Paolo Di Canio: “Pentito del saluto romano sotto la curva nord”
A distanza di quasi quattro mesi, passati a rimuginare su ciò che è successo, Paolo Di Canio ha provato a spiegare ancora una volta le sue ragioni dopo il famoso tatuaggio che lo ha costretto ad abbandonare il suo ruolo da opinionista sportivo. Lo ha fatto in un'intervista rilasciata al "Corriere della Sera", dove ha spiegato quanto ha sofferto per la decisione di Sky: "Non ci sono rimasto male, ma peggio – ha esordito l'ex giocatore della Lazio – Ho urlato. Non so neppure cosa sono i social network. Mi hanno ferito nell'orgoglio e mi sono sentito un appestato. Avrei voluto reagire d’istinto. Non me l’aspettavo. Sono un’altra persona. Non ho fatto nulla, almeno questa volta. A causa di qualcosa ormai lontano nel tempo ho perso un lavoro che facevo con entusiasmo. Non rinnego le mie idee, ma il saluto romano fatto sotto la curva quello sì. E' la cosa di cui mi più mi pento nella mia carriera. Quello è un ambito sportivo, è stupido fare un gesto politico che magari può essere condiviso da alcuni spettatori e amareggiarne molti altri. Non avrei mai dovuto farlo".
Il tatuaggio e gli errori
A quasi cinquant'anni, Paolo Di Canio è cambiato e ci tiene a farlo sapere: "Ho imparato a mettermi dalla parte degli altri, a ragionare con loro – ha spiegato nell'intervista al Corriere della Sera – C’è tanta gente che ha ogni diritto a sentirsi ferita dall’esibizione, per quanto non voluta, di quei tatuaggi. E un’azienda importante come Sky ha diritto a non vedersi associata a una simbologia che non condivide. Ma non era stata una mia scelta. E ancora oggi ne pago le conseguenze. Cancellare il tatuaggio sarebbe una ipocrisia. Quel che mi porto addosso è il simbolo di ciò che sono stato, di quel che ho fatto. Compresi gli errori. Io fascista? Preferirei evitare le etichette. Ho sempre spiegato come la penso, non è un mistero. Ma se mi chiede delle leggi razziali, dell’antisemitismo, dell’appoggio al nazismo, quelle sono cose che mi fanno ribrezzo".