aspetta

Niente male per il figlio di un viticoltore che aiutava il padre prima di andare a scuola e del padre ha mantenuto la passione per il vino. I rossi toscani, l'amarone, il Brunello con la chianina, anche se da viaggiatore di frontiera è più da cucina di pesce, il Barbera. Ha girato, racconta, tutto il Piemonte per inseguire il rosso perfetto.

E come il vino ha aspettato e fatto decantare generazioni di ragazzi e calciatori. “Bisogna avere la pazienza – dice – di aspettare per vedere maturare il talento”. La lezione del giramondo Reja all'Italia pallonara di oggi.

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