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Parigi brucia: il precedente di Monaco 1972

Gli attentatori a Parigi hanno colpito anche a Saint-Denis, durante Francia-Germania. Il ricordo di un’altra notte di sangue e di morte, la strage alle Olimpiadi di Monaco nel 1972.
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I terroristi e le motivazioni politiche sono diversi, è vero. Ma le bombe di ieri sera allo Stade de France, i giocatori che si fermano intontiti, l'amichevole Francia-Germania che prosegue per ordine pubblico mentre Hollande viene evacuato nella notte di morte e follia, di paura e delirio islamista a Parigi, per certi versi ha ricordato altri giorni di sport trasformati in palcoscenici di guerra e di sangue. E' ancora fresco il ricordo delle bombe alla maratona di Boston del 15 aprile di due anni fa. Nel 2010, a due giorni dall'inizio della Coppa d'Africa, i ribelli dell'enclave di Cabinda, in Angola, sparano sul pullman della nazionale del Togo, alla frontiera con il Congo: muoiono due membri dello staff e l'autista. Più indietro, nel 1996, l'IRA ha fatto esplodere un camion al centro di Manchester durante gli Europei di calcio: 206 persone sono rimaste ferite. E otto ore dopo la cerimonia d'apertura dei Gioch di Atlanta, un altro ordigno scoppia al villaggio olimpico: 110 i feriti, due le vittime. Una serie tragica che ha un inizio preciso, la notte di sangue e di orrore al villaggio olimpico di Monaco nel 1972.

I preparativi a Roma – Il piano viene preparato a Roma, a Piazza della Rotonda. Qui, il 15 luglio di quel 1972, uno dei capi dell'organizzazione terroristica Settembre Nero, Abu Muhammad, incontra due alti esponenti di Al Fatah, la frangia militare dell'OLP di Yasser Arafat (Muhammad Dawud Awda, conosciuto come Abu Dawud, e Salah Khalaf, alias Abu Iyad). La sigla è nata due anni prima, nel 1970, e ha preso il nome dalla repressione scatenata da re Hussein di Giordania contro i palestinesi, che proprio ad Amman avevano stabilito il quartier generale di Al Fatah dalla fine della guerra dei Sei giorni, proprio nel mese di settembre del 1970. Vuole organizzare, come prima azione eclatante di Settembre Nero, un attentato spettacolare a Monaco, perché il Comitato Olimpico non ha degnato di risposta la richiesta palestinese di partecipare alle Olimpiadi con una delegazione autonoma. Abu Iyad sceglie gli otto membri del commando, guidato da da Luttif Atif, che aveva lavorato come ingegnere alla costruzione del villaggio olimpico. La sera del 4 settembre Abu Dawud, in una stanza dell’hotel Eden Wolff, riempie otto borse decorate con i cinque cerchi con armi, bombe a mano, caricatori, calze di nylon, corde e compresse di Predulin, un’anfetamina. Le armi, dice ai compagni, servono solo per spaventare le autorità. Gli israeliani devono rimanere vivi.

L'attacco – Il commando entra in azione il 5 settembre, alle 4.30 del mattino. Yossef Gutfreund, allenatore di lotta greco-romana, si sveglia e si butta sugli assalitori, che lo immobilizzano mentre l’allenatore di sollevamento pesi Tuvia Sokolovski, scappa dalla finestra nel giardino sul retro. Intanto, in un'altra stanza, vengono prelevati due allenatori: Amitzur Shapira, della squadra di atletica, e Kehat Shorr, nello staff del team di tiro a segno. In un’altra ala dell’appartamento vengono fatti prigionieri Yakov Springer, giudice di sollevamento pesi, e Andre Spitzer, allenatore di scherma. A questo punto il gruppo si divide. Due fedayn restano a guardia dei prigionieri, mentre altri sei terroristi vanno nella palazzina che ospita pesisti e lottatori. Qui catturano David Berger, Yossef Romano, Mark Slavin, Ze’ev Friedman, Eliezer Halfin e Gad Tsobari, che però riesce a scappare. Moshe Weinberg, che aveva provato invano a ferire Atif con un coltello, viene ucciso come Yossef Romano, che cammina con le stampelle per un infortunio. Un'ora dopo, un uomo con la faccia coperta e gli occhiali da sole appare sul balcone del secondo piano. E' Lutif, il capo del commando, che lancia un foglio con le rivendicazione per la liberazione degli ostaggi: chiedono tre aerei, a bordo dei quali saranno trasferiti nella destinazione scelta per il rilascio, e uno scambio di prigionieri. Segue l'elenco di 234 detenuti nelle carceri israeliane e dei terroristi tedeschi Andreas Baader e Ulrike Meinhof.

Le prime reazioni – I tedeschi assemblano un’unità di crisi con il capo della polizia di Monaco, Manfred Schreiber, il ministro degli Interni, Hans-Dietrich Genscher, e il suo omologo nel governo della Baviera, Bruno Merk. Il cancelliere Willy Brandt contatta Golda Meir e riceve una risposta ferma: non si cede al ricatto. L'ultimatum dei terroristi, inizialmente di tre ore, viene posticipato a mezzogiorno, poi alle 15, poi alle 17. Procrastinare regala ai terroristi un’audience senza precedenti. Alle cinque del pomeriggio, il commando chiede di essere trasferito al Cairo per continuare le trattative da lì. Brandt, però, non riesce a parlare con il presidente Sadat. Solo la sera, alle 20.20, può contattare il primo ministro egiziano, Aziz Sidky, che nega l’autorizzazione al trasferimento. L'ultimatum è rimandato ancora, alle 21. Ma stavolta c'è una novità: per ogni ora di ritardo, minacciano i terroristi, un ostaggio verrà ucciso.

