Parola di Ibra: “Bad Boy? No, sono un padre di famiglia e in campo un leone”
Old Trafford lo ha già eletto nuovo idolo dei Red Devils. Il Manchester United già conta i milioni di euro che incassa dalla vendita delle sue magliette. Fino a dieci giorni fa erano già un centinaio quelli guadagnati per la Zlatan-mania che ha contagiato i tifosi sparsi nel mondo, che hanno preso d'assatlo gli store per avere sulle spalle la divisa e soprattutto quel numero magico – il 9 – sul quale campeggia il nome di Ibrahimovic. Con quei soldi l'affare Pogba è già ammortizzato. Il resto… mancia e un bel gruzzolo da parte pure per onorare l'ingaggio da 15 milioni (per un anno) dello svedese. Et voilà, potere del merchandising e della popolarità, due variabili sconosciute e lontanissime al calcio italiano, confinato in un'altra galassia.

José Mourinho aveva insistito: voleva l'ex Psg in Inghilterra, è stato accontentato e ha avuto ragione. Zlatan prima ha concesso un saggio delle sue prodezze acrobatiche in amichevole, poi ha regalato al Manchester il primo trofeo della gestione portoghese, il primo trofeo (la Coppa Community Shield) dell'anno piegando – ironia della sorte – il Leicester campione dello scorso torneo. Sembra fatto apposta, come se la sorte si fosse divertita già a tracciare un solco profondo col passato recente, ristabilendo i rapporti di forza.
E lui, Ibra, come gestisce quest'ondata di successo e di popolarità? Ci è abituato e lo fa alla sua maniera. Tanto da lasciare spiazzato anche l'interlocutore dell'intervista effettuata per l'edizione inglese di Sky Sports
Sono una persona normale – ha ammesso il campione svedese -. So che la maggior parte delle persone mi descrive come fossi un ‘cattivo ragazzo'. Ma non è assolutamente così, sono un padre di famiglia che si prende cura dei suoi cari. Quando scendo in campo sono un leone e ci metto tanto carattere perché voglio vincere. Io arrogante? Credo in me stesso, questo non vuol dire essere arroganti.