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La tragedia – A questo punto, si cerca la soluzione estrema. Il commando e gli atleti nelle loro mani vengono trasferiti in un piazzale del villaggio olimpico e fatti salire su due elicotteri Bell UH-1 Iroquois diretti all’aeroporto di Furstenfeldbruck. el primo elicottero prendono posto Shapira, Spitzer, Slavin, Shorr e Gutfreund, insieme a Issa e ad altri tre terroristi. Nel secondo entrano Berger, Friedman, Halfin e Springer, accompagnati dal resto del commando. Lì, viene detto loro, avrebbero trovato ad attenderli due Boeing 727 della Lufthansa pronti a partire per il Cairo. All'interno dell'aeroporto, ci sono ad aspettarli una squadra di agenti travestiti con uniformi di volo all’interno degli aerei e cinque tiratori intorno alla pista e sulla torre di controllo. Ma chi ha organizzato l’operazione scopre con colpevole ritardo che gli arabi sono otto, e non cinque come inizialmente ipotizzato. Perciò la squadra di agenti travestiti viene fatta uscire dal Boeing. Dai documenti ufficiali, resi pubblici tre anni fa dal governo israeliano, emerge che questo non è l'unico segno di impreparazione dei servizi di sicurezza. "Non esisteva né un piano alternativo, né alcun mezzo per trovare un’alternativa", scrive nel suo resoconto l’ex capo dei servizi segreti israeliani, Zvi Zamir, che, tra le altre cose, denuncia come i tiratori scelti tedeschi fossero armati solo di pistole e che i mezzi corazzati arrivarono tardi. Atterrati gli elicotteri, nasce una sparatoria che porta alla morte di cinque fedayn e di uno dei poliziotti. Gli altri membri del commando uccidono tutti gli atleti. All’una e mezza della notte del 6 settembre 1972 finisce tutto. I Giochi vanno avanti. Ma la memoria resta. "Non abbiamo altra scelta se non quella di colpire le organizzazioni terroristiche ovunque siamo in grado di farlo, è un dovere che abbiamo verso noi stessi e verso la pace e assolveremo a questo dovere in modo inflessibile" annuncia Golda Meir parlando alla Knesset il 12 settembre. E la vendetta israeliana arriverà, come racconta anche il film Munich, di Steven Spielberg.

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La lista di Golda – Anche il secondo tempo della storia comincia a Roma. E' il 16 ottobre del 1972. Wael Abdel Zwaiter, poeta palestinese di 38 anni, che rappresenta l'OLP nella capitale, lavora come traduttore all'ambasciata della Libia a Via Nomentana. Quella sera rientra a casa, a Piazza Annibaliano, poco dopo le 22. Non fa in tempo a chiamare l'ascensore che due uomini sbucano dalla penombra e lo freddano con undici colpi di una Beretta calibro 9. Undici, come gli atleti uccisi a Monaco. Per i servizi segreti israeliani, Zwait è un esponente di Settembre Nero. E il suo nome è solo il primo di una lunga lista. Nell'elenco compaiono 12 nomi. A dicembre viene colpito a Parigi Mahmud Hamshari, rappresentante dell'OLP in Francia, ferito gravemente da una bomba piazzata all'interno del telefono di casa sua, morirà un mese dopo. Il 24 gennaio 1973, viene ucciso a Nicosia Abed Al Chir, intermediario dell'OLP con il KGB: stavolta la bomba è piazzata sotto il suo materasso.

La vendetta continua – Il 6 aprile, sempre a Parigi, tocca a Basil Al Kubaisi, docente universitario di legge: altri undici colpi di pistola, e anche stavolta il numero non è affatto casuale, mentre sta prendendo il caffè. Il piano della vendetta si sposta nelle nazioni tradizionali nemiche di Israele, Siria e Libano. Una squadra speciale al comando del futuro premier Ehud Barak, penetra a Beirut per eliminare tre attivisti di Settembre Nero: Yusuf Najar, numero tre dell'OLP, anche lui tra gli architetti del villaggio olimpico Monaco; Kemal Adwan, leader di Settembre Nero; e uno dei portavoce dell'OLP, Kamal Nasser. Pochi giorni dopo, il 12 aprile ad Atene, dalla lista viene depennato anche il nome di Abu Ziad, ucciso da una bomba al plastico piazzata sotto il letto.

Un solo errore – Nel luglio del 1973, muore in Norvegia, a Lillehammer, un cameriere marocchino, Ahmed Bouchikhi. Non c'entra nulla, ha la sola colpa di assomigliare a Ali Hassan Salameh, il capo delle operazioni di Settembre Nero, che sarà comunque ucciso con un autobomba a Beirut il 22 gennaio del 1979. Nel 1988 gli israeliani uccidono anche Abu Jihad, a Tunisi. Solo due nomi restano ancora sulla lista. Abu Iyad, capo di Settembre Nero, sarà ucciso dal rivale palestinese Abu Nidal nel gennaio del 1991. Abu Daud resta l'unico sopravvissuto dei responsabili di quella notte di sangue e di morte.

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